La Camera. Sulla materialità della fotografia è il terzo episodio di un progetto espositivo più ampio, a cura di Simone Menegoi, che indaga il rapporto fra scultura e fotografia, il cui titolo com-plessivo è The Camera’s Blind Spot. I primi due episodi del progetto (The Camera’s Blind Spot I e II) hanno avuto luogo rispettivamente al MAN - Museo d’Arte della Provincia di Nuoro (2013) e ad Extra City Kunsthal di Anversa (2015).

La mostra La Camera. Sulla materialità della fotografia, realizzata in collaborazione con Banca di Bologna, inaugurerà venerdì 29 gennaio alle 18.30 presso Palazzo de’ Toschi (piazza Minghetti 4D) a Bologna, e sarà aperta al pubblico fino al 28 febbraio 2016. Presenterà opere di un folto gruppo di artisti internazionali: Dove Allouche, Paul Caffell, Elia Cantori, Attila Csörgő, Linda Fregni Nagler, Paolo Gioli, Franco Guerzoni, Raphael Hefti, Marie Lund, Ives Maes, Justin Matherly, Lisa Oppenheim, Johan Österholm, Anna Lena Radlmeier, Evariste Richer, Fabio Sandri, Simon Starling, Luca Trevisani, Carlos Vela-Prado.

La mostra è uno degli appuntamenti espositivi della 4° edizione di Art City Bologna, iniziativa promossa dal Comune di Bologna e da Bologna Fiere per affiancare all’annuale edizione di Arte Fiera un programma di mostre ed eventi culturali di alto profilo, istituendo così un collegamento tra il grande evento fieristico e il tessuto culturale della città.

Le mostre sul rapporto scultura-fotografia si fermano spesso a una concezione “classica” di esso, secondo la quale la fotografia documenta e rivisita opere tridimensionali già esistenti. Una formula che è nata con la fotografia stessa, e ha conosciuto una straordinaria svolta creativa quando sculto-ri come Medardo Rosso e Costantin Brancusi, fra la fine del XIX e il principio del XX secolo, im-bracciarono la macchina fotografica e incominciarono a fotografare le loro stesse opere in condi-zioni mutevoli di luce e di spazio. Il ciclo The Camera’s Blind Spot ambisce non solo a documentare i più recenti sviluppi di questa tendenza, ma anche a dar conto di altre possibilità, non meno impor-tanti; in primo luogo, quella che vede la materialità dell’immagine fotografica spingersi a tal punto da trasformare quest’ultima in oggetto. Una sfida a ciò che costituisce sin dal principio il “blind spot” della tecnica fotografica, il suo limite: l’impossibilità di rendere un oggetto tridimensionale su una su-perficie piana.

Il terzo episodio della serie, intitolato La Camera. Sulla materialità della fotografia sposta il bari-centro della ricerca verso il medium fotografico. All’interno di un contenitore espositivo costruito dentro la sala maggiore di Palazzo De’ Toschi (la “camera” del titolo; ma naturalmente c’è un gioco di parole con il senso della parola in inglese, ovvero “macchina fotografica”) saranno presentate opere realizzate con le tecniche fotosensibili più insolite e rare fra quelle attualmente in uso oggi presso artisti visivi e fotografi: dai dagherrotipi di Evariste Richer alle stampe al platino di Paul Caf-fell, dalle scansioni fotografiche sferiche di Attila Csörgő ai “monotipi a getto d’inchiostro” di Ju-stin Matherly.

Una rassegna di eccentricità, arcaismi, hapax legomena fotografici il cui scopo è quello di spiazzare le aspettative comuni dello spettatore rispetto alla fotografia, e di fargli sperimen-tare di nuovo, almeno per un istante, la meraviglia del suo avo ottocentesco di fronte a un’invenzione che ha rivoluzionato la cultura visiva e il rapporto stesso con la realtà. Non è una sfi-da al digitale (le tecniche digitali, del resto, dalla scansione alla stampa 3D, sono alla base di alcune delle opere in mostra) quanto alla sua egemonia assoluta; all’idea che, dopo l’avvento della ripresa digitale, ogni altra tecnica fotografica sia diventata obsoleta, e non possa che essere abbandonata.

Infine, la scultura. L’altro protagonista del progetto The Camera’s Blind Spot non è assente dal terzo episodio della serie. Riemerge nei soggetti: le sculture romane fotografate da Paolo Gioli con un procedimento di sua invenzione, che comprende una pellicola fosforescente, oppure le stalattiti e stalagmiti, vere e proprie sculture naturali, fissate su vetro da Dove Allouche con la tecnica otto-centesca dell’ambrotipia.

Più spesso, la scultura si ripropone nella presenza fisica di opere basate su tecniche fotografiche, e che tuttavia si stenta a chiamare “fotografie”: ad esempio, la Structure for Moon Plates and Moon Shards (2015) di Johan Österholm, una costruzione realizzata con i ve-tri di una vecchia serra per fiori, spalmati di emulsione fotosensibile e poi esposti alla luce della luna. In tempi di smaterializzazione dell’immagine fotografica, i singolari “oggetti fotografici” in mostra si propongono come sculture vere e proprie.

Banca di Bologna, partner della mostra, è una realtà molto legata al territorio bolognese, alla città di Bologna e ai centri della provincia. Le sue numerose iniziative contemplano gli interventi per la riqualificazione e il restauro di piazza Galvani, per i restauri dell'Oratorio dei Fiorentini e delle porte monumentali di Bologna, per il recupero e la riqualificazione di piazza Minghetti, per la ristrutturazio-ne di Palazzo de' Toschi. A questi si aggiungono i lavori per il restauro della Basilica di San Petronio e per il restauro della Cappella dell'Arcangelo Michele, con il noto affresco di Calvart. La Banca ha recentemente organizzato conferenze dedicate al tema “arte e cibo” in occasione di Expo 2015, proponendo un excursus sulla presenza del tema dell'alimentazione nelle opere d'arte attraverso i secoli, curate da eminenti studiose e critici.

Di recente Banca di Bologna ha organizzato una mostra fotografica in collaborazione con Collezioni Alinari: L'industria bolognese, un DNA riconosciuto, con immagini in gran parte inedite. Le attività proseguiranno nel 2016 a partire dalla mostra LA CAME-RA. Sulla materialità della fotografia organizzata a Palazzo de' Toschi in occasione di Arte Fiera 2016.