Circa duecento fotografie sono il nucleo forte di Picasso images. Le opere, l’artista, il personaggio. La mostra delinea in modo inedito non solo il percorso di un artista eccezionale, ma anche il ritratto più intimo di un uomo che ha saputo costruire la propria fama mondiale. La ricca selezione di immagini è accompagnata da una significativa scelta di opere grafiche, sculture e dipinti provenienti dal Musée national Picasso-Paris che ne inquadrano l’evoluzione artistica.

La rassegna, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è ideata da Electa in collaborazione con il Musée national Picasso-Paris ed è organizzata con Zètema Progetto Cultura.

Curata da Violette Andres e Anne de Mondenard, l’esposizione è ospitata dal Museo dell’Ara Pacis di Roma dal 14 ottobre 2016 al 19 febbraio 2017.

Le tre sezioni che articolano il percorso espositivo intendono indagare i diversi collegamenti che il più grande artista del XX secolo stabilì con la fotografia: dai primi tentativi di utilizzo del medium quale strumento di indagine approfondita del mondo circostante, di ausilio per la sua opera e di testimonianza dello stato d’avanzamento delle sue creazioni, alle fruttuose collaborazioni artistiche con fotografi d’avanguardia, tra cui Brassaï e Dora Maar, poi sua compagna. L’ultima sezione, infine, racconta la maturità artistica di Picasso quando, dal dopoguerra in poi, coltiverà personalmente la propria immagine d’artista diffusa dalla stampa illustrata che contribuirà a renderlo personaggio di grande popolarità alimentandone il mito.

La mostra, accompagnata dal catalogo edito da Electa, si basa sul ricco fondo di fotografie del Musée national Picasso-Paris, costituito dagli archivi dell’artista stesso e dalla documentazione e acquisizioni del museo.

Il Musée national Picasso di Parigi è felice di collaborare con il Museo dell’Ara Pacis e con la casa editrice Mondadori Electa per l’esposizione “Picasso en images: le opere, l’artista, il personaggio” dedicata ai rapporti che questo fondamentale artista del XX secolo ha intessuto per tutta la vita con la fotografia.Il progetto si basa sulla ricchezza del fondo fotografico del Musée Picasso.

Il percorso proposto si articola in tre parti e propone 176 stampe fotografiche databili dal 1901 al 1971 oltre a una trentina di dipinti, sculture, disegni e riproduzioni dell’artista.

Nel periodo che va dal 1901 al 1921 Picasso scopre la fotografia e inizia a sperimentarla: si misura con la ripresa, si mette in scena, per lo più nell’atelier accanto alle sue tele, analizzando alcune immagini per tradurle in pittura.

Tra il 1932 e il 1962 Picasso, artista riconosciuto, abbandona l’apparecchio fotografico. Nel 1932 incontra Brassaï, in occasione della pubblicazione delle sue sculture sulla rivista “Minotaure”. Dora Maar, la sua nuova compagna, entra in scena nel 1936 e documenta la genesi di Guernica. Nel 1954 prende sotto la sua ala il giovane André Villers che a partire da sagome ritagliate da Picasso crea fotogrammi e sovrimpressioni, in parte pubblicati nel volume Diurnes (1962) con poesie di Jacques Prévert.

Dopo la seconda guerra mondiale Picasso coltiva la propria immagine di artista moderno attraverso la stampa illustrata, che conosce uno sviluppo senza precedenti. Non è solo un modello per fotografi come Robert Capa, Henri Cartier- Bresson, Lucien Clergue, David Douglas Duncan, Robert Doisneau, Edward Quinn, che con le loro immagini alimentano le pagine delle riviste, ma è anche il protagonista di scatti in cui mette in scena una forma di intimità. Picasso costruisce la propria aura anche attraverso tutte queste immagini.

Confidiamo che l’esposizione sia l’occasione per riscoprire il genio creativo di Pablo Picasso attraverso la polisemia delle immagini che hanno segnato tanto la sua vita quanto la sua opera.

Il Musée national Picasso-Paris vuole anche ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto e in particolare il Museo dell’Ara Pacis e Mondadori Electa, oltre al Comune di Roma per il suo sostegno. Ospitare all’Ara Pacis una mostra fotografica su Picasso significa offrire un contributo a quel complesso lavoro di intarsio finalizzato a conoscere più da vicino la magica sintesi dell’uomo e dell’artista, quel ricchissimo insieme, quell’opera immensa di uno dei più grandi protagonisti di tutti i tempi. Uno fra i pochissimi artisti ad aver raggiunto, in vita, quella popolarità straordinaria assai prossima a sconfinare nel mito.

Spugna vivissima sempre pronta ad assorbire i mille rivoli delle influenze artistiche di quel fiume in piena del suo tempo, e farle proprie, Picasso filtra ogni nuova tendenza al setaccio della sua anima impetuosa, perennemente tormentata dal dubbio che lo spinge a quella continua, appassionata ricerca che lo accompagnerà sempre. Sperimentazioni instancabili per esprimere ciò che la scansione indagatrice del suo sguardo riusciva a cogliere.

Con la fotografia Picasso stabilisce, già dai primi anni del Novecento, un legame solido: se ne appropria e la usa, consapevole della capacità straordinaria di questo mezzo per fissare la subitanea visione di un’idea e poterla poi contemplare, nell’immagine catturata, e risalire, attraverso di essa, all’impulso originario che l’aveva generata. Rientrare in essa per altre vie e rielaborarla oltre il reale perché, come egli stesso afferma, “l’arte è la menzogna che ci permette di conoscere la verità”.

Per arrivare alla quale il maestro non si limita, con la fotografia, alla semplice osservazione riflessiva ma interviene, materialmente, sull’immagine impressa. Manipolando negativi o stampe per realizzare nuove soluzioni visive, inaspettate misture di visioni appartenenti a frammenti diversi di tempo.

Tecniche e materiali differenti, incisioni, sovrapposizioni, collages, cliché verres assiemati da un infinito, indomabile, estro creativo. Con la forza dirompente della spontaneità di un bambino. Perché “Ogni bambino è un artista. Il problema è poi come rimanere un artista quando si cresce”. Picasso riuscì a rimanere un bambino. Fino alla fine.

Fin dal secondo soggiorno parigino, nel 1901, Picasso si fa fotografare per esibire pubblicamente il suo status: quello di pittore circondato dalle sue tele e dai suoi amici. Intorno al 1908 acquista un apparecchio a lastre di vetro che porta con sé a Horta de Sant Joan (Spagna) nel 1909. Come un buon fotografo dilettante, Picasso immortala il borgo e i suoi abitanti. Le vedute delle case e dei tetti, ridotti a incastri di forme, evocano le sue prime esposizioni cubiste. L’apparecchio gli serve soprattutto per riprodurre le proprie opere e mostrarne il progredire ai collezionisti. Di ritorno a Parigi Picasso riprende a fotografare gli amici nell’atelier ma a volte ricorre all’aiuto di terzi per eseguire lo scatto, così da presentarsi davanti alle sue tele come desidera, vale a dire da protagonista dell’arte moderna.

Nel 1917 l’incontro con Olga, che possiede una macchina fotografica, lo spinge di nuovo a fotografare, realizzando ritratti più intimi.

Brassaï, fotografo di origine ungherese stabilitosi a Parigi, incontra Picasso nel 1932 quando la rivista “Minotaure” lo incarica di fotografare le sue sculture, semisconosciute all’interno dell’opera del maestro spagnolo. Brassaï, che si è fatto notare per le sue immagini notturne di Parigi, si reca negli atelier di Boisgeloup e di rue de La Boétie. Ispirato da Picasso, nel 1934-1935 dà il via a una serie intitolata Transmutations: utilizza negativi già esposti che raffigurano dei nudi femminili, per grattarli come delle incisioni. Brassaï fissa poi le diverse fasi attraverso le stampe che talvolta ritocca di bianco. Nel 1939 il fotografo incontra nuovamente Picasso nell’atelier di rue des Grands-Augustins per realizzare un servizio destinato alla rivista “Life”. Lo ritroverà ancora nel 1943, in occasione della pubblicazione di un libro sulle sue sculture. Con Brassaï, che gli resterà vicino fino alla sua morte, Picasso intrattiene una vera e propria relazione, basata su un fiducioso scambio creativo.

Dora Maar (1907-1997), Fotografa professionista dal 1931, quando nel 1935 incontra Pablo Picasso Dora Maar è un’artista impegnata nel movimento surrealista. I due diventano amanti: la loro vicinanza è testimoniata tra l’altro da diverse serie di ritratti incrociati. Nasce anche una collaborazione artistica che riguarda la creazione di Guernica, di cui Dora Maar documenterà le diverse fasi nel maggio-giugno 1937 per individuarne meglio la metamorfosi. È probabilmente la prima volta che la fotografia entra in maniera premeditata nel processo creativo di un pittore. Fino al 1943 Dora Maar è anche la musa e modella di Picasso, che ne fa l’archetipo di La femme qui pleure. La loro collaborazione prosegue con la realizzazione di una serie di fotografie che traggono origine dalle lastre di vetro dipinte e grattate da Picasso, stampate a contatto da Dora Maar. Anche qui a essere rappresentato è il volto della musa del pittore.

André Villers (1930-2016), apprendista fotografo di 22 anni, incontra il “genio dell’arte moderna” nel 1953 a Vallauris, cittadina di vasai nel Sud della Francia dove Picasso si è stabilito da sei anni. Il maestro spagnolo prende il giovane sotto la sua protezione e lo invita a scattare delle foto nel suo atelier. L’anno seguente nascerà una forma di creazione a quattro mani a partire da un découpage di Picasso che Villers reinterpreta attraverso la tecnica del fotogramma: un oggetto viene posato su carta fotosensibile impressionata con infinite varianti in funzione della durata di esposizione alla luce o della trasparenza dell’oggetto in questione. La danza poetica di questo insolito duo, tra il découpage dell’uno e le interpretazioni fotografiche dell’altro, prosegue per diversi anni per sfociare nel 1962 nella pubblicazione della raccolta Diurnes con testi poetici di Jacques Prévert.

Dopo la Seconda guerra mondiale, Picasso forgia la propria immagine di artista del XX secolo accettando di posare a più riprese per riviste internazionali come “Life” o “Paris Match”, che conoscono una diffusione senza precedenti. Picasso è un modello apparentemente docile per fotografi spesso illustri ma molto diversi tra loro, come il reporter Robert Capa, lo scienziato Gjon Mili, l’illustratore Robert Doisneau, i ritrattisti Herbert List, Arnold Newman o Bill Brandt. È soprattutto il protagonista di inquadrature dove sceglie personalmente la posa, mette in scena la propria sfera privata, si mostra a torso nudo o addirittura coinvolge i fotografi nella sua passione per la tauromachia. Alcuni di loro lo incontrano per un’unica seduta, altri come André Villers, Lucien Clergue, David Douglas Duncan, Roberto Otero, lo frequentano per diversi anni. Questi ultimi prediligono le immagini intime, che si trasformano in altrettanti pegni di amicizia. Picasso, da parte sua, pur apparendo come un uomo comune, costruisce la sua aura di artista senza pari.

Il Musèe National Picasso-Paris, Inaugurato nel 1985, conserva la più ricca collezione al mondo di opere di Pablo Picasso.

Ha sede nel cuore di Parigi, nel quartiere del Marais, presso l’hôtel Salé, costruito tra il 1656 e il 1660. Dal 1968 è vincolato in quanto monumento storico.

La collezione del Musée national Picasso-Paris è il risultato di due momenti, successivamente autorizzati allo Stato francese dagli eredi di Pablo Picasso nel 1979, poi da quelli di Jacqueline Picasso nel 1990. È stata completata dalle donazioni della collezione privata e degli archivi di Picasso.

Attraversando tutti i periodi e tutti gli ambiti della creazione di Picasso, la collezione permette di seguire l’intero processo creativo dell’artista, attraverso schizzi, studi, bozzetti, carnet di disegni, incisioni, fotografie, libri illustrati, film…

Il concetto di « moviment1», contrazione delle parole «movimento» e « monumenti » definisce il nuovo progetto culturale del museo, che intende offrire al visitatore una programmazione dinamica con lo scopo di render conto della ricchezza dell’opera di Picasso, così come della diversità della collezione e della sua storia. 1 Francis Ponge, L’Ecrit Beaubourg, 1979.