Oggi vi raccontiamo come l'artista Graziano Marini ha dipinto la sua vita.

Graziano Marini è nato a Todi il 27 marzo 1957. Dopo aver avuto una adolescenza piuttosto creativa, sviluppatasi in un clima culturale fervido, verso la metà degli anni ’70 si rese conto che nella carriera di un artista non è sufficiente la cultura nozionistica delle scuole d’arte, ma che è necessario apprendere il mestiere di pittore presso la bottega di un maestro già affermato. Nel 1975 conosce Piero Dorazio il quale gli propone di lavorare al suo fianco in qualità di assistente; da allora per circa trent’anni sono stati uniti in una stretta collaborazione il cui risultato è l’ideazione di diverse iniziative culturali ed espositive che portano la firma di entrambi. In questo stesso periodo inizia a frequentare gli atelier di alcuni grandi pittori italiani come Burri, Vedova, Veronesi, Santomaso, Melotti, ecc. Da tutti loro ha imparato che il mestiere si sviluppa solo con la pratica quotidiana e con l’uso della manualità, piuttosto che seguendo le mode artistiche del periodo, da cui peraltro egli si è tenuto sempre lontano, in particolare non ha mai aderito alla Transavanguardia, ritenendola un sottoprodotto della tradizione della pittura moderna.

Fin dagli inizi della sua attività un elemento costante della sua pittura è stata la preoccupazione per l’effetto di insieme della luce piuttosto che per il segno o la materia. La cura di ogni dettaglio mirava in definitiva a creare un immagine obbiettiva. Nel 1978 Dorazio e Marini, insieme con Giuliana Soprani e Nino Caruso, fondano il centro Internazionale della ceramica Montesanto, dove lo stesso Marini assume la carica di direttore artistico e coordinatore, che ricoprirà per quattordici anni. Durante tale periodo ha modo di conoscere e collaborare con alcuni tra i più grandi protagonisti del panorama artistico internazionale, quali Max Bill, Sebastian Matta, Kenneth Noland, Joe Tilson, Luigi Veronesi, Carla Accardi e molti altri; esperienza questa che lo arricchirà profondamente come ha avuto lui stesso modo di dichiarare: “da loro ho imparato a lavorare di getto in maniera spontanea, chiara e decisa; essi mi hanno fatto comprendere l’emotività, per altro vissuta come momento della coscienza. Al di qua dei conflitti tra razionalità ed irrazionalità, controllo e istinto”.

Agli inizi degli anni ’80 organizza a Todi corsi estivi di pittura, grafica e ceramica per conto della Penn State University, inoltre collabora all’organizzazione di seminari estivi per la International School of Art di New York. Questo decennio è quello che vede la nascita dei suoi primi olii su tela, che traggono ispirazione dall’astrattismo italiano e dal concretismo. Negli anni successivi la sua ricerca seguirà in indirizzo costante, cioè esprimere e ricreare la luce con i suoi effetti sensuali e nella sua emozionalità, questo fine viene perseguito utilizzando il colore puro e dissonante tipico della pittura astratta e moderna.

Fin dai primi lavori intuisce l’importanza della tecnica, della visione di insieme dell’opera, dell’effetto della luce a discapito del segno, e soprattutto della moda, che vede in quegli anni un revival delle avanguardie di inizio secolo. Dice Marini “ogni pittore trova il suo stile adottando e modificando quella che è in fondo sempre la stessa tecnica, offrendone una versione che attraverso le sue mani è diventata diversa”. Marini intuisce che ogni pittore deve sviluppare un proprio stile personale che partendo dalla tecnica approda alla pittura attraverso dei parametri ben precisi che lui identifica nel colore e nella composizione. Non lavora solo nell’ambito della pittura, ma sperimenta numerose tecniche specialmente nel campo dell’arte applicata, come il mosaico, l’oreficeria, i vetri soffiati e fusi, ma specialmente la ceramica in tutte le sue variazioni: maiolica, terracotta, refrattario, gres e raku.

La metà degli anni ’80 vede anche i primi riconoscimenti da parte della critica. Nel 1985-86 tiene le prime mostre personali a Roma e Terni; parecchie le mostre collettive a cui partecipa in quegli anni a Roma, Bologna, Milano e Firenze. Da questo momento è un susseguirsi di esposizioni e di apprezzamenti da parte della critica. Nel 1988-89 viene realizzata “Arethusa”, la decorazione in ceramica per una Caserma dei Carabinieri sita in Castel di Lucio (Me), che viene ideata in collaborazione con il suo maestro Dorazio, per la Fondazione Fiumara d’Arte. In questo stesso anno tiene una grande mostra a Milano presso la Galleria Bergamini dal titolo "L’ordine della complessità” presentata da Luciano Caramel.

Intorno alla fine degli anni ’80 assistiamo a una evoluzione formale dei suoi lavori: l’iniziale impaginazione astratto geometrica, caratterizzata da trasparenze cromatiche e da un'articolazione più “felice ed ingenua” (come la definisce l’artista) dei primi quadri ancorati alla tradizione astratta italiana, lascia il posto ad una semplificazione spaziale che opera sulla percezione del fruitore, eliminando la sensazione del quadro come entità geometrica, su cui si muovono ritmi armoniosi; la tela diventa pertanto parte di uno spazio illusivo, dove il colore, ridotto a tonalità pura, domina ampie superfici; le linee, che contornano geometrie quasi evanescenti, danno ampio spazio alle sensazioni suscitate da questo colore pulsante, al tempo stesso vibrante e movimentato, monumentale e silenzioso. Ne risulta che questi quadri vengono percepiti dall’occhio inizialmente come monocromatici, ma in realtà sono composti da macchie di colori fortemente contrastanti, risolti dall’artista in quella armonia di contrasto a lui tanto cara, per cui i colori caldi e freddi, saturi e di tonalità pastello, convivono sulla tela senza conflitto. Un quadro di Marini, anche quando ha come dominante un'unica tonalità di colore, non è mai monocromatico, ma è composto di tutte le sfumature che quel colore può offrire.

Nei primi anni ’90 inizia un intenso rapporto di lavoro tenendo alcune mostre personali con la Galerie Annamarie M. Andersen di Zurigo e la Frankfurt Westend Galerie di Francoforte. Nel 1992-93 realizza numerose vetrate presso le antiche vetrerie Giuliani a Roma, di cui ventinove decorano l’hotel Fonte Cesia a Todi, e alcune sculture in cristalli colorati per committenti privati. Negli stessi anni collabora alla creazione del Muro della Vita, una superficie lunga 90 metri interamente coperta da pannelli in ceramica realizzati da vari artisti per la Fondazione Fiumara d’Arte. Nel 1994 riceve il premio San Valentino d’Oro per l’Arte, e nello stesso anno vengono realizzate le prime mostre personali in Svizzera e Germania. Nel 1995 è nominato Accademico di Merito presso l’Accademia di Belle Arti Pietro Vannucci a Perugia; nello stesso anno viene organizzata da Enrico Mascelloni la prima mostra retrospettiva pubblica presso Palazzo Racani Arroni a cura della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Spoleto. Nel 1996 realizza, sempre insieme a Piero Dorazio, la _Stanza della Pittura _nell’hotel Atelier sul Mare per la Fondazione Fiumara d’Arte.

Nel 1997 nel progetto Arte Metrò Roma, realizza una grande opera con la tecnica del mosaico, di metri 2x16, che viene posta all’ingresso della stazione metrò di Piazza Barberini della capitale, il cui bozzetto viene acquisito dalla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Roma. Nello stesso anno viene organizzata una mostra itinerante dal titolo “Il Gesto e il Fuoco” che toccherà le tappe di Zurigo, Viterbo, Francoforte e Cesena. Negli anni 1998/99 tiene dei corsi di teoria dell’immagine e decorazione pittorica presso il carcere di massima sicurezza a Spoleto. Tale iniziativa è stata ripetuta numerose altre volte nel corso degli anni; l’artista stesso dichiara che è stata per lui “…un'esperienza importante sia da un punto di vista culturale che umano; ritengo infatti che un artista ha il compito di trasmettere emozioni, energia, speranza, sentimenti, sensazioni e sogni a tutti, a maggior ragione se si rivolge a persone che si trovano a vivere condizioni particolari”. Sempre nel 1998, a cura di Mara Coccia e Francesco Moschini è la sua mostra personale a Roma alla Galleria AAM, “Quota 101-omaggio ai Balcani”, realizzata per ricordare lo smembramento della ex Iugoslavia, che portò alla nascita di numerosi piccoli Stati nel territorio dei Balcani in seguito ai conflitti che imperversarono nel Paese. La trasposizione pittorica di questi avvenimenti politici sfocia nelle creazioni dell’artista, i cui quadri vengono frammentati in forme rigorosamente geometriche, ottenute frazionando campiture della tela e in cui peraltro il pittore si era imposto un limite rigoroso: quello di non utilizzare tele che superassero la dimensione 101 cmq: “…In “Omaggio ai Balcani”, anche per quel suo prefissarsi come limite quella indicata quota 101, come finestra sull’Universo, si fa pressante l’esigenza di riscoperta del mondo come brulichio universale che permette all’artista – abbandonate le forzate rotazioni e le compenetrazioni tra gli elementi costitutivi dell’opera, costretti a tenere conto del limite prefissato dalla superficie stessa della tela – di ritrovare la libertà di andare oltre, pur sempre incastrando a puzzle le sue care figure geometriche ed elementari… ( Francesco Moschini) .”

Nel 2000-2001 sperimenta e realizza numerosi oggetti in vetro fuso per la vetreria Casarini di Savona; contemporaneamente tiene diverse mostre personali in Germania, Svizzera e Francia. Nel 2002 sei mesi prima dell’aggressione occidentale, viene ufficialmente invitato dal Governo dell’Iraq alla mostra “Arte per l’Umanità”, dove vince il primo premio per la pittura al 3° International FestivaI of Plastic Art di Baghdad. In questa occasione intraprende un viaggio attraverso i siti archeologici dell’Iraq e della Siria.

Molte volte Marini inserisce la storia nei suoi quadri: basti pensare ai cicli di Glasnost, Balkan, Utopia, o ai più recenti Eurasia e Oltre l’Occidente. All’interno di questi quadri si può scorgere una tensione vibrante, cromatica e, per dirla con le parole di Enrico Mascelloni, grande amico del pittore, “ …le sue linee... più che un limite sono un detonatore. Sono geografie che precedono poco la guerra. I confini sono sempre geometrici, tagliano lo spazio come una cicatrice. Dentro il colore è costantemente impuro, emozionale , torrido; in una parola si può definire ribelle”.

Nel 2004 Marini ha tenuto una grande mostra pubblica a Palazzo dei Sette ad Orvieto, dal titolo “L’Arte che sa veder morire gli imperi”; essa racchiude trenta dipinti di grande formato che riassumono quindici anni di lavoro dell’artista e che rappresentano una sorta di sintesi di tutta la sua opera. Nel novembre 2004 a Zurigo presso la galerie Annamarie M. Andersen è stata inaugurata una mostra personale dal titolo “Luci ad Oriente”, dove sono state esposte diverse tele nate dall’esperienza vissuta dall’artista attraversando il deserto, da Baghdad a Damasco. Per questa occasione viene organizzata una conferenza sul lavoro di Marini dalla Società Dante Alighieri di Zurigo e presentata dal Segretario Generale Alessandro Masi, dove il maestro racconta l’emozione suscitatagli dalle luci nel deserto nel loro variare tra il pomeriggio e la sera. Da questa esperienza nascono i quadri che racchiudono in sé i colori del cielo e della sabbia: dall’azzurro all’arancio, al rosso mostrandoci quel firmamento esotico nelle sue più varie sfumature.

Nel 2005 tiene due mostre personali a Francoforte e Berlino dal titolo “Oltre l’Occidente”. Nello stesso anno riceve l’incarico di curare la mostra d’arte italiana “Arte & Cospirazione, omaggio a Giuseppe Mazzini” presso il Kunsthaus di Grenchen in Svizzera. Nel 2006 è curatore della mostra “Arte a Cielo Aperto ”. Nel 2007 lo vediamo organizzatore delle mostre “Oltre l’Occidente immagini estreme nei tessuti orientali” tenutasi al Castello di Otranto e della mostra “Sconfinamenti” per una collezione d’arte contemporanea della città di Todi. Espone alla Biennale di Teheran, e per l’occasione intraprende un viaggio attraverso il Pakistan, l’Afghanistan e l’Iran, prendendo contatti e attuando scambi con artisti e intellettuali. Nel 2007 è l’unico artista italiano invitato al Saloon de Paris. A Roma la Galleria Mara Coccia organizza la sua mostra personale “Utopie paticabili”, trenta opere su carta a cura di Patrizia Ferri. Nel 2008 è invitato alla Biennale di Malindi in Kenya. Nel 2009 e 2010 tiene mostre personali a Roma, Trieste Berlino e Zurigo. Oltre a dipingere, continua a lavorare come instancabile organizzatore di numerose manifestazioni artistiche a sostegno dei giovani artisti italiani.