Il suono come matrice e ricerca intrecciato al colore sono il substrato fondamentale delle opere di Antonella Benanzato, artista le cui opere sono in mostra nella personale dal titolo “L’Espressionismo del suono”. Artista a tutto tondo, Benanzato oltre che pittrice informale, è anche musicista e compositrice. Le opere in mostra, la maggior parte inedite, rappresentano la sintesi di una ricerca tra musica colore e meditazione che da anni l’artista porta avanti in continua sperimentazione ed evoluzione. Antonella Benanzato ha esposto le sue opere in Italia, nelle principali capitali europee e negli Stati Uniti.

“La mia ricerca – racconta Antonella Benanzato - si muove in parallelo tra pittura, musica e stati non ordinari di coscienza, nel caso specifico la meditazione. Per me, da sempre, colore e musica sono tutt'uno. Ogni immagine, ogni colore per me ha un suono, ha una tonalità, una luce, una forma di movimento nello spazio…”

Scrive ancora Antonella Benanzato spiegando la sua opera: “Il mio rapporto col colore e il suono è fondamento Il colore attrae perché magnete di uno stato d’animo e di una particolare vibrazione mentale e sensoriale. La minore o maggiore sensibilità a un determinato spettro cromatico implica la sintonia di mente e corpo su una precisa frequenza e onda cerebrale. La musica e il suono viaggiano su di una gamma di vibrazioni e anche il colore stesso vibra. Ecco perché colore e musica riescono a influenzare la visione. In particolare, la musica nella sua combinazione di note è in grado di generare immagini che il cervello elabora.

La pittura, quindi, è il tramite, il medium, attraverso il quale note musicali e colori varcano la dimensione percettiva più profonda. Nel dettaglio del colore infinitesimale si cela un microcosmo completo e indipendente simile, in qualche aspetto, a quello che interessa la struttura molecolare della materia e dell’atomo.Per dirla in termini semplicistici o forse azzardati, nel colore si potrebbe trovare traccia del nostro Dna mentale”.

Paolo Coltro nella sua introduzione al catalogo della mostra “Cromogonie - Ritratto del paesaggio interiore” che si è tenuta nel 2018, scrive:

“Le tele sono grandi, grandi da non poter stare su un cavalletto. Così stanno per terra, come quasi tutto ciò che nasce, e sarà fisico questo movimento dell'esistere, dall'orizzontale fino ad essere in piedi e poi in alto. E' un cammino lento e soprattutto simbolico, è la conquista della luce: prima elemento esterno che accarezza indistinta, poi via via catturata e intrappolata consapevolmente, parte di un corpo, circolazione sanguigna che lo rende vivo ai nostri sguardi. Non c'è, tutta quella luce, nella fase iniziale della nascita, ma la conquista man mano si annuncia, e l'artista apre strade a questa luce che sarà la voce finale, canto o urlo che sia. Queste tele ripercorrono la storia dell'evoluzione umana, la conquista della stazione eretta: in piedi diventano altro, raggiungono una personalità compiuta, agiscono. Su di noi”. E ancora

“Antonella Benanzato sovrappone ad uno strato primigenio di cementite (una base solida, niente increspature, niente flessibilità, quasi un muro) strati e strati di pittura, con colori ad olio. Un colore diverso ad ogni strato, che copre quello precedente. E' un progetto sempre in divenire, possono passare settimane tra una mano e l'altra, e ogni volta l'aspetto è quello di un monocromo. Ma, sotto, si sta formando la miniera. Sarà anche tecnica, ma è un percorso cognitivo: prima di somma, poi di sottrazione. «All'inizio non so quale sarà il risultato finale», perché il lento crescere della creatività ha la sua esplosione nell'atto finale. Il quale atto finale è scavare, togliere, di fatto scoprire ciò che prima ad ogni passaggio si è celato. Ma perché la «scoperta», cioè la rivelazione, sia guidata dal pensiero occorre ben sapere quali siano le anime via via sovrapposte, e la loro forza e delicatezza, e la capacità di convivere e stare - finalmente sullo stesso piano – con altre anime. La pittrice toglie veli, in fondo è l'essenza di un transfert spirituale”.