Questo periodo storico sembra segnato da una sorta di impotenza contro gli atti di puro terrorismo, quel terrorismo che spesso tenta di dare giustificazione ai suoi eccidi ricorrendo a riferimenti religiosi. È come se le azioni fossero ispirate e protette da un Dio entrato sul piede di guerra contro tutti gli aderenti ad altri credi religiosi rispetto a quelli cui sembrano riferirsi i terroristi. A rendere ulteriormente difficile questo periodo storico c’è il costante aumento delle diseguaglianze globali che colpiscono tutto il mondo, creando sempre un maggiore squilibrio economico e sociale tra Paesi e persone. Alle diseguaglianze sociali e alle tensioni che ne derivano in diversi Paesi del mondo si sommano, nell’Africa subsahariana a cui farò riferimento nel presente articolo, continue stragi in interi villaggi, privilegiando come obiettivo la decimazione di popolazioni cristiane.

Sulle recenti stragi di cristiani in Africa

Tutto il mondo guarda giustamente con grande preoccupazione quello che sta accadendo tra Israele e Palestina, così come assiste preoccupato all’inarrestabile guerra per l’invasione dell’Ucraina, mentre poche notizie vengono date sulle continue stragi di popolazioni cristiane che insanguinano costantemente l’Africa subsahariana, dove la presenza cristiana, prevalentemente cattolica, è sottoposta a continui attacchi nei villaggi e direttamente nelle Chiese. Forse qualche lettore sarà meravigliato per la citazione di stragi di cristiani e magari penserà che si tratti di eventi di secoli o di molti decenni fa. No, le stragi di cristiani ci sono sempre state e continuano ad esserci al punto tale da portare il mondo intero ad una sorta di assuefazione. Le notizie che in merito si leggono si riferiscono soprattutto alla condanna fortemente emessa dal Papa Francesco o a qualche articolo che si intercetta su internet. Poi ritorna subito il silenzio, come se nulla fosse accaduto. Ritengo pertanto utile richiamare brevemente soltanto qualcuno dei fatti più recenti per non appesantire la lettura del presente articolo.

L’ultimo episodio di cui ho notizia risale ai giorni di Natale 2023, dal 23 al 26 dicembre in varie zone della Nigeria, ma in massima parte a Bokkos, nello Stato di Plateau. Sono stati attaccati, per tre giorni consecutivi, villaggi cristiani e uccise circa 170 persone. Sembra che gli autori siano gruppi jihadisti e bande criminali che saccheggiano villaggi e uccidono o rapiscono i loro abitanti. Nella Repubblica Democratica del Congo, ai confini con l’Uganda, la domenica del 15 gennaio del 2023 è stata fatta esplodere una bomba in una Chiesa pentecostale. I morti sono stati almeno dieci.

Non desidero riportare un diario di attacchi terroristici a cristiani, ma sento il dovere di riferire un altro episodio riportando le parole dette da un sacerdote locale che ha assistito all’eccidio e che valgono più di qualunque altra descrizione. L’episodio si riferisce alla Chiesa cattolica di San Francesco Saverio a Owo, nello Stato nigeriano di Ondo, che è stata attaccata il 5 giugno 2022 durante la Messa della domenica di Pentecoste. Nel massacro sono stati uccisi almeno 40 fedeli e decine di persone sono rimaste gravemente ferite. Padre Abayomi, il viceparroco della chiesa, ha così riferito su quell’attacco ben pianificato e durato circa 20-25 minuti.

Stavo ancora celebrando la Messa quando ho sentito le esplosioni. Ero sul sagrato, stavo mettendo l’incenso nel turibolo e mi stavo preparando a guidare la processione fuori dalla chiesa, quando ho sentito due forti boati e ho visto i miei parrocchiani in preda al panico correre in diverse direzioni. Qualcuno è corso da me e ha gridato: «Padre, ci sono degli sconosciuti armati!». Non so quanti fossero – alcuni dicono sei, altri quattro – ma so che erano organizzati. Alcuni degli assalitori si sono confusi tra i parrocchiani e hanno pregato con noi durante la Messa, sapendo per tutto il tempo che avevano intenzione di ucciderci. Mentre i proiettili fendevano l’aria, pensavo soltanto a come salvare i miei parrocchiani. Alcuni di loro sono riusciti a chiudere la porta d’ingresso e io ho invitato le persone a spostarsi nella sacrestia. Una volta all'interno della sacrestia, non potevo muovermi: i bambini mi circondavano e gli adulti si aggrappavano a me. Li ho protetti come una chioccia protegge i suoi pulcini. […] Una volta accertato che gli aggressori se ne erano andati, abbiamo lasciato la sacrestia. I cadaveri erano disseminati nella chiesa e vi erano molti feriti. Il mio spirito era profondamente turbato. Con l’aiuto dei parrocchiani che potevano guidare, abbiamo iniziato immediatamente a portare i nostri fratelli e sorelle feriti all’Ospedale St. Louis e al Centro Medico Federale. Successivamente ho fatto visita ai feriti, pregando con loro, amministrando il Sacramento degli Infermi e incoraggiandoli a mantenere viva la speranza. Il mondo ha voltato le spalle alla Nigeria. Si sta compiendo un genocidio, ma a nessuno importa. Gli addetti alla sicurezza e gli agenti di polizia presenti nelle vicinanze non sono intervenuti in nostro soccorso, nonostante l’attacco sia durato almeno 20 minuti.

(Dal “Rapporto sui cristiani oppressi per la loro fede” 2020–2022)

Credo che i commenti siano inutili, ma certamente impongono delle serie riflessioni sul perché queste persecuzioni religiose esistano ancora nel mondo in diversi Paesi, anche negli Stati che ostentano la loro democraticità e il rispetto dei diritti umani, confermando così, di fatto, la falsità di quanto viene ostentato. Interi villaggi del nord della Nigeria vivono oggi nel terrore di attacchi da parte di gruppi jihadisti e di bande criminali che saccheggiano villaggi e uccidono o rapiscono i loro abitanti, restando sempre il loro principale obiettivo le popolazioni cristiane.

E cosa dire infine dell'attacco del massacro di studenti cristiani all’Università del Campus di Garissa in Kenya nel 2015, dove sono stati riscontrati circa 150 studenti uccisi e molti dispersi. L’azione terroristica è stata rivendicata da un gruppo islamico fondamentalista somalo. Su tale eccidio, nella sezione esteri del quotidiano “lastampa.it” del 2.4.2015, è riportato che alcuni testimoni hanno dichiarato ai media africani dei particolari choccanti: «Abbiamo visto molti corpi senza testa mentre fuggivamo, hanno ucciso molte persone». Le teste sono state tagliate anche dai terroristi di Hamas, ma nel caso del Kenya l’evento sembra essere stato dimenticato immediatamente. Forse perché si trattava di cristiani?

Di tutti questi morti non se ne parla, forse perché non fa più notizia se decine di cristiani vengono trucidati in Nigeria o in altro Stato d’Africa o in altra parte del mondo, non sembra di sentire neanche le proteste delle associazioni in difesa delle donne, che sono sempre in piena attività; forse le donne cristiane hanno meno diritto di essere salvate o quantomeno menzionate quando vengono uccise? E non diciamo più che non si tratta di un conflitto religioso, perché di fatto è un vero costante conflitto prevalentemente religioso.

L’elencazione di stragi di cristiani in Africa è lunga e continua, un vero bollettino di guerra. Un problema che sembra passare a tutti inosservato e che invece deve essere attenzionato fortemente, poiché i cristiani in Africa, secondo il “World Christian Database o WCD1 già nel 2105 erano circa 580 milioni e nella sola Nigeria nel 2018 i cristiani rappresentavano circa il 46% della popolazione totale. Sono numeri che imporrebbero una seria riflessione all’intero mondo “cosiddetto civile” e non solo ai cristiani.

La difficile accettazione dei cristiani in diversi Paesi musulmani

Si dovrebbero ormai abbattere le lotte di religione, perché veramente anacronistiche, le religioni vanno rispettate così come vanno rispettati gli aderenti alle religioni differenti da quella che ognuno di noi professa. Nessuno si può arrogare il diritto di una supremazia religiosa, ciò evidenzia solo ignoranza, quando non si tratta di vera malafede. Purtroppo devo constatare, con amarezza, che la presenza cristiana è ancora oggi poco accettata quasi nella totalità dei paesi musulmani dove il governo è sottoposto alla sharia e in alcuni paesi è perfino messa al bando con atti di vera persecuzione e con carneficine, che certamente non rappresentano un buon esempio di “lode a Dio”.

Non si può però dire così di tutti i Paesi musulmani che talvolta, anche tra loro, sono differenti nel rapporto interreligioso. Un ricordo rimasto indelebile nella mia mente, ad esempio, è stato quando una domenica dei giorni successivi la morte di Papa Giovanni Paolo II, avvenuta il 2 aprile 2005, l’Arcivescovo di Tunisi Mons. Twal, mi invitò ad andare in Cattedrale a Tunisi nel pomeriggio per assistere alla funzione religiosa per la commemorazione in onore della morte del Papa. Con meraviglia e immensa gioia ho osservato che nella prima fila della Cattedrale erano sedute le massime autorità governative musulmane, tra cui alcuni Ministri compreso il Primo Ministro tunisino. Ogni azione, ancorché piccola e poco vistosa, può sempre innescare dei meccanismi sociali positivi di grande rilevanza.

Una piccola luce in fondo al tunnel

Proprio negli ultimi anni, se è vero che “la speranza è l’ultima a morire”, arrivano segnali particolarmente positivi che si ispirano a stimolare la pacifica convivenza tra popoli di diversa religione, colore della pelle e tradizioni. Segnali che avrebbero bisogno di una maggiore pubblicità, perché, se opportunamente diffusi, potrebbero rappresentare le radici per innescare le condizioni per una futura pace duratura tra le popolazioni. Tra i vari segnali positivi che sembrano emergere a livello internazionale, desidero fare riferimento, in particolare, agli edifici di culto interreligiosi che comprendono nello stesso edificio o nella stessa area i Tempi sacri delle principali religioni, edifici che al momento sono esclusivamente rivolti verso l’accoglienza delle tre religioni abramitiche. Questi tentativi di reciproca comprensione che mirano alla potenziale pacifica convivenza assumono un grande valore se si pensa che nel mondo alle religioni abramitiche aderisce il 56% della popolazione totale.
La domanda che è opportuno porsi è se veramente queste importanti costruzioni possano servire a mitigare le tensioni religiose esistenti nel mondo o se sono e resteranno delle mere opere d’arte senza alcun concreto valore simbolico socio culturale e religioso e soprattutto se esse potranno mai dare alcun beneficio alla reciproca comprensione tra popoli di differente credo religioso. Di seguito sono riportate le indicazioni di tre costruzioni tra quelle realizzate e in corso di realizzazione che hanno destato in modo particolare la mia attenzione, iniziando da quella che ho conosciuto per prima.

Alexis Vincent Gomes2 realizza un “Simbolo di Pace” a Pointe-Noire, nel cuore dell’Africa

Il primo edificio interreligioso di cui ho avuto notizia è stato quello realizzato a Pointe-Noire, nel cuore dell’Africa subsahariana, nella regione che si trova a sud del deserto del Sahara e ospita una grande varietà di popolazioni, lingue e tradizioni culturali, con una storia ricca e complessa che abbraccia antiche civiltà, regni e imperi. Pointe-Noire è la seconda città della Repubblica del Congo o Congo Brazzaville e principale porto commerciale sull’Atlantico. Il primo grande simbolo interreligioso è nato proprio qui.

Sono venuto a conoscenza di tale opera nel 2015, mentre ero in Algeria, ad Oran, in occasione della Conferenza annuale del Lions Clubs International. Fu allora che ho avuto il piacere di conoscere Alexis Vincent Gomes, nella sua qualità di Direttore Internazionale dei Lions Clubs. Una persona con cui era gradevole colloquiare e di cui mi ha particolarmente colpito la grande importanza che dava agli aspetti dell'interiorità umana, il suo grande amore per le persone, indipendentemente dalla loro razza e dal loro credo religioso. Nei suoi discorsi emergeva spesso, in maniera inconfondibile, il suo alto senso umanitario e di vera fratellanza.

In breve tempo la nostra conoscenza si trasformò in vera amicizia che dura sinora ininterrottamente. Ad Oran, mentre parlavamo su problemi interreligiosi, mi consegnò alcune foto di un particolare edificio che stava facendo costruire vicino casa sua, a Pointe-Noire, in un terreno di sua proprietà per consentire che l’opera potesse essere fruita dai credenti. La costruzione, iniziata nel 2013, si completò poi con tutte le opere di finiture nel 2017, ma non è stata data alcuna pubblicità in attesa della consacrazione dei tre Templi. L’edificio infatti comprende, nella stessa costruzione, i Templi delle tre grandi religioni abramitiche: una Sinagoga, una Chiesa e una Moschea, che hanno in comune una grande sala e la biblioteca. Mi disse Gomes che, mentre in alcune zone vicine avvenivano massacri di cristiani, aveva realizzato l’opera quasi per dare coraggio ai credenti e per fare emergere in quel territorio un forte “simbolo della pace”, quella pace che purtroppo era ed è ancora un’utopia. Ricordo quando, con orgoglio, mi disse che c’erano le porte per le uscite di sicurezza da ogni Tempio, ma che per l’ingresso sarebbero dovuti entrare tutti attraverso la sala comune che si trovava al centro dei tre Tempi «così tutti i fratelli delle religioni abramitiche, che hanno in comune lo stesso Dio, sono obbligati ad attraversare un luogo comune e così saranno vicini e capiranno la bellezza e la spiritualità di cui possiamo godere incontrandoci assieme prima di entrare ognuno nel proprio luogo sacro». Un modo sicuramente elegante per dire: se credete nel Dio di Abramo dovete essere consapevoli che è lo stesso Dio delle tre diverse religioni e non c’è alcun motivo per stare distanti l’un dall’altro prima di accedere ognuno al proprio Tempio. L’idea mi sembrò meravigliosa anche perché se fosse stata capita sarebbe stato un modo per evidenziare che la pace è possibile ottenerla anche mantenendo ognuno il proprio credo religioso e vivendo nella stessa comunità.

Io stesso non diedi però allora un’importanza tale a quest’opera da seguirne poi lo sviluppo nel corso degli anni successivi. Quando però ebbi notizie di altri simili complessi interreligiosi e in particolare di quello grandioso di Abu Dhabi di seguito richiamato, ho chiesto notizie sull’opera ed ho appreso con piacere che, dopo un lungo periodo, il 22 dicembre del 2023 è stato consacrato, come primo luogo sacro, la Moschea, con la partecipazione di Imam e Vescovo, mentre la consacrazione di Sinagoga e Chiesa è prevista per la primavera del 2024. Un’opera che rappresenta così il primo edificio interreligioso realizzato in Africa. Nelle foto sono riportate, che mi sono state direttamente inviate da Vincent Gomes, è riportata: la vista generale dell’opera realizzata e le tre sale di preghiera della Sinagoga, della Chiesa e della Moschea.

Il contesto territoriale socio-religioso

La realizzazione di quest’opera, unico esempio in Africa, potrebbe assumere un grande significato simbolico per la promozione del dialogo interreligioso nell’area centrale africana. Infatti è un’azione che si può considerare estremamente importante e coraggiosa, soprattutto se rapportata alle caratteristiche socio religiose del territorio in cui insiste. Il Congo Brazzaville è tradizionalmente un Paese prevalentemente cristiano, con una maggioranza cattolica, così come la Repubblica Democratica del Congo, ma è inserito nel cuore dell’Africa dove, come sopra evidenziato, sono forti le persecuzioni e le stragi perpetrate contro i cristiani. La percentuale cristiana nel Congo supera il 50%, mentre quella musulmana non supera il 2%, ma sembra in crescita. Anche la popolazione ebraica, pur se minima, è presente nella Repubblica Democratica del Congo e in minima parte anche nel Congo Brazzaville. È una testimonianza ebraica sefardita che fa parte degli ebrei neri d’Africa, oltre i ben noti Falascha d’Etiopia. I primi ebrei arrivarono in Congo dal Sudafrica, ma la presenza più massiccia si fa risalire principalmente agli ebrei di Rodi che in buna parte negli anni ’30 dello scorso secolo emigrarono, sia per le difficoltà economiche esistenti sulla propria isola, che per gli interessi che erano nati per le loro attività commerciali e artigianali. I congolesi fornivano la materia prima agricola: cotone, mais, arachide, ecc., mentre gli ebrei fornivano loro manufatti artigianali: pentole, fiammiferi, saponi, ecc. Successivamente potenziarono l’attività artigianale creando anche delle piccole aziende manifatturiere. A Elisabethville (oggi Lubumbashi) fondarono la prima Sinagoga, ma dopo l’indipendenza nel 1960, anche per la poca sicurezza locale, la comunità ebraica cominciò a ridursi notevolmente. Alcuni degli ebrei locali divennero in seguito importanti personalità del mondo politico ed economico.

Costruzioni interreligiose nell’ambito europeo e mediorientale

Le costruzioni di edifici interreligiosi negli ultimi anni sono presenti nell’ambito europeo e mediorientale, alcune sono state già realizzate, altre sono in corso di completamento, altre sono semplicemente programmate. Di seguito, per brevità espositiva, cito gli esempi della “Casa della famiglia abramitica” ad Abu Dhabi e la “Casa delle Tre Religioni di Berlino (House Of One)”. Opere che, ancorché inserite in contesti ambientali totalmente differenti, rappresentano un importante messaggio di pace internazionale.

Casa della famiglia abramitica di Abu Dhabi

È sicuramente l’esempio più recente e di maggiore importanza per le dimensioni dell’intervento e per le autorità politiche e religiose coinvolte e comprende tre edifici destinati singolarmente a Sinagoga, una Chiesa e una Moschea. Un’opera eccezionale che rappresenta un primo passo dopo l’avvenuto importante riconoscimento diplomatico tra Emirati Arabi Uniti e il Vaticano, un atto concreto della politica religiosa che stanno promuovendo gli Emirati Arabi Uniti (EAU). Infatti, dopo l’accoglienza del 4 febbraio del 2019 riservata ad Abu Dhabi al Papa Francesco assieme al Grande Imam di Al-Azhar, era stato sottoscritto un documento su “Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, sancendo così l’appartenenza allo stesso Dio dei popoli di religione abramitica. L’inaugurazione è avvenuta: venerdì 17 febbraio 2023 per la Moschea e a seguire nella mattinata di domenica 19 febbraio la Sinagoga e nel pomeriggio la Chiesa di San Francesco. Come ho avuto modo di scrivere in altre occasioni, gli Emirati Arabi Uniti stanno procedendo con passo spedito verso il tentativo di storicizzazione dell’islam, con un islam aperto al dialogo fraterno e di pace e dove sono stati messi al bando gli estremisti religiosi.

La Casa delle Tre Religioni di Berlino (House Of One)

Secondo l’idea progettuale i tre luoghi per la preghiera e la celebrazione dei riti saranno uniti da una hall dove potranno essere svolte le attività comuni. Un’opera di grandi dimensioni i cui lavori sono appena iniziati, definita "luogo di tolleranza e di apertura". In essa, i tre luoghi di culto sono raggruppati intorno a un ambiente centrale, il cui attraversamento è d’obbligo e rappresenta il luogo di incontro ideale per l’organizzazione di eventi e celebrazioni condivise, ciò similmente a quanto già realizzato a Poite-Noire. Sarà il primo luogo interreligioso in Germania che ospiterà a Berlino, in un unico edificio, le tre religioni abramitiche.

Considerazioni finali

Una prima indicazione di carattere generale sulle costruzioni interreligiose è che la loro realizzazione è stata promossa sia in Paesi con prevalenza cristiana, che in Paesi con prevalenza musulmana. Dai casi sopra citati si possono poi desumere due ulteriori messaggi:

  • l’edificio di Abu Dhabi è stato realizzato in un Paese, a maggioranza musulmana, ma non sottoposto alla sharia e aperto alla contestualizzazione dell’Islam, di conseguenza proiettato verso il riconoscimento dei diritti umani e in particolare dei diritti delle donne;
  • l’edificio di Poite-Noire è stato realizzato in un Paese, a maggioranza cristiana, inserito in un contesto ambientale i cui territori circostanti sono continui teatri di stragi di cristiani.

La realizzazione di Poite-Noire è un intervento edilizio di piccola dimensione, soprattutto se rapportato agli interventi di Stato realizzati in altri Paesi, ma è sicuramente originale ed ha anticipato i tempi di quasi tutte le successive importanti opere. È un piccolo gioiello, incastonato in mezzo al verde rigoglioso di quel territorio, quasi per segnalarci che il Tempio di ogni culto rappresenta il confine tra lo spazio sacro, che ha valore fisico e immateriale e ne segna l'estensione illimitata, e lo spazio profano che lo circonda. Evidenziando con ciò che la grandiosità dell’opera interreligiosa non è assolutamente legata né alle sue dimensioni fisiche, né alla sua bellezza architettonica e monumentale, né al numero di persone di diverso credo religioso che la potranno frequentare.

Questa e le altre opere similari non cambieranno certamente il mondo, ma sicuramente lanceranno un piccolo messaggio di fiducia verso quelle ataviche reciproche diffidenze che tendono ad allontanare gli uomini l’un dall’altro quando essi professano religioni diverse. È sicuramente un segnale simbolico originale di un potenziale cambiamento dell’Africa verso la comprensione interreligiosa che viene posto all’attenzione internazionale, per ricordare che il Dio comune a tutti i popoli abramitici è unico, al di là che venga chiamato Yahweh dagli ebrei, Dio dai cristiani o Allah dai musulmani.

Ritornando alle stragi di cristiani, sembra naturale chiederci: ma quante persone conoscono che nel cuore dell’Africa, soprattutto nell’Africa Subsahariana, esistono continui teatri di stragi terroristiche con obiettivo preferenziale la cancellazione delle comunità cristiane? Sono stragi che avvengono preferibilmente in Paesi africani che per decenni, per motivi economici e di politica internazionale, sono stati sotto il controllo indiretto di multinazionali e Paesi stranieri, soprattutto occidentali e che oggi tendono sempre più ad essere dipendenti da Paesi medio orientali quali Cina, India, Turchia, Paesi arabi ai quali si aggiunge la Russia.

Ed è proprio in alcuni di questi Paesi africani, come ad esempio la Nigeria, che sembra ci sia una gara sempre aperta per la “caccia al cristiano” di cui l’opinione pubblica internazionale non sembra assolutamente preoccupata e forse nemmeno adeguatamente informata. Infatti, mentre è costantemente informata sulle notizie dell’avvenuta sottoscrizione di accordi commerciali tra Paesi africani e Paesi di altri continenti, Europa compresa, poca menzione viene fatta sulle eterne stragi che, negli stessi Paesi sottoscrittori dei menzionati accordi, vengono perpetrate con continue guerre civili e religiose. Sembra quasi che si abbia paura di parlarne pubblicamente per timore di perdere l’affare in gioco. Sembra un misto tra opportunismo e vigliaccheria, una miscela pericolosa e socialmente di difficile giustificazione. Se poi qualche giornale ne dà notizia, la notizia è quasi immediatamente dimenticata. Insomma sembra un tacito accordo globale di comportarsi come le famose tre scimmiette “non vedo, non sento, non parlo” che insieme danno un significato al principio proverbiale del “non vedere il male, non sentire il male, non parlare del male”. Le tre scimmie riportate in foto sono quelle rappresentate in una cornice di legno posta all’entrata del Santuario di Toshogu a Nikko.3

Purtroppo probabilmente tutto continuerà nell’indifferenza generale, non conoscendo o facendo finta di non sapere che nel cuore dell’Africa c’è una guerra religiosa costantemente attiva, con migliaia di morti per stragi cruente di donne, bambini e uomini di qualunque età. Una guerra che sembra non turbare assolutamente gli animi di quanti, appena conosciuta la notizia, sono pronti a cimentarsi in commenti ed espressioni filosofiche eleganti, con condanna, solo momentanea, dell’accaduto. Sono le stesse persone che poi, subito dopo il tragico evento, girano la testa dall’altra parte dimenticando velocemente tutto, lasciando sempre maggiore spazio al materialismo in cui siamo immersi e alla crescita delle diseguaglianze sociali e relegando in angoli remoti della propria coscienza gli aspetti legati alla spiritualità. Dimenticando magari che solo la spiritualità potrà sfidare l’attuale materialismo. Con un po’ di speranza forse dovremmo augurarci che il “simbolo di pace” di Poite-Noire, venga promosso, con lo stesso entusiasmo, coraggio e spiritualità, anche in altri Paesi, non solo dell’Africa, per potenziare sempre più il cammino verso la reciproca comprensione interreligiosa.

Note

1 World Christian Database (WCD) si basa sulla pluripremiata World Christian Encyclopedia e World Christian Trends di 2.600 pagine. Questo ampio lavoro sulla religione mondiale è ora completamente aggiornato e integrato nel database online del WCD, supportato da importanti studiosi.
2 Avv. Alexis Vincent Gomes, laureato in diritto privato presso l'Università di Brazzaville nel 1979, ha poi conseguito la laurea in criminologia e scienze penitenziarie nel 1980 presso Università di Bordeaux. Nel 1982 ha conseguito il diploma di Magistrato con lode presso la Scuola Nazionale dei Magistrati di Parigi. È stato il primo presidente dell'Ordine degli Avvocati di Pointe-Noire. È presidente del Consiglio di amministrazione della United Bank for Africa (UBA), azionista della Banque Congolaise de l'Habitat (BCH) e del Central African Securities Exchange (BVMAC). Dal 1990 Vincent Gomès opera nel settore energetico, minerario, delle infrastrutture e più in generale nello sviluppo di progetti in Africa, contribuendo con generosità alla realizzazione di importanti opere sociali. È titolare di un importante studio legale. Past Direttore Internazionale del Lions Clubs International dove ha ricoperto prestigiosi incarichi. Filantropo e forte sostenitore del Kitwe Eye Hospital in Zambia e dell’Ospedale universitario Yalgado Ouédraogo a Ouagadougou, Burkina Faso. Un forte sostenitore del colloquio interreligioso.
3 Nikko è una piccola città della prefettura giapponese di Tochigi, sulle montagne a nord di Tokyo.