Cara Gabriella, che bambina eri? Qual era il tuo rapporto con il mare e la sabbia?

Ero la classica pecora nera, la più piccola tra fratelli e cugini in un’epoca in cui non era più così ovvio trascorrere l’infanzia in mezzo a un branco di coetanei, e avendo chiaramente sempre da ridire con tutti, quando non si passava direttamente alle mani, venivo da questi amorevolmente appellata “mostriciattolo”, “la sezzese” (per via del fatto che ero l’unica nata in provincia di Latina invece che di Caserta) o addirittura “l’hanno calata la mammoccia” frase malauguratamente detta prima che nascessi e che tradotta dal sezzese all’italiano sarebbe più o meno “è nata la bambina?”. Quest’ultima evidentemente più articolata veniva pronunciata spesso anche dai più grandi. Insomma essendo una vittima della più antica e sana forma di nonnismo, ho passato molto del mio tempo a imparare a difendermi da una giungla di piccoli parenti, o quanto meno a cercare di capire il motivo per cui dovessi farlo, ragione per cui ho sicuramente più a che fare con la sabbia ora, di quando ero piccola. Adoro la mia famiglia anche per questo!

Il tuo percorso formativo?

Ho studiato all’Istituto d’arte di Terni, anche se la scoperta della sabbia è stata più una coincidenza, un inaspettato colpo di fulmine. Il mio insegnante delle superiori aveva intuito che il mio modo di creare, da lui definito particolarmente fresco e istintivo, si sarebbe facilmente prestato a questo tipo di animazione e in effetti già dalla prima volta è stato come se, fino a quel momento, non avessi fatto altro.

Cosa vuol dire essere una sand artist?

Vuol dire essere Gabriella Compagnone. Scherzo. Non saprei davvero però. A me è capitato di essere semplicemente me stessa. In italiano la traduzione corretta sarebbe “animatrice su sabbia” e concettualmente ciò che fa un animatore, indifferentemente dal mezzo, è appunto animare, quindi dare vita, non è molto distante da ciò che fanno tutti coloro che trasmettono qualcosa tramite il loro lavoro, dove per lavoro intendo l’attività che ti rappresenta, che ti compete, che ti permette di esprimerti al meglio alimentando te stesso e gli altri, è uno scambio continuo in cui dovresti dare e ricevi sempre e solo il meglio. Ecco, forse essere una sand artist, per me vuol dire animare, tramite la sabbia, le persone che ho davanti, dandogli il meglio che ho da offrirgli.

Come si struttura una tua performance?

Generalmente parto dal tema, che sia a piacere o “commissionato” e una volta composto lo story-board (per story-board si intende una sorta di "sceneggiatura disegnata" ovvero le sequenze disegnate in ordine cronologico delle inquadrature). Poi si passa alla scelta della musica, fondamentale per la costruzione della performance.

Cosa racconti attraverso la sabbia? E perché proprio la sabbia e non un altro elemento?

Con l’animazione in generale si può raccontare di tutto, è immaginazione pura e la sabbia a questo aggiunge la continua evoluzione (IN DIRETTA) dei soggetti. E’ il motivo per cui mi è sembrata fin da subito estremamente affine al mio modo di vedere le cose e quindi il modo migliore per esprimerle. Delle scene disegnate non resta nessuna traccia, se non nella mia memoria e in quella dello spettatore che pur non avendo “prove tangibili” di ciò che ha visto, non potrà fare a meno di conservare il ricordo dell’impatto che queste hanno avuto su di lui, e per me vale lo stesso: il fatto che ogni volta si ricominci da zero non è un limite, è anzi uno stimolo a fare sempre meglio. Questo è senza ombra di dubbio il motivo per cui l’animazione con la sabbia è, per me, al di sopra di tutte le altre forme artistiche: è specchio e metafora della vita. Per quanto proviamo a convincerci del contrario, nulla è eterno e nulla vince il tempo se non il ricordo e l’emozione. Questa è ciò in cui credo è ciò che cerco di esprimere attraverso tutti i miei disegni.

Hai avuto molte esperienze televisive, raccontacene qualcuna.

Le trasmissioni televisive sono sempre un’ottima vetrina, ti permettono di arrivare in maniera estremamente diretta a un numero importante di spettatori, e di conseguenza è sempre molto emozionante parteciparvi.

Con quali artisti hai collaborato?

Diversi, per lo più musicisti ma anche attori, prestigiatori, non riuscirei mai a elencarli tutti rendendo giustizia a ciascuno come meriterebbe!

Cosa succede d’estate al parco Oltremare di Riccione?

D’estate, al parco Oltremare di Riccione, tra pappagalli, delfini e coccodrilli, c’è una ragazza che, al buio, disegna sulla sabbia pappagalli, delfini e coccodrilli. E’ sempre bene vedere le cose da un altro punto di vista, dal mio poi non ne parliamo!

Che tipo di pubblico ti segue?

Non esistono target o categorie, direi assolutamente tutti, dal bambino di due anni a quello di 90... Chiunque crescendo conserva una briciola di infanzia e la sabbia, che tende a suscitare stupore e meraviglia, va a stuzzicare proprio quell’aspetto, facendoci tornare tutti un po’ bambini. Credo sia il motivo per cui i più piccoli sono spesso meno sorpresi degli adulti.

La musica, dopo la sabbia, ha un ruolo fondamentale nella tua arte, cosa rappresenta esattamente?

La musica viene prima di tutto, credo sia l’unico modo possibile per scandire il tempo, sia nella vita che in scena.

Un commento di un tuo fan che ti è rimasto impresso?

Tutti, soprattutto per il senso di gratitudine che mi trasmettono e che è assolutamente reciproco.

Si dice spesso che i castelli di sabbia siano strutture difficili da costruire, belle da ammirare, ma poco resistenti, una sorta di sogni irraggiungibili, anche tu fai castelli di sabbia, in senso metaforico?

Io speravo di fare esattamente il contrario! Il lavoro che c’è dietro è funzionale alla costruzione tecnica dello spettacolo, non so dire se sia facile o difficile, a patto che ci sia una distinzione netta tra le due cose. Al limite c’è a chi viene più naturale e a chi meno. Per il resto credo che non esistano sogni irraggiungibili, esistono i sogni, la voglia di realizzarli, la forza di insistere davanti alle difficoltà. Così facendo credo sia improbabile creare qualcosa di poco resistente.

“Sotto la sabbia è sepolto il mistero della vita, fra le dune c’è il canto dell’universo. Chi non sa ascoltare, chi non sa immaginare è lontano dalla verità.” (Romano Battaglia, Sabbia, 2007). Cosa ne pensi?
Sono completamente d’accordo: tutto ciò che facciamo in qualunque ambito e in qualunque momento dovrebbe essere permeato dalla Verità nel senso più profondo del termine. Verità per me vuol dire vedere le cose come sono e non come crediamo che siano e per farlo è necessario essere sinceri con noi stessi: l’onestà intellettuale è alla base di tutto, se mentiamo a noi stessi mentiamo agli altri e la menzogna è terreno sterile. Sempre. Senza considerare che sotto alla “mia” sabbia c’è la fonte luminosa senza la quale non si vedrebbero i disegni (le animazioni con la sabbia vengono fatte su una lavagna luminosa), metafora ancora più appropriata per esprimere la natura umana: la luce è nel profondo di ognuno di noi, basta cercarla e portarla a galla, così come, nel mio caso specifico, senza luce non avrebbero senso la costruzione dello story-board, la scelta delle musica né tanto meno la sabbia.

Per maggiori informazioni:
www.gabriellacompagnone.it