Lo sguardo ostinato di un artista che assiste allo sfacelo della società odierna ma rivolto verso un futuro ancora in grado di poter esser salvato. È il Leitmotiv dell’ultima mostra “ Magma” di Giuseppe Patanè, a cura di Carlo Micheli, al Museo Civico di Monreale (Palermo) Palazzo Guglielmo II fino al 24 aprile 2022, col patrocinio della Regione Sicilia, del Comune di Monreale e della Curia Arcivescovile di Monreale. La sua recente produzione contro la guerra e la corrida sono il frutto di un impeto passionale e ribelle, una risposta profonda e radicata alle denunce della società contemporanea: “confusa, contraddittoria, violenta nella quale tutti siamo colpevoli e partecipi”.

Oltre 30 opere, tra dipinti e sculture su tematiche storico-mitologiche della Sicilia, contenuti attuali, sociali e ambientali, la pandemia da COVID 19, la guerra in Ucraina e le violente relazioni uomo-natura. Come nella serie, Natura uccisa, in cui viene fuori il segno di denuncia e ribellione sullo scempio compiuto dall’uomo nei confronti degli animali e della natura : alberi rinsecchiti, sormontati da teschi corrosi da prodotti chimici. La solarità della terra, i “Tori”,vittime sacrificali del barbaro eccidio della Corrida, carichi di forza e movimento, sono l’espressione di un neosurrealismo magico e aggressivo che il poliedrico maestro siciliano interiorizza, e poi restituisce, con la sua inventiva sensibilità. Il Fuoco e l’Etna, presenze incombenti in Patanè, potenze incandescenti e ingegnose, tali da dare origine a Laterizio primo modulo, un agglomerato scultoreo ricavato da una fusione di materiali come mattoni, tegole, pietre laviche sottoposti ad alte temperature o a Verbum e Logos, sorprendenti tappeti di pelle rossa e nera, squarciati al centro per raffigurare la bocca del vulcano.

E “Le Viscere”, i cui volti degli eroi omerici e degli Dei greci, scolpiti nella pietra lavica, riconducono a una dimensione mitologica. Un’arte “vulcanica” quella di Patanè dalla multiforme e raffinata ricerca, con richiami ricorrenti a elementi caratteristici alla Sicilia, sua terra d’origine, come il vulcano e il mare; carica di vigore e slancio seppur violento nella forma ma intenso e sensibile nell’animo. Un “modus operandi” fatto di energia e pathos, di grande forza espressiva tanto che, nel 2021, in occasione delle celebrazioni per il 700° anniversario della morte di Dante Alighieri( Ravenna 13/14 settembre 1321) gli viene commissionato, dal critico d’arte Giorgio Gregorio Grasso, un lavoro che rappresenti il capolavoro letterario del Sommo Poeta. Ed è cosi che nasce Athanor, che apre il percorso espositivo “Magma” nella cappella di San Benedetto al Duomo di Monreale. Un dipinto dal forte impatto emotivo e drammatico, attualizzato nei contenuti, che fa il giro delle maggiori città italiane, Parma, Venezia, Ravenna, Ferrara, Milano, nelle Cattedrali siciliane di Noto e Acireale, ed eccezionalmente nel Duomo di Monreale a Palermo (fino l’8 aprile 2022).

È la prima volta nella storia, che la sede arcivescovile di Monreale, apre le porte a un’opera d’arte contemporanea immergendola tra la magia ancestrale dei preziosi mosaici dorati-bizantini, le maestose navate e l’immagine imponente del Cristo Pantocratore. Un’illustrazione moderna del viaggio dantesco, in una verticalità ascensionale nei suoi sei metri d’altezza, suddivisa in tre pannelli sovrapposti, a raffigurare le tre cantiche della Divina Commedia. Athanor rappresenta il forno in cui il fuoco viene alimentato, per poi trovare purificazione di quel che resta. Una metafora verso la rinascita più pura ed elevata che Carlo Micheli, storico dell’arte, curatore di esposizioni nazionali e internazionali, commenta così: “Athanor, il cui nome evoca il forno alchemico dove si alimenta un fuoco, elemento vivificatore e purificatore che eleva tutte le cose a un livello maggiore di perfezione ed è in grado di bruciare tutte le impurità, lancia un messaggio di redenzione e di rinascita, non solo artistica e culturale, quanto morale ed etica”. Culto per la bellezza e le emozioni, un forte binomio per Giuseppe Patanè, uomo dalla qualità autorevole e carismatica, dotato di immaginazione vivida. Una carriera tra moda e arte. Ma chi è l’artista. Fashion designer, classe ‘60, Giuseppe Patanè (Mascali, CT) muove i primi passi nella moda proprio dalla sua terra natale, la Sicilia, prima in qualità di vetrinista, poi come direttore artistico e stilista in diversi show room europei. Da Parigi a Milano, inizia a collaborare fianco a fianco con le firme più prestigiose, nelle linee pret-à-porter. Tenacia e volontà, gli elementi determinanti della sua vena ingegnosa. Dopo alcuni anni trascorsi alla maison Pierre Cardin, (dove negli anni ’80 è stato anche direttore creativo) rilancia nella stagione autunno-inverno 1996/97 una sua produzione ( partendo dalla creazione di abiti teatrali) con un brand personale oggi presente nelle migliori boutique italiane e internazionali. Una haute couture pensata per una donna sensuale e seducente, ispirandosi ai profumi ai colori mediterranei della sua Isola. È in una villa d'epoca, prima svuotata dai suoi ornamenti e arredata con soluzioni minimaliste e contemporanee, che Patanè si concentra e dà sfogo alle sue creazioni, trovando la sua “ispirazione”, tra l’imponente giardino mediterraneo dii palmeti, il cinguettio degli uccelli e l’inebriante profumo di zagara e gelsomino. È lo spazio dove decide di fondare l'azienda omonima nel 1996, una dimora dalla bellezza disarmante, “ La Canonica degli Archi”, a Riposto vicino Catania, dal fascino della Sicilia arcaica, dove il tempo si è fermato, dove i colori e gli odori rievocano la meraviglia del paesaggio bucolico.

Per l’estroso artista catanese, è il luogo di “folgorazione” in cui ritrovarsi, lavorare e perdersi tra le stoffe e le sagome con uno sguardo rivolto al mare e l'altro all'Etna. Parallelamente alla sua attività di stilista, Patanè negli ultimi anni ha affiancato quello della pittura, inserendosi nell’ambiente dell’arte figurativa. Direttamente con le mani, senza intermediari, pennelli o altri attrezzi, dipinge “a piena mano”, usando cioè esclusivamente palmi e dita, in un profluvio di emozioni e manualità. Nei suoi lavori non troviamo solo tele ma anche tessuti in Jacquard o pelli di toro, ottenendo con squarci ed effetti cromatici, risultati sorprendenti. Oltre a usare colori ordinari come quelli a olio o acrilici, utilizza materiali insoliti come calce, catrame e altri ancora. Nei suoi affreschi non rinunzia alla narrazione, infatti i quadri dedicati alla Tauromachia costituiscono frammenti di un sistema di storie, persino quando rasenta l'astrattismo. Un corpo a corpo con la pittura, che dà sfogo a una rappresentazione della realtà nei suoi aspetti concreti, fortemente coinvolgente che sprigiona forti emozioni e penetranti suggestioni. Nelle sue opere, sculture, installazioni, dipinti e gioielli, c'è logica e verità insieme a un impulso descrittivo di drammatica intensità, sensazioni di forza e lotta , che denotano l’influenza dell’Espressionismo e del Cubismo di Picasso (come trapelano le figure e il tema del toro e della tauromachia, espressione dell'eterno dualismo tra istinto e razionalità, tra eros e morte). Artista “inconsapevole” Patanè, almeno fino a quando non attira l’attenzione di illustri critici e storici dell’arte, che apprezzano il suo talento: da Vittorio Sgarbi, Giorgio Gregorio Grasso, Carmen Bellalba, Achille Bonito Oliva, a Carlo Franza e Carlo Micheli.

Nel 2015, presenzia all’Expo di Milano con uno dei suoi mitologici “TORI”, uno fra tutti quello, dal titolo “Nascisti pi farimi morire”, ne determina la carriera e il successo, con un susseguirsi di mostre in Italia fino ad approdare nel 2017 alla 57ª Biennale d’Arte di Venezia. Tra la forza delle emozioni, sguardi penetranti e un realismo minimale che si sublima, presenta nel 2018, “In Transition”, alla Galleria di Palazzo Nicolaci a Noto. Nell’ambito di Palermo Capitale Italiana della Cultura, a dicembre dello stesso anno( 2018) espone la rassegna “10”, ovvero IO, sul tema del toro e della tauromachia nelle varie espressioni e simbologie. Nella percettibilità emotiva di Giuseppe Patanè, il toro non é altro che una denuncia alla violenza rivolta non solo alla Corrida, che vede l’animale ucciso in maniera crudele dall’uomo, ma anche alla ferocia tra gli uomini. L’originalità e la formidabile capacità intuitiva, di uno dei più rappresentativi artisti contemporanei, non passano inosservate così, a distanza di soli due anni, nel 2019 torna alla Biennale di Venezia, all’interno di palazzo Zenobio, per raccontare la sua amata Sicilia attraverso le opere “Logos e Verbum, Natura immutata ma perenne” e a Matera Capitale Europea della Cultura 2019 con la mostra “Tu non sei migliore di me”. Nel 2020 viene chiamato a presenziare alla X Edizione di Taobuk con la personale “Revelation” a Taormina. Mostre dal respiro internazionale, progetti a più voci, tra gli obiettivi di Giuseppe Patanè per il 2023. Si partirà dal Palazzo della Cultura di Catania, (il prossimo gennaio ) con l’esposizione “Antitesi”, una collezione di lavori pittorici, installazioni e sculture, fino a raggiungere prestigiose mete internazionali.