Solitamente, quando visitiamo una regione, una città, ci atteniamo a percorsi preconfezionati che qualcuno prima di noi ha battuto.

Nulla di sbagliato, ci mancherebbe, ma limitarsi a questo ci fa perdere il sapore della scoperta, la sensazione mista di eccitazione e curiosità di quando imbocchiamo un sentiero poco battuto.

Ho avuto recentemente l’occasione di fermarmi qualche giorno in Sicilia, più precisamente nella zona del Barocco, dove capitale indiscussa è Ragusa Ibla.

Complice un amico ragusano, mi sono dedicato alla scoperta dei luoghi del vino, sono tante nell’isola le cantine che producono vini d’eccellenza unendo tradizione e innovazione.

Il nostro viaggio parte dalla Valle dell’Acate, territorio dove la coltivazione della vite ha origini antiche. In questo triangolo ideale formato dai paesi di Acate, Comiso e Vittoria, il vino si è sempre prodotto anche se, in passato, veniva perlopiù caricato sulle navi e venduto per tagliare i vini francesi e piemontesi.

La caratteristica peculiare di questa zona riguarda le diverse conformazioni del terreno che si possono incontrare, regalando al vino identità e unicità.

Oggi, grazie al lavoro e alla passione dei produttori locali, quei vini da taglio di un tempo si sono evoluti fino a diventare eccellenze del territorio.

Qui si produce il Cerasuolo di Vittoria, l’unica Docg presente in terra siciliana, il Frappato Doc, vino dai profumi accesi e dal cuore caldo.

Il nostro peregrinare approda in una azienda vitivinicola che maggiormente rappresenta questa terra: siamo in contrada Bidini dove la cantina Valle dell’Acate ci apre le sue porte. Di proprietà della famiglia Jacono da sei generazioni, racchiude due cuori, uno moderno e tecnologico e l’altro antico dove si sente il profumo della tradizione. Gaetana Jacono, l’attuale proprietaria, ha saputo coniugare il passato con il futuro, facendo conoscere i propri vini in tutto il mondo.

Ci accoglie il sommelier Giovanni Carbone che ci guida con entusiasmo nella degustazione e nella visita alla cantina. I vini sono pieni di sentori di frutta, nel Frappato il lampone è così presente che sembra di berne il succo. Ma il sole siciliano li rende anche forti e strutturati, dopo i primi assaggi la passeggiata in cantina si rivela allegra e poco formale.

Protagonista indiscusso è il vecchio “palmento” che, insieme alla “ispensa” (cantina), rievoca il tempo in cui fare il vino era un’arte, quando la fatica dei lavori manuali erano scanditi dai canti dei “pistaturi” (pestatori) che, con piccoli passi ritmati e le mani dietro la schiena, effettuavano un girotondo cantando canzoni popolari tipiche della vendemmia.

L’uso del palmento si perde nella notte dei tempi, i più antichi, scavati direttamente nella roccia, risalgono all’epoca romana e bizantina. Il palmento, in questa regione, ebbe così un’importanza oltre che economica, sociale e politica. Il paesaggio agrario era contraddistinto da centinaia di case-cantina di differenti tipologie architettoniche, riconoscibili in quanto caratterizzate da un piano affacciato su una terrazza che, grazie ad archi in pietra, riparava i locali cantina.

Il palmento di Valle dell’Acate risale ai primi del ‘900, la sala è immensa, i soffitti, in canna e gesso come da tradizione, sono altissimi. Qui si trovano le grandi vasche che accoglievano il mosto appena “pestato”. Il procedimento prevedeva l’ausilio insostituibile della forza di gravità, una fitta rete di canali scavati nel pavimento, infatti, permetteva il travaso del vino nelle varie vasche e infine direttamente nelle grandi botti che si trovano nella cantina vera e propria, ad un livello più basso del palmento.

Una sensazione forte, ben definita, che mi accompagna per tutto il tempo, viene dal tenace attaccamento che questa terra ha verso le proprie radici. Il passato non è dimenticato, messo da parte, diventa invece fondamenta solida, dove tutto si costruisce. L’eredità storica è accudita e valorizzata, i vecchi mestieri riportati alla luce e virati in un’ottica moderna, la memoria fa da volano all’innovazione.

Non posso fare a meno di elogiare questa attitudine tutta siciliana, attitudine che affascina e rende il girovagare per questi luoghi foriero di sorprese e di meraviglia.