Inaugura sabato 14 ottobre l’Vlll Biennale del mosaico contemporaneo, curata da Daniele Torcellini. Apertura dell’intera manifestazione è la mostra che Ravenna dedica ad Alberto Burri, un grande artista del Novecento, “Burri Ravenna Oro”.

Per tre mesi nella città ci saranno eventi ed esposizioni che coinvolgeranno artiste e artisti di fama nazionale e internazionale. Importante anche il coinvolgimento di laboratori, gallerie, scuole, associazioni; ricordo l’impegno dell’Associazione Dis/Ordine di cui faccio parte.

Mi fermo qui nella descrizione perché di solito sbaglio date e non ricordo nomi. Questo da quando ricordo di me; ora gli errori sono leggermente aumentati.

Ciò che invece mi interessa sono le relazioni; quando la città si apre agli incontri e se ne va ad arte. Non si aprono solo i luoghi deputati alle Esposizioni, quali MAR, Palazzo Rasponi dalle Teste Biblioteca Classense e altri ancora.

Alcune artiste e alcuni artisti infatti, scelgono spazi in grado di conversare con il loro lavoro, anche al di fuori dalle sedi ufficiali.

Tra queste, da più di trent’anni ci sono anch’io. Non solo vado nei luoghi dove memoria e contemporaneità mi conducono per mano, ma do vita ad Azioni che non necessitano di artifici fatti solo per inquinare ulteriormente l’aria. Vado con quello che trovo nel luogo prescelto e divento così una contadina della Terra. Il mio lavoro è un richiamo che tenta di rendere ancora fertili “i territori dell’assenza”.

Non sono sola. Nelle Azioni prende corpo il gioco grande delle relazioni. Nelle relazione il mio soggetto si allarga, si dilata, prende vie che non avevo previsto; avviene l’incontro con altre discipline, con altre artiste e altri artisti e lavoriamo insieme per realizzare una cosa che prima non esisteva.

Sono: Monica Marcucci, Riccardo Galeati, Sara Maioli, Edoardo Missiroli, Marcello Landi, Randall Harb, Catia Gori, Gianluigi Tartaull, e i meravigliosi cinque giovanissimi Sofia Bolognesi, Valentina Mariani, Andrea Pieri, Riccardo Poletti, Sara Silvestroni. Queste amiche e questi amici per me fanno miracoli.

A testa bassa, in Darsena, per realizzare “La fiumana e la lumaca”, dialoghiamo con la sabbia, con i sassi, con le pietre. Nel Parco della Pace, per realizzare “L’opera in nero”, progettiamo Azioni che ricordano quando “lo splendore dell’innocenza si oscurò e gli occhi divennero ciechi”.

Il primo evento, in ordine di tempo, avverrà il 21 ottobre al Popup Darsena dalle 15.30 in avanti La Darsena, con le sue profonde ferite, rimane il luogo più bello di Ravenna.

Un colpo al cuore; è la via d’acqua della città. Ancora esiste e resiste l’archeologia industriale, deturpata da architetture prive di storia e prive di una contemporaneità rispettosa dell’ambiente.

Nei primi anni sessanta, appena arrivata a Ravenna, andavo al mare in bicicletta seguendo il percorso dell’acqua. La via poi, è stata divorata dal polo industriale.

La fiumana e la lumaca

Tutto ciò che è stato prima di me è mio.

(Johann Wolfgang von Goethe, 1749,1832)

Dove ora sono strade, piazze, case, palazzi, palazzetti, centri commerciali, zone industriali, una volta erano lagune.

L’acqua dei fiumi ha preso subito, ha preso presto/ Ha preso l’ultimo ponte ed è entrata nelle città, nei paesi, nelle campagne/ Ha conquistato i grandi spazi costruiti dagli uomini/ e ha lasciato noi più che vivi, superstiti.

Fiumi, mare, Darsena di città; un millenario nomadismo ha trascinato sassi e pietre delle antiche scritture modellate dal vento, dall’acqua, dal tempo. Le ho raccolte e le ho portate fin qui.

E prima che arrivi l'ultimo respiro, racconterò del grande inganno, racconterò questi giorni di tenebra fitta. Qui in Darsena ragazze e ragazze con grande lentezza, costruiranno a mosaico, un tetrattile che dal Luogo degli Dei porta con sé il sole e la luna. Le Azioni che avranno un ritmo ripetitivo e sempre uguale a se medesimo, saranno animate da una volontà costruttiva e distruttiva, come avviene a Ravenna, la nostra città, che apparentemente distratta da altro, sprofonda in lunga agonia.

La lumaca, richiamo dell’artista Marcello Landi, è l’elogio alla lentezza. Le azioni saranno accompagnate dal canto di Sara e di Gianluigi, Forse il 21 ottobre piove.

L’Opera in Nero

Il secondo evento, L’Opera in Nero, avverrà l’8 novembre al Parco della Pace.

Poi lo splendore dell’innocenza si oscurò e gli occhi divennero ciechi.

(Ildegarda di Bingen, 1098/1178)

Il Parco della Pace è la mia casa all’aperto. Sono anni che, quando ho bisogno di silenzio, mi siedo qui e mi ritrovo sempre sola -in effetti con 56 guerre in atto non può essere che così. È il Logos nel quale è piacevole stare e contemplare quel che resta della Bellezza. Il Parco è in stato di abbandono e alcune sue opere monumentali realizzate, come le altre in mosaico, hanno subito atti di vandalismo. Mi siedo nella panchina ai margini dell’Albero della Vita di Mimmo Paladino e ne seguo il declino. Da anni, l’opera ormai priva dell’antico splendore mi propone un enigma. La mia risposta o la ricerca della risposta è una terza entità, nuova, che nasce dall’Albero e io. L’opera di Paladino mi assomiglia. Anche lei, come me, è venuta alla luce diversamente da come l’aveva pensata l’artista. Infatti sono la terza figlia e genitori, parenti e amici speravano proprio nascesse un bimbo. Quindi, questo Albero della Vita ed io condividiamo una nascita deludente. A volte, soprattutto in questi ultimi tempi, mi sono seduta nella panchina con le stampelle a fianco perché tra interventi alle anche e cadute in bici ho avuto spesso bisogno di appoggi esterni.

Guardandolo ora, con parti mancanti che rivelano quello che c’è sotto come erba e terra e soprattutto con la perdita di colore e con le immagini che si intravvedono appena rivedo la mia memoria che, come quelle figure, se ne sta andando. E se vado con il pensiero oltre la mia persona l’Albero della vita è l’immagine esatta della nostra contemporaneità e come noi se ne sta andando a pezzi.

Le Azioni eseguite da ragazze e ragazzi, accompagnati da un coro di bambini, tenteranno di colmare i vuoti -all’inizio era lo splendore dell’innocenza- per poi ricoprirlo con il telo nero del lutto - poi lo splendore dell’innocenza si oscurò e gli occhi divennero ciechi.