In principio furono Le stanze della memoria in via Forcole a Fano. In quella fucina, le innumerevoli bambine che condividevano un corpo solo -il mio- sono ora, le mie antenate. Le ho raccontate tante volte e almeno due, la distratta e la ribelle, sono ancora qui sedute accanto a me, mentre guardo questo cielo che ogni giorno mi offre visioni sempre nuove -in questo momento lo sta attraversando una mandria di bisonti. Allora, nella casa dei nonni, guardavo le nuvole in cima all’abete, ora il cielo è alla mia stessa altezza, qui in studio.

Poi fu L’esserci appena, dove ho tradotto l’oscillazione di Natalia tra la memoria della vita prenatale e la necessità di ricomporre se stessa in un luogo sconosciuto. A Natalia è seguito Il gran lettore, dove Federico è venuto in questo mondo in compagnia dei suoi libri a noi invisibili. Non so quali storie Valentina gli abbia raccontato per far sì che arrivassero a lui raccolti in un libro.

Ora, se da questa mia esperienza "dell'esserci appena" dilato lo sguardo nei territori dell’oro e di rosso corallo, vedo l'inadeguatezza di noi adulti nel proteggere e conservare quei territori. Mentre l'azione è intenta a costruire terreni fertili, noi, con insensata ostinazione, annulliamo il loro lavoro perché non lo riconosciamo, semplicemente. Non teniamo ancorata a noi la memoria, rendiamo fragile e impotente il presente e il futuro, pare, non ci appartenga. Un pensiero di Ildegarda di Bingen racchiude il nostro mondo distorto: "L'anima, quando il corpo è oppresso da un'aria pesante si indebolisce e muore".

Vi è in noi una sorta di arsura, un logorio dell'anima che si ripercuote anche sul corpo. Dovremmo ripercorrere i sentieri di quella nostra impresa riscaldata da un sole interiore, che appartiene a tutte le piccole creature viventi. Dovremmo, ancora, riappropriarci dell'energia che sostiene il mondo, facendolo germogliare e crescere, come ha fatto e come sta facendo ancora Allegra, la mia terza nipote.

Scrivo pensando a lei; l’eroina che mi annichilisce per determinazione e coraggio. È di lei che voglio raccontare. Mentre suo fratello Federico, per difesa e scoperta di sé, lo ricordo sempre -anche ora- in compagnia di un libro, così Allegra la vedo con pastelli e album. I pastelli e gli album poi si sono moltiplicati e Allegra, ora adolescente, trova ancora il suo centro nel disegno. Sempre.

Nei pranzi o nelle cene con ospiti, a casa o al ristorante, si difende dalle chiacchiere degli adulti con penne, matite, album. Arriva a questi appuntamenti come se dovesse andare a scuola, con uno zainetto che contiene, in eccesso, il materiale necessario. E apparecchia il suo spazio con i cibi della mente. Il suo sguardo viaggia lontano.

Trascorro molto del mio tempo distante da lei. Poi, ecco che arriva la notizia di una sua rivolta in atto. Sempre il coraggio di dire ciò che pensa e di chiarire le ragioni di ciò che vuole. Coraggio da vendere. Allegra si difende, non si adatta a situazioni che prevedono stati di disagio o di noia. Come quasi tutte le bambine e i bambini, ha una vita piena di impegni che condivide soprattutto con le amiche. Ora è in quell’età che si definiva “ingrata”.

… L’infanzia è il tempo della verità cieca, l’adolescenza è quello dell’errore veggente, dell’illusione. …. La storia delle mie verità -ecco l’infanzia. La storia dei miei errori -ecco l’adolescenza

(Marina Cvetaeva Natal’ja Goncarova)

Per Allegra le cose non stanno proprio così. Allegra continua a portarsi appresso la grazia e la bellezza dell’età dell’oro; certo, questi sono anni di passaggio. Per ragioni che non dipendono da lei, il rapporto con noi “adulti” e “vecchi” si è fatto molto ingarbugliato.

Ma questa non è la via che voglio prendere. Per comprendere l’agire di Allegra, voglio mettere in campo due visioni, la sua e la mia via.

Un po’ di storia

Da molto tempo, forse da 20 anni, quando si avvicina Natale -tra una settimana è Pasqua e la mia testa “distratta per passione” è qui che pensa al Natale- nel periodo prenatalizio, cerco e, se non lo trovo, vado a comperare l’ennesimo album da disegno, poi di nuovo cerco e trovo, forse, una guida di Ravenna con l’immagine del Mausoleo di Teodorico.

E con le difficoltà che hanno sempre origine da una confusione eccessiva, da vent’anni realizzo per amiche e amici un disegno del mausoleo in azioni diverse. Il primo è nato seduto in compagnia di altri monumenti ravennati e, di anno in anno, ha viaggiato insieme a scrittura visiva, ad animali primari, ha preso il volo, è precipitato, ha affrontato situazioni premonitrici.

Quest’anno ho disegnato una figurina di profilo -è Allegra bambina- che tiene in mano il mausoleo. Lo guarda pensierosa. Il mausoleo ricorda il classico panettone, ma è il luogo di una fine e lo realizzo sempre come richiamo.

Sembra un lavoro semplice, gradevole. In realtà, due visioni del mondo si mettono a confronto. Io disegno un’Allegra di qualche anno fa con in mano il Mausoleo di Teodorico che lei conosce bene; per diverso tempo, Valentina l’ha accompagnata a giocare nel parco che lo circonda. Quindi, non è un monumento sconosciuto. Nel disegno in bianco e nero lei lo guarda pensierosa ed ecco l’ulteriore passaggio. Chiedo ad Allegra, il soggetto ritratto, d’intervenire, così liberamente, senza suggerimenti, che in realtà neanche avrebbe accettato.

Allegra nel disegno è sicura, sa come rispondere -in questo caso, deve rispondere al suo ritratto, a me che l’ho realizzato e al mausoleo. Nella risposta non ha incertezze. Nell’atto irripetibile del germogliare, vi è la condizione della crescita e in questo suo cuore che si fa pianta prende forma tutto ciò che cresce.

Cuori pensanti, cuori germoglianti. Lei è stelo, foglie, cuore e nel bianco e nero, un’esplosione di colore. Si tratta di passioni e guardo Allegra che anche questa volta, con il suo coraggio, mi ha colpito al cuore.