In Palazzo Vecchio, alla Sala d’Arme, Liu Bolin espone fino al 18 settembre opere site specific in una personale dal titolo Hiding in Florence. L’ambiente espositivo è nel percorso turistico fiorentino più frequentato, piazza Signoria. Il titolo, e la reale capacità dell’artista di nascondere il suo corpo nei vari luoghi fotografati, dovrebbero essere usati dalle autorità cittadine come invito alle “orde” di turisti invasori della martoriata città d’arte a percorrerla nel modo meno invasivo possibile. Non è questo lo scopo del progetto, realizzato in collaborazione con il Comune di Firenze, promosso dalla Galleria Gaburro e curato da Marco Bazzini.

Hiding in Florence, il lavoro che presentato a Palazzo Vecchio, è continuazione e coronamento di una serie più ampia, Hiding in Italy, svolta dall’artista nel nostro paese, che ha visto protagoniste le città di Milano, Venezia, Verona, Roma e Caserta. Liu Bolin rende oggi omaggio a Firenze, culla del Rinascimento, da sempre una delle grandi mete del Grand Tour, scegliendo di ambientare le sue opere nelle più importanti località di valore storico e culturale per le quali Firenze è nota in tutto il mondo: Piazza della Signoria, le Gallerie degli Uffizi, la Biblioteca Marucelliana e lo stesso Palazzo Vecchio, che ospita la mostra.

Liu Bolin (Shandong, 1973) è conosciuto dal grande pubblico per le sue performance mimetiche. Definito “l'uomo invisibile”, ha fatto del camouflage il suo tratto distintivo. Parte da un accurato body-painting che lo trasforma in una scultura vivente, progettata diversamente a seconda del luogo scelto per nascondervisi. Raggiunta la fusione del suo corpo con il contesto alle sue spalle, si fa fotografare mantenendo una perfetta immobilità. Arte concettuale che si presta a molte interpretazioni. Ma è interessante descrivere da cosa è scaturita questa idea. Scultore affermato in patria, una mattina , al risveglio, ha trovato il suo studio totalmente raso al suolo, come l’intero quartiere in cui esso sorgeva. E’ una prassi molto usata in Cina quella di realizzare il nuovo in modo improvviso e inaspettato dai cittadini. Questo ha comportato un cambiamento radicale nel suo operare artistico. Si è mimetizzato, inizialmente, fra i calcinacci del suo studio, forse nel tentativo di lasciare nel luogo una traccia indelebile del suo passaggio. Il suo nascondersi è infatti più specificatamente un rendersi creatura fusa all’ambiente, in cui continua ad intravvedersi in maniera fantasmatica. Ha continuato negli anni questo modo di operare artistico (visibile in una proiezione sulle pareti della sala d’Arme), , facendosi ritrarre davanti ai più importanti monumenti del mondo, a opere d’arte, a librerie, a scaffali dei supermercati, a montagne di rifiuti e in mezzo a masse di immigrati. La sua poetica del nascondersi, per diventare cosa tra le cose, è servita quindi anche a denunciare problematiche sociali. Un’ispirazione che proviene, anche, dalla cultura cinese, per la quale l’uomo è parte della natura. Nelle sue opere l’artista riesce a trasformare questa filosofia in immagini.