In piena epoca Selfie di proliferazione bulimica di visi, Gianfranco Cresciani fa un “bell’azzardo”: ritrae su tela.

Volti e nudi femminili invertono la dialettica dello sguardo e paiono osservarci prima di concederci di essere guardati. Non sono banalmente nudi, sono messi a nudo, rivelati. Chi si fa ritrarre scopre un altro sé, incontra un’identità più profonda, autentica e svelativa di quella che lo specchio o mille scatti dilettanteschi possono fuggevolmente restituire.

Forse perché, come insegnavano già i filosofi antichi e la psicanalisi moderna, per dire il vero su di sé c’è bisogno dell’altro. Non c’è imitazione di tratti nel lavoro di Cresciani, ma ascolto retinico: uno zigomo, le nocche delle mani, il rilievo delicato di un seno, il taglio degli occhi, l’ansa di un fianco si fanno sortilegi di sensualità e indizio di tensione esistenziale, narrazione, paesaggio: quello che non ha abbandonato davvero mai sin dai suoi esordi di timbro astrattista geometrico.

C’è mira, messa a fuoco, e spoliazione gentile ma radicale di ogni superfluità, di ogni maschera indossata per affrontare i nostri ruoli sul palcoscenico del mondo. Davanti al pittore un volto ritorna a sé, diventa quello che è, corpo e anima.

Mostra curata dalla Prof.ssa Cristina Muccioli.