Il ritratto insieme all’autoritratto è uno dei temi più fortunati della storia del’arte, l‘arte che con il suo potere di “simulare” riesce a riprodurre e mantenere in vita i suoi soggetti. L’arte ha il potere non solo di riprodurre ma anche di conservare, un aspetto noto è che attraverso il ritratto la fisiognomia e la interiorità del soggetto possono essere tenute in vita. Quando si eseguiva un ritratto nell’antichità, era posta grandissima attenzione soprattutto allo sguardo, gli occhi erano considerati le finestre dell’anima.

Il ritratto, come l'autoritratto, è uno strumento d’indagine interiore che grazie alle capacità dell’artista può commuovere e donare vita: si credeva e tutt'oggi si pensa, che gli occhi possano svelare l’anima dell’effigiato allo sguardo dell’osservatore attento. I ritratti dei Fayum sono tra gli esempi più alti e raffinati arrivati sino a noi dall’antichità, dove l’aspetto fisico e i segni esteriori erano utilizzati con maestria per indicare il ruolo sociale. Il ritratto aveva una sua importanza sia durante la vita dei soggetti che da defunti, infatti era portato in processione e contribuiva a mantenere la loro importanza sia a livello sociale e politico che religioso, e poteva essere considerato un sostituto del corpo, potendo accogliere persino l'anima dell’effigiato in alcune cerimonie.

Dal Cinquecento in poi il ritratto si arricchisce dei palpiti dell’anima con autori come Lotto e Tiziano: saranno loro i grandiosi interpreti di “ritratti interiori”, nelle cui opere si trovano veri e propri ritratti psicologici. Ma il secolo che si concentra e affina un’inedita indagine sulla profondità della psiche e sugli stadi emozionali dell’uomo è il Novecento: in questo periodo affiorano incubi e sogni, che vanno a coincidere con una ricerca dell’identità; l'uomo tenta di ricomporre i frammenti dell’essere nella mutata società moderna, e da questa epoca in poi sembra essere più forte il senso di solitudine e ancora più devastante il male di vivere. Da questo nuovo sentire comune nasce un’arte innovatrice di cui è un valido esempio l’opera di Vang Gogh, dove compaiono veri e propri ritratti psicologici.

Per tutto il Ventesimo secolo si continuerà nella indagine dei moti dell’anima e degli stati emotivi connotati da una progressiva perdita di fiducia verso i valori religiosi, sociali e politici; c’è uno scardinamento che rende visibile e dunque conscia la paura del nulla, l'artista cerca di dare ragione o sente l’urgenza di rendere consapevole di una mutata condizione l’umanità o di trovare lui stesso una sua via (salvifica).