Raffaella Maron nasce a Torino, il 7 agosto 1971. La somma dei numeri della sua data di nascita è 33. I numeri non sono solo numeri. Ha vissuto a Torino sino all'età di trent'anni. Si trasferisce in Liguria nel 2002 dopo la morte di sua nonna. I suoi genitori si separarono quando aveva poco più di due anni. Sua madre, infermiera, lavorava la notte, dunque cresce con i nonni. "Di mio padre... una ferita che non si rimarginerà mai. Un rapporto fatto e subito disfatto. Un segno inciso, graffiato sulla pelle e nel profondo, un marchio a fuoco. Nei giorni di vacanza d'estate con mia madre sul terrazzo della casa che prendevamo in affitto al mare, la sera la passavamo a guardare le stelle... e a volte accadeva che qualche stella cambiasse direzione all'improvviso. Ricordo questi momenti speciali con mia madre" racconta commossa Raffaella.

"Tutto il senso del mio cammino futuro dipese dalla morte di mio padre. Perché mai nessun uomo mi ha dato tanto abbandono, sofferenza, mancanza e morte" si confessa Raffaella con una lucidità surreale che fa trasparire un lungo, lunghissimo tempo di 'decantazione', un residuo intenso di cupo dolore. Raffaella cresce, con mutismo selettivo, non parla con nessuno, scrive, quaderni pieni di segni, simboli. Un alfabeto, tutto suo. Così ha inizio il suo cammino verso quello che poi sarebbe diventato il suo mondo artistico. E che l'aiutò, in seguito, a ricordare la verità sul perché, smise di parlare e cominciò a disegnare.

Un amico di famiglia dipingeva e questo l'ha spinta a inoltrarsi nei meandri dell'arte visiva. Aveva appena quattordici anni. Non amava dipingere. Non le interessava rappresentare la realtà così come la vedevano i suoi occhi. La prima volta che sulla tela Raffaella si espresse a simboli, le dissero: "Questa non è arte". Ecco. Esattamente. La sua non era arte, era l'espressione del silenzio. Era una questione tra Raffaella e l'Universo. Quella non era certo arte. La sua formazione cominciò così. Iniziò a dipingere e a creare sculture di piccole dimensioni da autodidatta. Dopo il diploma, inizia a esporre nei circoli artistici della sua città. Così per diciassette anni. Quando mancò sua nonna, la sua guida, Raffaella Maron decise di trasferirsi in Liguria. A una mostra conobbe il dott. Pierluigi Luise, curatore d'arte e collezionista. Subito le commissionò un lavoro. Si appassionò alla sua arte, e la seguì con attenzione in quello che oggi è il suo ambito artistico. È lui la scintilla che ha dato il via al suo cammino intrapreso nel mondo dell'arte.

Raffaella Maron racconta di sé: "Non so chi sono perché non ho memoria di ciò che sono. In ciò che faccio scompongo e ricompongo. I simboli sono simili ma non uguali. Ciò che cerco di ricomporre creando è il mio puzzle. Simboli visti in un contesto, e dimenticati. Sto semplicemente cercando di ricordare e 'camuffo' questa mia ricerca nell'arte. Ergo io non faccio arte, non sono un'artista. Sono una persona che ha vaghi ricordi di un letto caldo dal quale veniva prelevata, avvolta in una coperta e in braccio a un uomo, portata fuori, per strada, di notte".

Le sue ricerche le hanno fatto conoscere persone che indagano da anni su questioni di cui in pochi parlano. Alcune delle persone molto care a Raffaella studiano questioni riguardanti confraternite e antichi simboli. Una in particolare l'ha aiutata a comprendere e ricordare. Fa ricerche sempre più intense sui grimori, libri scritti in gran parte tra la fine del Medioevo e l'inizio del XVIII secolo che contengono soprattutto corrispondenze astrologiche, liste di angeli e demoni, istruzioni per creare incantesimi, preparare medicine e pozioni, invocare entità soprannaturali e fabbricare talismani. Fuoco, terra, acqua, cielo, sole e luna si incontrano attraverso forme e simboli per esaltare il più antico legame che essi hanno non solo con il mondo, ma con l’immenso e complesso universo. Raffaella dunque ci inebria mediante la magia della filosofia estetica dove il simbolo diviene, nella sua ineffabile bellezza, principio armonico e unitario di tutte le cose terrene ed extraterrene, passate, presenti e future. Attraverso il suo linguaggio criptico e la risoluzione formale lei dona alle sue opere un’essenzialità rigorosa e magnetica. Un ricco sottobosco che per Raffaella apre le porte di un'ispirazione sempre più definita.

Dunque lei ''richiama e si avvicina'' non è che riproduce esattamente, lei traduce in un linguaggio sottile pensieri, emozioni e ricordi che salgono in superficie gorgogliando da un profondo apparentemente dimenticato. Il ricordo delle persone che la portavano via e basta, il resto, la sua mente lo ha rimosso o è stato fatto in modo, che non ricordasse ma la sua mente ha, a dispetto di tutto, ''incamerato'', per cui, attraverso l'arte, cerca e scava nel ricordo. Un testimonianza contratta e tangibile di raffinata bellezza interiore che, nonostante tutto, riaffiora prepotente. "Ecco perché vedono magia nelle mie opere. L'arte mi ha salvata. Sempre".