Michael Rotondi [Bari, 1977] predica la supremazia del mezzo pittorico nell’arte. La pittura è infatti il focus principale delle sue opere che uniscono elementi di vita quotidiana (sia reali, legati quindi al mon-do famigliare e a quello dell’infanzia, sia mitologici, racchiusi cioè in sogni e azioni del periodo adolescenziale) con tracce e input ripresi dal background in cui l’arti-sta è cresciuto.

Al MAC di Lissone l’artista trasferisce una parte del suo studio realizzando così una opera ambientale per raccontare al fruito-re l’intero processo lavorativo che lo porta alla realizzazione di disegni, tele, schizzi e stendardi in tessuto, divenuti nel corso del tempo elementi simbolici e riconosci-bili della sua ricerca. A distanza di un an-no dalla sua partecipazione al progetto Rumore Rosso (2016), il MAC ha nuova-mente invitato l’artista a ideare un inter-vento per la Project room del secondo pia-no. Rotondi ricrea dunque un microco-smo personale: un’opera installativa dal titolo End Hits che si ispira all’omonimo album dei Fugazi.

Tre tavoli in legno raccolgono disegni, ap-punti, quaderni, piccole tele, nature mor-te, souvenir e ricordi del passato (come la foto del passaporto di sua nonna) che Ro-tondi recupera per affrontare la tematica dell’immigrazione e per raccontare la sto-ria della sua famiglia, che partì dalla Pu-glia verso gli Stati Uniti. E poi ancora co-pertine di libri, cartoline, fotografie, e di-versi altri ammenicoli… Un ricco e denso accumulo di ricordi che l’artista mostra come fosse un diario personale aperto al pubblico, cadenzato – così come suggerito dal titolo della mostra – da un immagina-rio sottofondo musicale.

Il processo creativo e la sua incubazione partono da questi tavoli per poi svilup-parsi in un grande lavoro a parete, un telo di lino dipinto con smalti dove elementi naturali (fiori, foglie e alberi) risaltano all’interno della stanza. Sei piccoli smalti su carta ci svelano invece gusti e stili del passato, dove tematiche socio-politiche vengono mescolate a intimi episodi di vi-ta. In questi lavori emerge la cifra stili-stica di Rotondi, nel suo aspetto più lega-to alla cultura del fumetto e dell’illustra-zione punk; memoria collettiva e persona-le si scambiano e coesistono attraverso i volti delle persone ritratte.

Michael Rotondi realizza una “stanza sua propria”, un’installazione immersiva in cui ogni elemento dipende dall’altro, in-nescando processi cognitivi strutturati at-traverso diversi media, dalla video proie-zione al recupero di oggetti, sfociando in-fine nella pittura su carta, tela o tessuto. Ogni supporto è congeniale per racconta-re, come in un diario in fieri, personaggi e situazioni che riaffiorano dal vasto bacino del vissuto, dell’immaginario e della me-moria dell’artista.