Il sociologo peruviano Julio Roldán, dottore in filosofia presso l’Università di Brema, autore di molti lavori di ricerca di carattere storico-politico e filosofico, nella sua opera Le due facce del continente americano e altri saggi (pubblicata nel 2002), afferma che: «L’America Latina è un continente in transizione, i suoi limiti sono evidenti nella scienza, tecnologia e filosofia. Queste carenze sono compensate con la sua eccellente produzione letteraria, musicale e calcistica».

Questo tema sembra così interessante per la nostra Vecchia Europa, che abbiamo intervistato Julio Roldán.

Parchè l’America Latina è un continente in costante transizione? È feudale? È capitalista?

La ragione centrale è che i rapporti sociali di produzione, in alcune zone, conservano forme feudali sulle quali si sviluppa un tipo di capitalismo guidato dall'imperialismo. In questo matrimonio lo Stato gioca un ruolo importante. Alcuni teorici chiamano questo fenomeno capitalismo mercantile. Altri lo chiamano capitalismo burocratico. Altri ancora capitalismo dipendente. A causa dell'espansione del mercato interno, dell'aumento della produzione delle merci, la circolazione dei capitali si dinamizza, raggiungendo luoghi molto lontani dal Continente.

Fino a pochi decenni fa, queste società erano considerate semi-feudali, in alcuni casi, e, in altri, come semi-capitaliste o pre-capitaliste. Il capitalismo in America Latina differisce, per molti aspetti, dal capitalismo che si è sviluppato in Europa. Ciò ha a che fare con lo stadio raggiunto dal capitalismo in questa parte del mondo, da un lato, e con la divisione internazionale del lavoro, dall'altro.

Cosa determina il flusso migratorio verso i maggiori centri urbani? Cosa si intende per Sindrome psicosocial de la desadaptacion social?

In America Latina, il capitalismo organizza i posti di lavoro e quindi sostiene la proletarizzazione di un settore della popolazione. I proletari provengono dalla classe dei contadini impoveriti e da quella degli artigiani in crisi. Questo fenomeno si osserva nelle grandi città, principalmente nelle capitali dei vari Paesi.

Possiamo notare che nel campo dell’agricoltura il sistema di sfruttamento tradizionale, azienda-proprietario-servitù, è entrato in crisi. Quelle forme di sfruttamento non sono più redditizie. Per questo i contadini vengono liberati dai legami semifeudali e quando non trovano lavoro sono costretti ad emigrare nelle città con la speranza di trovare lavoro e quindi sopravvivere. Nel caso dei proprietari terrieri, contadini benestanti, poiché la famiglia è cresciuta, l'eredità in termini di terra non è più sufficiente per sostenere nuove famiglie. Alcuni di loro vedono la necessità di migrare nei suddetti centri in cerca di lavoro. Gli altri, quelli con migliori risorse economiche, studiano una professione.

I migranti, costretti dalla necessità di sopravvivere, giunti nel nuovo habitat, nelle città medie e grandi, si trovano in un ambiente socioculturale sconosciuto, ostile. In città, gli abitanti autoctoni o residenti da diverse generazioni, trattano male i migranti, li rifiutano per i loro costumi sociali, per il loro abbigliamento, per la loro musica, per il loro cibo, per il loro modo di parlare spagnolo. Questa azione genera uno shock psico-culturale che lo psichiatra Carlos Alberto Seguín chiama "sindrome psicosociale del disadattamento sociale". Questo disadattamento sociale, nel nuovo habitat, dura due, tre generazioni. Questa storia si ripete con i migranti in altre parti del mondo. Un fenomeno che si aggrava quando le culture, comprese le lingue, sono diverse.

L’America Latina e la filosofia: perché non ha prodotto alcun filosofo celebre?

In tutti i popoli, culture, civiltà, c'è la filosofia. Questo filosofare può essere un ragionamento di base che si confonde con la mitologia o elementare che si mescola con la religione. Tuttavia, si filosofeggia. Diverso è quando le idee si configurano come concezioni del mondo. Vale a dire come un corpus ordinato, sistematizzato, che ha concetti, leggi, categorie. La filosofia, con queste caratteristiche, non è stata raggiunta in America Latina. La domanda è, perché? La ragione centrale è che non c'è stato un bisogno storico-sociale di raggiungere quel livello di pensare concetti su concetti. J.G.F. Hegel ha detto: "Quando l'umanità aveva bisogno di polvere da sparo, l'umanità l'ha scoperta".

Pertanto, l'America Latina è un continente giovane con poca tradizione filosofica nei termini sopra menzionati. Il peso della storia filosofica è infatti piuttosto scarso. È difficile confrontarlo con il filosofare sviluppato in Cina, India, Grecia antica, Europa, scuole filosofiche che hanno una portata mondiale. C’è anche un motivo linguistico: la lingua spagnola è una lingua di aggettivi, con pochi verbi e sostantivi. Non è un linguaggio che rende facile pensare concetti su concetti o lavorare su scienze astratte.

Nella lingua spagnola, nel suo insieme, non esiste una scuola filosofica e non esiste alcun filosofo in senso stretto. Negli Stati Uniti, come prodotto dello sviluppo del capitalismo a un livello molto più alto che in America Latina, si è sviluppata e sistematizzata, alla fine del XIX secolo, una scuola filosofica, il pragmatismo, che combinato con il neotomismo, sistematizzato in Italia, ha rappresentato la base del fascismo.

Ci sono alcuni intellettuali che, negli ultimi decenni, cercano di elevare il post-colonialismo a livello di scuola filosofica. I loro mentori non hanno sostanziato la loro base epistemologica, né le loro categorie epistemologiche, e nemmeno i loro principi. La verità è che alcuni si limitano a imitare un rinnovato umanesimo, alla maniera di Miguel de Unamuno e dell'ultimo Max Hokheimer. Altri scimmiottano il prospettivismo nella versione di José Ortega y Gasset. Infine altri ancora, imitano il relativismo, alla maniera di Oswald Spengler. In America Latina i post-colonialisti hanno un precedente, ci riferiamo al libro di Víctor Raúl Haya de la Torre, intitolato Historical Space-time.

Secondo Vargas Llosa «Lo spagnolo è una lingua che tende naturalmente all’esuberanza, alla proliferazione, alla retorica abbondante»: una lingua prolissa, pirotecnica, di formidabile espressività emotiva, per questo poco adatta per ciò che è intellettuale e astratto?

Ciò che afferma Vargas Llosa è vero. Lo abbiamo già spiegato nella risposta precedente. Lo spagnolo è una lingua, per la sua struttura, per la sua composizione, per il momento in cui è stato sistematizzato, predisposto per la musica, per la letteratura. È un linguaggio romantico, concreto, che non si presta all'astrazione scientifica o alla sistematizzazione filosofica. Naturalmente ci sono eccezioni come la poesia filosofica di César Vallejo, i racconti filosofici di Jorge Luis Borges, ecc.

Cosa rappresentava il Nuovo Mondo appena scoperto per l’Europa del nascente capitalismo, del Rinascimento e della Riforma?

Il capitalismo ha 3 fonti centrali che gli sono servite per strutturarsi come sistema dominante:

  1. l'accumulazione originaria del capitale, avvenuta in Europa dall'inizio del 1400;
  2. l'asservimento del continente africano;
  3. la colonizzazione del continente americano.

Il Rinascimento, la Riforma, quali espressioni ideologiche e teologiche del nascente sistema capitalistico, contribuirono al consolidamento e alla fine, almeno in parte d'Europa, del sistema feudale e si affermarono così come sistema dominante nel mondo. Per questo hanno fatto ricorso, a livello di pensiero, alla filosofia, alla ragione, alla scienza e alla tecnologia.

Parafrasando il vecchio detto latino «Graecia capta ferum victorem cepit», possiamo riconoscere che l’America Latina colonizzata da inglesi, francesi e spagnoli finì per influenzare la cultura dei suoi colonizzatori? In quali campi? E in che modo?

Ogni cultura, ogni civiltà, è un’entità in permanente movimento. Un qualcosa che si trasforma continuamente. Tutto ciò che esiste è, direttamente o indirettamente, interrelato e connesso. La ragione centrale è che c'è un'entità che è il centro e la stella di tutta questa azione. L'essere umano. Che per vivere, per sopravvivere, deve nutrirsi. Per nutrirsi deve produrre, lavorare. L'essere umano che se non si nutre muore. Ogni essere umano nasce, vive, muore, nella società. L'individuo isolato, l'eremita, è un mito. Differente è l'individualità, nella versione dello psichiatra Alfred Adler.

Dal momento in cui i colonizzatori sopra menzionati entrano in contatto con le popolazioni indigene delle Americhe si influenzano a vicenda. La differenza è che c’è chi influenza di più e chi di meno. È qui che entra in gioco la questione del potere. Chi ha più potere è quello che ha avuto maggiore influenza fino ad imporsi nei modi di produzione, nella politica, nella concezione del mondo, nel linguaggio, nella mentalità. Col passare dei secoli, possiamo osservare che l'America Latina restituisce all'Europa molto di quello che gli è stato dato. La differenza è che questa restituzione viene ricreata. Ricreata nel tempo, attraverso l'influenza degli indigeni, di altri popoli, attraverso nuove esperienze. La musica, l'arte culinaria, il calcio, la letteratura, il mito della rivoluzione, sono ciò che ha portato il Nuovo Continente nel Vecchio Continente.

Tra Il Realismo Magico e Il Boom del romanzo latinoamericano, quali sono gli autori più famosi del Nuovo Mondo? Quali innovazioni letterarie hanno prodotto?

Precisiamo che il concetto di realismo magico è stato creato dal critico letterario tedesco Franz Roh. Nel 1925 pubblicò un libro intitolato Nach-Expressionismus: Magischer Realismus (Dopo l’Espressionismo: Realismo Magico). Poi Alejo Carpentier, 1949, pubblicò Il regno di questo mondo dove appare il concetto del ‘reale meraviglioso’. Quello del boom del romanzo latinoamericano è un titolo imposto dal mercato. La parola inglese boom (esplosione) ne è la prova. Julio Cortázar, Gabriel García Márquez, Carlos Fuentes e Mario Vargas Llosa sono considerati i massimi esponenti del cosiddetto boom del romanzo latinoamericano.

È opportuno chiarire che nessuno di questi che ho nominato accetta che il boom esista e tanto meno che loro ne facciano parte. Come si è detto, il fenomeno è la creazione della propaganda che consenta di garantire le vendite. Il capitale ha un occhio attento, non perde occasione per trarre profitto. Ancora una volta si compie quel principio del capitalismo che recita: “Se il burro è fatto dai maiali, con gli esseri umani si fanno i soldi”.

Non sono un esperto di critica letteraria. Con questo avvertimento, devo dire che gli specialisti concordano sul fatto che i contributi letterari di questo gruppo si sarebbero concretizzati nell'enorme fantasia di García Márquez e nella tecnica sviluppata da Vargas Llosa. Quest'ultima sarebbe l'applicazione, ricorrendo a motivi latinoamericani, della tecnica del romanzo inaugurata da James Joyce nell’Ulisse(1922) e sviluppata da William Faulkner in Assalonne, Assalonne! (1936).

Possiamo affermare che l’America Latina rappresenta oggigiorno il mondo musicale per eccellenza?

Quello che dici è vero. Non c'è parte del mondo in cui sia stata prodotta tanta quantità e qualità di musica come in America Latina. Questo ha a che fare con la mescolanza di ritmi, melodie, armonie. A questo ha contribuito l'influenza degli indigeni autoctoni, degli africani arrivati con la conquista, degli europei e degli arabi. In altre parole, la produzione musicale mondiale viene ricreata, sviluppata ed espressa in America Latina. Anche la lingua spagnola si presta alla sua espressione e al suo sviluppo. La musica salsa, il reggaeton, la bachata, il vallenato, hanno raggiunto zone lontane del pianeta.

Che ruolo giocano Cuba e il Brasile nel campo della musica del Nuovo Mondo?

Sono i due centri più noti dove è stata prodotta la musica. Cuba ha generato una quantità impressionante di musica allegra e anche romantica. La sua produzione è stata venduta molto bene nel resto del Continente. Quanto detto non toglie nulla alla sua eccellente qualità musicale. Penso che il Perù dovrebbe essere aggiunto ai due paesi che ho citato. Questo paese ha un'immensa varietà musicale nelle tre regioni naturali che lo compongono. È poco conosciuto perché quei ritmi, quelle canzoni, non sono in vendita al grande pubblico. Le aziende produttrici non sono interessate. Il capitalista investe, promuove, dove trova sicurezza e profitto per il suo capitale.

Quanto è stata importante la canzone di protesta sociale, nota come Nueva Canción Latinoamericana negli anni Sessanta e Settanta?

Era un'espressione dei settori popolari, che erano quelli che volevano un cambiamento economico, una trasformazione politica, del Continente. Questa musica influenzò positivamente molti settori della popolazione, che presero coscienza della loro realtà e alimentarono così la possibilità di costruire una nuova società alternativa al capitalismo. Argentini, uruguaiani, cileni e venezuelani erano in prima linea nella nuova canzone latinoamericana.

Cosa pensi, invece, della febbre degli anni Ottanta che arrivò da New York con il nome di Musica Salsa?

Questo fenomeno si ripete continuamente. Le persone creano, ricreano, per necessità e ispirazione, molte forme artistiche, poi il sistema dominante le prende, le usa, le vende al mondo. È successo con la musica salsa e altre espressioni artistiche culturali. Il profitto è sempre in agguato.

«I cinesi lo hanno inventato, gli inglesi lo hanno regolamentato, i brasiliani lo hanno perfezionato e in tutto il mondo lo hanno incoronato re dello sport». Quale peso ha avuto il calcio per le classi sociali più povere?

Ha avuto e ha diversi effetti:

  1. affascina la popolazione, perché è uno sport facile e popolare;
  2. fa identificare le persone con molti calciatori nella misura in cui la maggior parte di loro proviene da ambienti umili;
  3. genera molte illusioni nei giovani, perché stimola l'idea che potrebbero anche diventare famosi e guadagnare molti soldi;
  4. è un mezzo di controllo psico-emotivo. La gente non capisce che chi gareggia sono le società sportive più importanti sotto la maglia di quel Club o Paese. Nike, Adidas, Puma, sono quelle che fanno i grandi affari con il calcio, soprattutto professionistico. Ora si può dire che non solo la religione è l'oppio dei popoli, ma anche il calcio.
Il calcio non è nato con il capitalismo, ma questo sistema ha finito per svilupparlo, potenziarlo e trasformare i calciatori in semi-merce da comprare e vendere sul mercato. È diventato anche un modo per manipolare le masse?

Sì, certamente. Il calcio, come molte altre scoperte, è nato in Cina. Il sistema capitalista, nella sua fase imperialista, lo regolava, lo strumentalizzava. Attraverso il calcio professionistico, con le loro grandi aziende, i capitalisti ottengono molti profitti economici. La popolazione è controllata socialmente, milioni di esseri umani sono psicologicamente idioti.

Che cosa hanno rappresentato per la gente i grandi artisti del calcio come Maradona e Pelé?

Erano grandi calciatori. Potrebbero anche essere descritti come artisti. Allo stesso tempo, va detto che come persone, fuori dagli stadi, nel contesto familiare, erano l'opposto di questo. Gli intenditori di calcio sanno esattamente cosa intendiamo. L'industria del calcio li ha trasformati in nuovi idoli. In moderni feticci. In dèi redivivi. La differenza con gli antichi idoli, déi e feticci è che quelli moderni sono fatti di carne e sangue, si possono toccare, sono anche mortali, sono passeggeri. Il capitale ha bisogno di continuare a produrre questo tipo di personaggi (nei film, nella musica, nella moda) nella misura in cui la domanda e le circostanze lo richiedono. Si comprano e si vendono come merci preziose. Sono i nuovi schiavi del lusso di cui il capitalismo ha bisogno.

Come tu stesso affermi «i tre elementi ritenuti fondamentali per un buon pasto sono: colore, profumo e gusto. Elementi che sono evidenti nella cucina del Nuovo Mondo». Che ruolo gioca l'arte culinaria in America Latina?

Ai tre elementi menzionati, va aggiunto un quarto elemento: la presentazione. Distinguiamo quanto segue. Le classi popolari e bisognose, la stragrande maggioranza, non hanno scelta. Mangiano quello che hanno a disposizione per soddisfare la loro fame. I settori della borghesia, la piccola borghesia benestante, possono permettersi di soddisfare i loro appetiti. Questi, normalmente, non soffrono la fame, hanno appetito. Il colore, l'odore, il gusto, la presentazione, sono requisiti solo per questa minoranza sazia. Queste classi possono permettersi di richiedere quelle condizioni per soddisfare il loro appetito. I poveri mangiano, come si diceva, quello che hanno per saziare la loro fame e quindi sopravvivere.

«A partire dal trionfo della rivoluzione cubana, ci sono stati molti movimenti rivoluzionari in America Latina». Esiste il mito della rivoluzione?

Forse, negli ultimi tre decenni, questa idea è stata in qualche modo svalutata in alcuni settori della società. Sicuramente sono gli ultimi in cui perdura ancora il mito della rivoluzione sociale. Tutto ciò ha a che fare con il tempo, le condizioni sociali e politiche. La realtà è che finché il capitalismo continuerà ad essere il sistema dominante, poiché non avrà risolto la contraddizione capitale-lavoro o l’appropriazione privata-produzione sociale, il mito della rivoluzione sociale sarà sempre presente, non solo in America Latina, ma in tutto il mondo.

Gabriel Garcia Marquez è l'intellettuale latinoamericano più famoso al mondo come grande romanziere, che cosa possiamo dire del suo essere critico nei confronti del sistema, della sua ribellione all'ordine costituito?

Era critico nei confronti del sistema dominante in America Latina. Lo ha fatto da una posizione democratica, in alcuni casi liberale, umanista. In altre parole, era un socialdemocratico che propugnava uno stato di benessere sociale. Voleva umanizzare il capitalismo, sosteneva un capitalismo dal volto umano, da qui la sua critica al capitalismo senza cuore, al capitalismo selvaggio, sostenuto dai neoliberisti di tutto il mondo negli ultimi decenni.

Il professore di linguistica del Massachusetts, Noam Chomsky, riferendosi al potere dello Stato USA, afferma che «La principale procedura utilizzata è il controllo del pensiero. Le persone possono essere controllate con la forza o cambiando le loro opinioni». Che ruolo ha avuto Chomsky tra i ribelli della storia?

Quanto si afferma è vero, soprattutto ricorrendo al soft power, alla propaganda, all'educazione, molte vittorie si ottengono senza alcuna morte fisica, ma con milioni di morti spirituali e psicologiche. Lui, in una prospettiva anarchica libertaria, come si autodefinisce, grazie alla sua collocazione sociale, alla sua informazione, alla sua capacità, al suo coraggio intellettuale, ha contribuito a portare alla luce vari capitoli oscuri, politiche-ideologiche che altri del suo livello non hanno osato fare. La sua conoscenza dei linguaggi, della programmazione, della filosofia, della storia, è stata messa al servizio delle masse affinché comprendessero il mondo in cui vivevano. Chomsky rimarca sempre che "il miglior alleato dello sfruttatore è la mente dello sfruttato".

Secondo i teorici del nazionalsocialismo «Il miglior zingaro è lo zingaro morto». Perché il popolo zingaro, capace di scalare grandi vette nella musica e nella danza, è sempre stato temibile come possibile ribelle?

È qui che entra in gioco ‘La teoria dell'altro’. Questo è vero in tutto il mondo; ma con maggiore evidenza, in Europa, il continente in cui viviamo. L'ordine, le classi dominanti, controllano le popolazioni, tra l'altro, attraverso la paura dell'ignoto, ricorrendo alla paura dell'altro.

Diamo un'occhiata ad alcuni casi in Europa negli ultimi due millenni. Il sistema dominante ha venduto la paura ai popoli germanici con l'argomento che erano barbari. La paura si diffuse tra gli Unni perché Attila era il primitivo flagello di Dio. La paura dei Giudei è stata vinta perché hanno ucciso Gesù e avvelenato l'acqua. La paura degli africani è nata perché sono neri e mangiano carne cruda. La paura delle donne di medicina è stata strumentalizzata perché da guaritrici sono diventate streghe. Infine, è stata implementata la paura dei Sinti e dei Rom (Zingari) perché rubano i bambini. Sono anche sporchi, non hanno una casa, sono ladri. Saranno sempre pericolosi perché sono ribelli. Non accettano facilmente le regole imposte da "La società del controllo", secondo Michel Foucault.

Il filosofo greco Diogene di Sinope, considerato «il primo cittadino del mondo» sognava di «abitare tutte le culture, parlare tutte le lingue», perché «il suo soffitto era il cielo e il suo letto era la terra». E tu, Julio, che cosa sogni?

Condivido pienamente quello che sognava Diogene di Sinope. Idee ripetute, secoli dopo, da tanti personaggi, come Friedrich von Schiller, Heinrich Heine, Karl Marx, Albert Einstein, Charlie Chaplin. Sicuramente gli oltre trent’anni di esperienza in esilio sono le condizioni per raggiungere questo livello di convinzione. Ciò implica un livello di comprensione che è il risultato di un lungo lavoro emotivo-concettuale.

Rompere con lo spirito del passato, per quanto possibile, indirizzando tutte le energie verso il futuro, è la mia convinzione e la mia emozione. Implica comprendere, allo stesso modo, che il presente è degno di essere vissuto solo in funzione di un domani senza confini, senza autorità imposte, che parla tante lingue particolari, una lingua universale. Ora suona come un sogno; ma sono convinto che, ad un certo punto, ancora lontano, quel sogno si avvererà.