Anticonformista, affamato di cultura, genio versatile e innovatore della fotografia e sempre attento all’umanità che gli sta intorno, William Klein, newyorkese, classe 1928 è protagonista a Milano a Palazzo della Ragione Fotografia fino all’11 settembre con la mostra dal titolo: William Klein. Il mondo a modo suo.

L’esposizione raccoglie più di 150 opere originali, tutte provenienti dall’archivio personale del fotografo, nuove installazioni concepite per lo spazio milanese, estratti dei suoi filmati e una selezione di pellicole che ha diretto. Ma come si può definire William Klein? Per la curatrice Alessandra Mauro, l’artista americano è “fotografo, pittore, artista, grafico, cineasta, scrittore: William Klein ha frequentato ogni forma espressiva; nessuno come lui sfugge a una definizione univoca. Questa mostra rappresenta un viaggio nel suo mondo seguendo il suo sguardo sempre nuovo, colorato, veloce e controcorrente”.

Il percorso muove dai lavori astratti di pittura hard-edge alla sua attività di artista sperimentale a Milano. Segue il racconto visivo della sua New York , Roma e ancora Tokyo e Mosca, Parigi e la Moda per arrivare alla commistione di fotografia e pittura e alla sala dedicata ai film. Alessandra Mauro, già Direttore artistico di Forma, Fondazione Internazionale per la Fotografia di Milano e responsabile del programma espositivo dal 2005 ha curato questa grande retrospettiva.

Qual è il valore dell'arte di William Klein?

Ha sempre cercato di rompere le barriere e di avere comunque un atteggiamento creativo in genere. Secondo me, non si è mai domandato se voleva fare il fotografo o il pittore o il designer e non ha cercato un ruolo in un campo specifico. Invece ha cercato di dare forma a dei suoi desideri e penso sia stata questa la cosa più importante e credo che sia una lezione per tanti che lavorano adesso. In fondo vorrei che della mostra si capisse come tutto quanto sia molto collegato. E come, dai primi lavori di grafica e di pittura, si arrivi alla fotografia e poi si ritorni ancora la pittura.

Qual è stato l’apporto di Klein per questa esposizione?

Klein ha accettato la struttura in tutto e per tutto e ha preteso ovviamente di riempire di più lo spazio. Io forse avrei fatto una mostra più rarefatta ma lui l'ha voluta più piena, le foto in vinile sono quelle che si erano pensate insieme mentre, nella parte di Roma e di New York, ha voluto più immagini. Io invece di otto ne avrei messe soltanto tre o quattro. A lui piace questo senso di riempimento e di avere anche il visitatore frastornato da tutti questi vinili. E, da un certo punto di vista riguardando la mostra, ha ragione. L'idea è lo spettatore al centro della città, come fosse sempre in mezzo una piazza, che sia Times Square o la Piazza Rossa, ma sempre all'interno di un vortice con tutti gli stimoli che arrivano dal mondo e questo vortice non si può creare se ci sono poche foto.

Perché Milano è così determinante per l’artista americano?

Milano è stata fondamentale per l’arte di Klein. L'Italia è un paese d'eccezione che Klein adora. Roma poi è stata una constatazione e una conferma per la sua fotografia, ma proprio a Milano ha iniziato con la sua prima mostra da pittore. Prima con il regista Giorgio Strehler nel foyer del Piccolo Teatro. Poi con Gino Ghiringhelli alla Galleria Il Milione. E dalla sua collaborazione con l’architetto Angelo Mangiarotti nascono le opere cinetiche che si potevano integrare con l'architettura, quindi un tipo di arte e di lavoro creativo che doveva servire all'habitat. Quando ha avuto bisogno di documentare queste sue opere cinetiche, ha preso una macchina fotografica e ha cominciato a domandarsi come si faceva a fermare il movimento e così le sue prime foto vere sono nate semplicemente fotografando le sue opere. Quindi Milano è fondamentale perché è la città dove ha presentato la sua prima mostra di pittura e dove, per la prima volta, ha preso la macchina fotografica in mano.

Una mostra esaustiva e completa. A posteriori cambierebbe qualcosa nell’allestimento?

Forse avrei voluto mettere più immagini vintage. Certo, tutte le fotografie che ci sono vengono dal suo archivio. Però... Ecco… delle volte ci sono delle immagini vintage che hanno il gusto e il valore del documento e che possono stare benissimo accanto alle altre. Per esempio le prime foto dove ci sono i vintage di Klein insieme a sua moglie a Milano, sono piccole fotografie molto belle. E forse avrei voluto mettere magari più foto sue personali, della sua vita e dei suoi incontri, ma per lui sarebbe stata una celebrazione eccessiva e non avrebbe voluto. William Klein non è assolutamente una persona autocelebrativa e soprattutto ha molta voglia di andare avanti. La cosa incredibile è che io ho visto poche persone così attente e così curiose della gente come lui. Quando lo si conosce, si capiscono anche le sue foto e la sua necessità di andare così vicino alle persone. Oggi Klein ha quasi 90 anni e fa fatica a muoversi ma, arrivato a Milano, è andato in giro per la città ed era felice. Si è messo a parlare con un tipo all'angolo della strada che cantava per raccogliere due soldi e gli ha chiesto delle sue canzoni ed è stato lì ad ascoltarle. Klein ha una straordinaria voglia di continuare a essere all'interno di un flusso che è poi quello che si vede nelle sue fotografie.