Assai apprezzato dalla critica d'arte specializzata per la sua figurazione legata alla tradizione accademica e per il suo stilema di matrice espressionista, Daniele Bongiovanni oggi lavora principalmente tra l'Italia, la Svizzera e gli Stati Uniti. Scopriamo questo artista siciliano.

Come nasce la passione per la pittura in un bambino?

Parlare solo di passione non è del tutto esatto anche per quanto riguarda la tenera età e la fase adolescenziale. Nella maggior parte dei casi ciò che porta un bambino a praticare con determinazione il mezzo artistico è qualcosa di più consistente: l’indole. Ovviamente parlo di bambini e ragazzi con una vera propensione verso questo mondo. È noto che molti soggetti nella fase di crescita sviluppino un’inclinazione, quel qualcosa che gli farà comprendere quale sarà il loro campo d’azione futuro; il campo può essere quello scientifico, quello artistico, ecc. Quando si parla di talento il bambino “dotato” mostra subito delle qualità indiscutibili, che successivamente con molta volontà affinerà. Poi è giusto precisare che può accadere che un qualcosa di molto visibile in tenera età, muti, si arresti, oppure si annulli del tutto. Per fare un esempio, chi è bravo in matematica nel susseguirsi delle scuole dell’obbligo, non necessariamente diventerà un matematico, come chi è bravo nel disegno nella stessa fase di età, non necessariamente diventerà un pittore. Bisogna sempre vedere quanto tempo e quali studi il soggetto investirà sul proprio talento.

Quanto contano rispettivamente il talento, lo studio, la tecnica, l'intuizione e l'intraprendenza?

Come accennavo prima il talento è fondamentale, se è vero, lo considero come un terreno fertile, dove coltivare sistematicamente gli studi e i doni dell’esperienza. È ovvio che il talento da solo non basti per raggiungere l’obbiettivo, per fare questo si necessita di studi approfonditi per far sì che l’individuo diventi realmente professionista. Non si può distaccare il genio dalla didattica, in quanto è un qualcosa di fondamentale, che serve sia per conoscere le tecniche, sia per conoscere a fondo il sistema e la storia dello stesso. Per quanto riguarda l’intraprendenza, è anche vero che bisogna sapersi muovere, per far sì che ciò che viene pensato e creato, possa radicarsi in un circuito articolato; bisogna conoscere e allinearsi ai mezzi che contribuiranno alla resa di quelle cose: progetti e idee che non possono emergere senza il totale controllo della situazione. Concludo dicendo che i tre fenomeni quali: talento, studio e intraprendenza, sono legati e non possono fare a meno l’uno dell’altro.

A cosa si rinuncia per dedicarsi all'arte?

Non credo che bisogni rinunciare a qualcosa per intraprendere un percorso così, per quanto riguarda il tempo che è la cosa che viene sempre a mancare, basta organizzarsi, così da non perdere niente. Ovviamente il mestiere dell’artista comporta molti impegni, sia per quanto riguarda il lavoro in studio, sia per quanto riguarda la gestazione dei progetti, che inevitabilmente necessitano di molta attenzione. Valutando il fatto che il lavoro dell’artista è anche quello di presenziare, essere mente ampiamente operativa negli eventi che lo riguardano. Cercando di essere analitici, l’unica cosa a cui si rinuncia parzialmente, è la quotidianità più informale, quelle situazioni leggere che paradossalmente diventano anche fondamentali, perché impreziosiscono la percezione. Oltre alla teoria e alla storia dell’arte, è il quotidiano che influenza l’artista durante la creazione di una sua opera.

Cosa rappresenta Kokoschka per te?

Kokoschka è stato un pittore accademico con un grande senso della tradizione pittorica e allo stesso tempo un ricercatore concentrato sull’innovazione. Lui è per me un punto di riferimento, non parlo necessariamente di stile, parlo di punto di vista sulla materia. Lui come autore è stato artefice di un espressionismo quasi alternativo, per questo motivo mi ha fatto intendere che la pittura figurativa, anche di maniera, legata a una corrente storica, può diventare base solida per una proficua ricerca personale. Una volta unite, pittura classica e pittura prettamente moderna, si raggiunge un risultato estetico per me perfetto. Ovviamente sono tanti gli artisti che per me hanno lo stesso valore di Kokoschka; ma lui essendo stato anche oggetto dei miei studi accademici, è diventato parte integrante di quella che è la mia visione. Non tralasciando il fatto che una delle sue opere, la famosa: La sposa nel vento è uno dei più grandi capolavori della storia dell’arte.

Cosa raccontano i tuoi quadri?

Io penso che qualsiasi opera d’arte viva di una narrativa e di un significato intrinseco. Il quadro non deve necessariamente avere una scena, una storia come soggetto, per raccontare un qualcosa di concreto. Diciamo che ci sono alcuni miei lavori che puntano molto sull’impatto, sull’espressione. Molte mie opere tengono dentro delle teorie che sono ravvisabili non solo nella figura ma anche nella totalità della pigmentazione, nella texture che elaboro e nei colori che stratifico.

Quanto contano i giusti contatti, galleristi, critici, ecc.?

Le gallerie sono il sistema per cui l’artista lavora, poi è normale che quando ci si addentri in un sistema si trovino delle figure professionali, come il curatore ecc., sono ruoli che s’incatenano. È ovvio che un artista professionista elabori e diffonda i propri contenuti anche attraverso altre figure, operatori che si stratificano, si assemblino l’uno con l’altro per la resa di determinati progetti. L’importante è affidare la propria poetica a gente veramente competente, eliminando il concetto d’improvvisazione, che alla fine risulta inesistente e si annulla grazie ad una selezione naturale.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Posso affermare che non si lavora sempre d’ispirazione, per creare bisogna anche elaborare i contenuti, non bisogna sempre attendere che qualcosa arrivi dal nulla. Ci sono delle mie opere che hanno un significato abbastanza asciutto, mentre ci sono opere che raccontano delle tematiche molto profonde e calde, dettate dal sentimento e dalle esperienze personali. Poi c’è il pensiero laterale e tutte quelle tematiche che provengono da storici teoremi. Sintetizzo dicendo che il mio lavoro nella maggior parte dei casi nasce con un ritmo armonioso, fluido, che poi diventa necessariamente sistematico.

Se dovessi fare un quadro della tua vita ora, cosa raffigurerebbe?

Solitamente quando voglio ritrarre la vita, la realtà di qualcuno, tento sempre di restringere tutta la sua storia, il suo vissuto, nello schema infinito di un ritratto. Un ritratto, l’analisi meticolosa di un volto, non fa emergere solo il punto estetico, ma è in grado d’immortalare perfettamente il trascorso, il presente e il futuro. Per questo credo che basterebbe farmi un autoritratto, per portare alla luce quello che io oggi vivo e sono.

La musica ti stimola a dipingere?

Ho un grande rapporto con la musica, ma non è necessariamente collegato al mio lavoro, però è noto che in un determinato momento la musica sia diventata tematica imponente di alcune mie opere. Questo è visibile in un ciclo in particolare, ma anche in altre opere, dove il rapporto tra musica e arte visiva non è esplicito. Per quanto riguarda il fenomeno, credo che non basti raffigurare un autore noto per rendere musicale un quadro. C’è un lavoro molto più sofisticato dietro, che sta all’interno del gesto pittorico.

La Sicilia è una regione che aiuta i giovani talenti?

La Sicilia fornisce una grande preparazione, in quanto ha un sistema universitario abbastanza importante, cito le Belle Arti che giustamente conosco bene. Per quanto riguarda i sistemi: gallerie e musei, che ovviamente in qualsiasi città si aprono solo quando l’artista si è affermato, c’è una bella scena, con alti e bassi ovviamente.

Le principali tappe della tua carriera artistica in Italia e all'estero?

Non è facile tracciare così un percorso. Sono stati molti gli eventi, le tappe che mi hanno segnato, ricordo alcune esperienze a Torino, città che oggi frequento molto e dove ho uno dei miei studi, anni fa nel contesto, ho esposto in luoghi alternativi riconosciuti dal sistema, mentre oggi ci sono ritornato con una personale al Palazzo della Luce. Poi delle varie mostre istituzionali sicuramente ricordo la mia partecipazione alla Biennale di Venezia, dove sono stato presentato con la collezione Pelle Sporca, ciclo in cui ho messo in luce un concetto su cui lavoravo da parecchio tempo: il rapporto tra uomo e spazio naturale, come ha sottolineato la critica di allora. Poi il museo di Arte Contemporanea Italiana in America, che mi ha coinvolto con dei grandi temi e dove ho presentato delle tele enormi sul concetto della mimesi, tele che sono state pensate durante un mio soggiorno a Milano e che poi hanno avuto interesse globale. Diciamo che tra il 2009 e il 2014 sono stato coinvolto, invitato, in molteplici eventi e mostre personali; ho esposto a Las Vegas, in Australia, ho visto anche il contestualizzarsi di un mio lavoro dentro la prestigiosa Dublin City University. Una delle cose che ritengo importante sono state delle collaborazioni sempre in America e in Inghilterra, realtà artistiche dove ancora oggi sono molto operativo. Tra il 2014 e il 2015, dopo la mia partecipazione come artista internazionale all’Indipendents Liverpool Biennial, ho avuto modo di presentare in anteprima un progetto importante come Aesthetica dentro luoghi di grande interesse come: il PoCo Museum in Indiana e LCB Depot - Courtyard Gallery a Leicester. Altra cosa importante, è anche l’interesse da parte delle istituzioni: musei, fondazioni, ecc., nell’acquisire le mie opere nella loro collezione permanente. Per quanto riguarda il presente, sicuramente uno dei miei progetti più importanti è stato il progetto Nimble che ho presentato in anteprima negli spazi dell’Arts & Entertainment District di Miami e la personale itinerante Mundus che per il momento ho "chiuso" con la successiva *Mundus Other" al Centro Svizzero di Milano, evento che come il precedente ha avuto un enorme successo.

Che sensazione provi prima di iniziare una nuova opera, mentre la realizzi, quando la vedi finita e quando la consegni a un cliente?

Lavorando in un sistema effettivo non ho un contatto diretto con i miei clienti. Conosco molti collezionisti che seguono il mio andamento, però diciamo che il sistema è ben diverso, in quanto lavoro per le gallerie che mi rappresentano. La creazione di un’opera non è così diretta, dietro c’è sempre un progetto. Spesso ragiono con un principio di visione generale, che successivamente andrà a delineare tutto quello che ho tentato di contestualizzare nella mia mente. Calcolando che ogni opera ha un suo perché, voglio parlare del mio rapporto con il singolo supporto. Quando mi ritrovo davanti ad una tela bianca percepisco delle combinazioni, sia di colore, sia di linee e segni, che gradualmente si assemblano. Dipingere e tracciare ciò che si prova, è una sorta di processo di smistamento e di assemblaggio progressivo. Che va, sia ad alterare la mia percezione ordinaria, sia ad ammorbidire gli spigoli di un’idea che mi sono portato dentro anche per anni. In breve, provo una piccola forma di piacevole stress e una grande sensazione di liberazione.

Come vivi il momento dell'esposizione?

Le contestualizzazioni delle opere, che l’artista vive in studio per mesi e mesi, sono importanti. Vivo tutto come una sorta di sollievo. Su questa linea vedo la mostra come il completamento di un qualcosa. Al di là dell’apprezzamento che poi il lavoro avrà nella sua totalità, l’esporsi al pubblico rilascia molto e stimola l’artista a riproporsi.

Collabori con qualche collega artista?

Diciamo che frequento altri artisti anche in modo del tutto informale. A volte ci si trova anche in studio a commentare soluzioni pittoriche, ecc. All’estero ci si confronta per capire un po’ le differenze tra una cultura e l’altra. Per quanto riguarda la collaborazione effettiva non proprio, in quanto il lavoro del pittore dello scultore, ecc., secondo il mio punto di vista, è un fluire di idee e concetti silenzioso, per cui nella maggior parte dei casi ci si addentra in modo del tutto autonomo, almeno per quanto riguarda la fase in studio, poi ovviamente ci sono state delle collaborazioni generiche, anche con altri professionisti appartenenti ad altri settori.

La filosofia in che modo ispira la tua arte?

Nel mio percorso ho incontrato più volte la filosofia, parlo di contaminazione. Questo è iniziato un po’ di anni fa con il ciclo Croma/Sophia, dove ho realizzato dei lavori più concettuali del solito, sul tema della mimesi e della bellezza intrinseca. Pittura su tela liberamente ispirata al testo Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale del filosofo Benedetto Croce, temi che ho portato avanti anche negli anni a venire, con Aesthetica, De Natual, De Nature, ecc. Parlando in generale, stiamo commentando due mondi che s’incontrano e s’intrecciano continuamente: le arti visive e le tante branche della filosofia, credo che dal ‘900 in poi, pochi siano stati gli artisti che non hanno indagato su temi simili o analoghi. Mi piace darmi delle risposte, trasformando i teoremi in "corpo", cerco di manipolare i quesiti che spesso mi pongo sul reale: la realtà, in particolare quella pronta a diventare arte (volti, vedute). Quanto l’arte ha a che fare con gli aspetti più concreti della vita? Molto. In quanto parliamo di riprese, che in un modo o nell’altro hanno sempre raccontato storie vere.

I tuoi progetti per il futuro?

Attualmente mi sto preparando per degli eventi a Hong Kong e New York, dove presenterò un progetto in linea con Nimble, già presentato a Miami a novembre, poi sarò giustamente anche in Italia, posso anticipare che sarò in mostra sicuramente a Roma e a Venezia.

Quali scenari si aprono per gli artisti di oggi, nuove tecniche, nuovi strumenti, nuove prospettive?

Per quanto riguarda gli strumenti e le tecniche, i mezzi d’espressione variano da professionista a professionista, dipende in quale campo ci si specializza. L’innovazione può entrare nel mezzo classico, come il mezzo classico può servirsi di soluzioni alternative e sperimentali. In un certo senso non si può chiarire quale sia oggi la totale innovazione, in quanto nel mondo dell’arte, il classico ha sempre avuto la sua grande rilevanza, mentre l’innovazione ha una sua notevole importanza, ma solo se codificata bene. Pensiamo alle istallazioni, al minimalismo, funzionano solo se si manifestano come apice di un concetto solido e chiarificatore. Per quanto riguarda le prospettive, il sistema dell’arte ha una struttura troppo solida, che di certo non può mutare in un decennio. L’unica cosa che può subire dei cambiamenti immediati è l’interesse generale, questo per quanto riguarda l’aspetto economico, il mercato; ma su questa linea parlo di numeri, non di tendenze. Gli artisti di oggi? La parola chiave è ‘’ricerca’’ che non significa stravolgimento di quelli che sono i linguaggi più noti dell’arte, significa creare stilemi di tecnica, inediti e penetranti.

Una citazione o una tua frase che racconti la tua arte?

«Dipingo la realtà anche quando non è visibile al cento per cento. Dal mio punto di vista il contrario, a volte, è una scusa; quando qualcuno non è in grado di raccontare l'uomo, fugge con delle teorie assurde, quasi inesistenti. L'arte, secondo la mia idea, può essere surreale, irreale mai».