Lo sviluppo dello stile e del gusto nella cultura artistica del XVIII secolo è il tema di una mostra straordinaria in corso nella sala dei tessili antichi del Museo del Tessuto di Prato. Il Capriccio e La Ragione. Eleganze del Settecento europeo come recita il titolo, si snoda in un percorso ricco e unico, specchio di uno secolo molto vario e complesso per un’esposizione che ha potuto contare sulla collaborazione di istituzioni pubbliche e private e i Musei di grande prestigio tra i quali il Museo della moda e del costume della Galleria degli Uffizi, il Museo Stibbert di Firenze e il Museo Studio del Tessuto della Fondazione Ratti di Como.

La struttura interna dell’ex Cimatoria Campolmi, 8500 mq di spazio, trasformati in un monumentale polo culturale cittadino dal Comune di Prato, ospita più di 100 esempi di tessuti, capi di abbigliamento, porcellane, scarpe e copricapi, dipinti e incisioni, accompagnati da una narrazione puntuale che segna i passaggi di stile del secolo, dall’esotismo fino alle forme classiche austere dell’ornato neoclassico.

Daniela Degl’Innocenti, conservatrice del Museo del Tessuto e curatrice di questa mostra ne spiega in dettaglio il significato: “Da un lato la ridondanza, l’esuberanza e la ricchezza degli ornati nella prima metà del secolo, dall’altra la rarefazione di tutto questo che avviene nell’ultimo quarto di secolo e si accentua di pari passo con il diffondersi del pensiero razionalista. Chiaramente questo vistoso pluralismo si deve a molte ragioni che vanno oltre al fatto estetico e si riferiscono ai vari e grandi cambiamenti di natura sociale, politica e filosofica che attraversano l’intero secolo. E non solo. Ci sono lungo l’arco settecentesco anche motivi di natura economica, le nuove conoscenze sulla geografia del mondo che portano a nuove aperture e a nuovi rapporti con paesi lontani. E la grande diversità degli stili e delle tendenze del gusto ha delle radici profonde che vanno ricercate nel secolo precedente. Il Settecento vive una stagione ricchissima e varia quindi che proviene sia da consapevolezze e conoscenze acquisite precedentemente , sia dalle scoperte che accelerano i tempi di sviluppo della società civile europea in tutti gli ambiti del sapere”.

Così nella prima parte dell’esposizione si evidenziano i temi riguardano l’esotismo che trae origini nel XVII secolo per effetto dei viaggi, dei traffici commerciali, delle ambascerie e dell’azione delle missioni degli ordini religiosi nelle parti più estreme dell’Oriente. Lacche, porcellane, tessuti, dipinti su carta esprimono linguaggi artistici che giocano su parametri compositivi ed estetici differenti da quelli maturati dalla tradizione europea. “È un flusso di idee che alimenta in primis l’attività delle manifatture francese che, alla fine del Seicento vivono una stagione prolifica, grazie alle riforme apportate dal governo di Luigi XIV in Francia” approfondisce la curatrice.

I capi d’abbigliamento maschili e femminili (dal Museo della moda e del costume delle Gallerie degli Uffizi a Firenze) segnano le trasformazioni delle fogge del Settecento. Si passa dai volumi generosi della robe à la française alla robe alla polonaise fino alla robe en chemise, un passaggio che segue con fedeltà lo sviluppo culturale e sociale del tempo. Dallo splendore della corte francese alle comodità dello stile di campagna della nobiltà inglese degli ultimi decenni del secolo. E l’arte presta i suoi talenti, come spiega Daniela Degl’Innocenti: “Artisti come Charles Le Brun, Antoine Watteau o dedicano parte dell’attività creativa alla progettazione di ornati e impianti decorativi per tessuti, decorazioni pittoriche e argenterie”.

Un’esposizione di grande prestigio narra lo spaccato di un’epoca. Dai camei, alle tessuti, dagli abiti che cambiano radicalmente alle calzature del XVIII secolo (dal Museo Salvatore Ferragamo) e una preziosa panoramica di quadri provenienti dal Museo di Palazzo Pretorio di Prato e dalle gallerie antiquarie fiorentine con la cosiddetta pittura di genere ai capricci, dalle nature morte di fiori e di frutta ai paesaggi animati da scenette popolari o da antiche rovine della classicità.