Domenica andammo a Pompei. Molte sciagure sono accadute nel mondo, ma poche hanno procurato altrettanta gioia alla posterità. Credo sia difficile vedere qualcosa di più interessante. Le case sono piccole e anguste, ma tutte contengono all’interno elegantissime pitture. [...]

(J.W. Goethe, Viaggio in Italia, 1787)

Un cronista artistico dei nostri giorni, Luigi Spina, con il libro Interno pompeiano, pubblicato da 5 Continents Editions, riporta alla luce con la sua colta documentazione, il Grande progetto Pompei, avvenuto durante il cambio radicale nella conservazione del sito, nei cantieri di restauro e di manutenzione con la precedente direzione di Massimo Osanna e con l’attuale Direttore Generale del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel.

All’interno dell’antica città durante il periodo pandemico, nel 2020, incaricato in esclusiva dal Parco Archeologico di Pompei, l’autore con una fotocamera Hasselblad H6D-100c con le ottiche, la migliore per questo tipo di immagini, e senza l’ausilio di alcuna luce artificiale, ha esplorato la città vesuviana deserta e silenziosa, che rievoca la sua antica tragedia, realizzando più di 1450 scatti, un corpus fotografico prezioso e capillare che ha dato vita al progetto editoriale.

L’editore Eric Ghysels, innamorato del lavoro di Spina, decide subito di pubblicare un libro di quasi 300 fotografie a colori in grande formato, con una veste editoriale raffinata e curato in ogni dettaglio. Progetto tutto italiano per la casa editrice ma anche internazionale, perché 5 Continents Editions firmerà anche l’edizione francese, oltre a quella italiana. E durante la scorsa Fiera del Libro di Francoforte Interno pompeiano ha convinto quattro tra i più importanti editori internazionali a condividere questa avventura. È nato così il coinvolgimento di Getty Museum e Thames & Hudson per le edizioni in lingua inglese, di Elisabeth Sandmann Verlag per l’edizione in lingua tedesca e di La Fábrica per la pubblicazione in spagnolo.

Ma quali sono i punti di forza di questo volume di rilevanza mondiale?

Il Direttore Generale Gabriel Zuchtriegel: Mi piace contestualizzare il lavoro di Luigi Spina, che qui viene presentato proprio in questo ambito, cioè a quell’incrocio tra visione storica e visione artistica che è al tempo stesso complesso e destabilizzante, ma anche vitale ed essenziale per la sopravvivenza dell’archeologia come prassi supportata e sostenuta con convinzione dal mondo contemporaneo. La visione interna delle fotografie di Luigi Spina ci riporta nelle dimore dei ceti alti e medio-alti della città antica: ciascuna di queste case è unica, una testimonianza di una o più famiglie, di alterne vicende, suddivisioni e unificazioni di edifici, rifacimenti e rinnovamenti, ma anche di una profonda arcaicità di quel mondo, così distante dal nostro nonostante le apparenti e spesso superficiali analogie.

Il viaggio fotografico nelle strade di Pompei è scandito nel libro da mappe a colori che indicano il posizionamento delle domus in ogni Regio, ciascuna delle quali è introdotta da testi che raccontano aneddoti sulle ville fotografate. Percorrendo questo itinerario si incontrano gli spazi della socialità come quelli dell’intimità domestica.

C’è però un altro aspetto degno di nota, a mio avviso, ed è il modo in cui Luigi Spina integra nelle sue opere la fragilità del sito, le tracce di restauri e consolidamenti moderni, le lacune che contraddistinguono pareti e mosaici, la materialità di testimonianze antiche e integrazioni moderne. Molti dei luoghi fotografati in questo volume sono stati chiusi per lungo tempo, per essere riaperti dopo gli interventi di messa in sicurezza, manutenzione e restauro eseguiti durante il Grande Progetto Pompei. Altri sono ancora oggi oggetto di progettazione e intervento; alcuni invece sono entrati in un ciclo di manutenzione che prevede l’apertura a rotazione di un numero sempre maggiore di edifici.

Sono rivelatrici, emozionanti e poetiche le parole del fotografo che attraverso i suoi occhi ci fa entrare in un mondo perduto e restituito passo dopo passo alla contemporaneità.

Un fiume di colori investe i miei occhi. Faccio fatica a distinguere le forme geometriche, colonne, festoni, capitelli e figure umane, animali, mitologiche. Le pitture pompeiane sono un inno alla vita. Rivelano, ancora oggi, la cultura, i sogni, il mito e la fede di questa gente. L’Iliade, l’Odissea, il mito di Arianna, quello di Venere, Diana e Atteone, la fanciulla Europa e il Toro, il supplizio di Dirce. E poi sacrifici e paesaggi urbani e naturali.

Riporta una descrizione meticolosa, scientifica, di flora e fauna:

Entrare nella Casa dei Ceii è un colpo al cuore. Dall’atrio, a distanza, vedi animali di ogni specie. Tori, leoni e lupi, scene di caccia. Il giardino è la descrizione di un mondo. Tutto su una parete. Riflesso di una mentalità. Di avere delle certezze. Di testimoniarle sui muri. Specchio dell’anima di persone istruite con un modus vivendi che oggi faremmo fatica ad accettare. Noi contemporanei ci sentiamo sempre avanti. Oltre. Eppure ci meravigliamo dell’esasperata ricerca della bellezza. La casa a Pompei è un inno alla vita, progettato per lasciare un testimone alle generazioni che verranno. In primis a figli e nipoti. Fa credere con fermezza che quello è un luogo sicuro dove vivere e forse rifugiarsi. Il vulcano ci ha insegnato che non esistono certezze e che, spesso, dobbiamo adattarci al cambiamento. L’anima di Pompei mi accoglie tutti i giorni.

E con altrettanta emozione, Luigi Spina, originario di Santa Maria Capua Vetere, noto sia per le numerose indagini fotografiche che hanno come filo conduttore la ricerca della bellezza, sia per la pubblicazione di 22 libri fotografici di ricerca personale e prestigiose campagne fotografiche per Enti e Musei e anche per le sue immagini esposte in sedi prestigiose in Italia e nel mondo, ci riporta indietro, ai giorni pandemici, il periodo che lo ha visto protagonista a Pompei:

Ho un ricordo assai preciso di certi pomeriggi trascorsi a Pompei. Al nostro arrivo, diretti alla Regio I, al posto di guardia, quell’odore di caffè appena fatto... Soltanto noi e i custodi. Nel mondo infuriava la pandemia. Su quel marciapiede, lungo Via dell’Abbondanza, noi ad assaporare quel caffè. E, un momento dopo, verso una domus, sul limitare del giorno, a inseguire la luce soffusa del tardo pomeriggio di una giornata di quegli anni senza inizio e senza fine. Sento sulla mia pelle l’aria di Pompei intrisa del tempo che si rinnova sempre fino alla fine dei tempi. Essere Pompei è riconoscere la propria esistenza.

E, sfogliando con lentezza le 480 pagine del libro Interno Pompeiano, si scopre la testimonianza di una nuova estetica visiva della città romana e dei suoi monumenti.