Non ha tempo il Tempo sventagliante, come la freccia del ritorno ritornante nei mulinelli avanzati retrodatando. Ai piedi dell’albero del mondo, nella pancia del tutto dove tutto appare scompare ricompare, tutto appare scompare ricompare da diecimila milioni di anni per divenire flauto sopra ogni cosa e quando è tempo non tornare più, Noi siamo la forma del drago rosso lacca, l’impero del non senso dell’imperfetto, l’elettrizzante perpetuo mobile, il combustibile di combustione, l’avventura slargata fragile, l’arco dell’elegia.

Risuonanti emotive come intemperie naturali, siamo l’improducibile, l’irriproducibile, onda senziente molecolare, canto. Fluido il mattino che si rigonfia quando vien sera, fluida la terra nera dello sprofondamento, la mescolanza del nato nel non nato ancora che ha da nascere, la mescolanza dell’incarnazione. Noi siamo le cose che sono al dunque. Siamo la saldatura, la trinità della paura da mutare nel gaudio dopo la spina, la voglia del diamante del suo brillore inconfondibile. Siamo l’antologia di ogni divinazione, lo sviluppo della divina proporzione, la follia dell’orrore di ciò che verrà dato, la necessità del creato e il non detto dentro al dichiarato. Noi siamo il buio del buio brulicante, il raccordo navigante, la spudoratezza voluminante, l’assorbimento nullificante. Mattanza del ricomporre, luogo di tutti per riparare, sodezza di taglio e commistione degli opposti, dottrina di legamento, annodamento, patimento, slacciamento, Noi siamo il destino del baciamento, l’amorosa visione precipitata dove il prima vien dopo e il dopo c’era da sempre e c’è già stato. Siamo il vaticinare salmodiante, la salvazione da ogni oltre che si dà qui. Noi siamo l’Abbondanza dentro al suo scorrere.

Vestito all’etrusca con cesta di fauno e sgorgo di fustagno, il passato insorge realizzando. C’è un altro uovo in forno, c’è un altro uovo fin dentro al fondo, c’è un altro scoramento, c’è un altro sì di volontà imperiale. Che lo si voglia o che non lo si voglia, c’è un'altra doglia da far nascere, un altro ritrovare. Noi pronunciamo verità liberanti, stabiliamo sanzioni in fasce, portiamo all’estremo movimento, portiamo all’estremo sfinimento, siamo il perpetuo perpetuante, diamo vessilli di civiltà in forza del camminamento, l’esibizione temporanea prima di un nuovo assorbimento, cospargiamo le lacrime di lacrimevole, il bianco di sbiancamento. Siamo vuoto pezzente e sguardo di sovrano, filo d’argento del quaderno di seta, come un fiore di prugno nella stanza del the.

Siamo l’aggraziamento, l’aggraziatura, il principio tuonante di ogni venatura, la posizione dell’aperto in stato necessitante, il libero arbitrio di ogni allaccio, la porta senza porta e l’accademia di ogni spremitura, lo sguardo del vuoto fisso innominabile insormontabile soccorrevole turbinevole, la forma fluente dell’intessuto tutto qui intessente che poi finisce in niente inesistente. Siamo umanesimo dentro gli androni della sera, i portoni del baccanale e il turbinio del fare e del baciare, il labirinto del labirinto del suo sbrogliare, lo scacco d’oro, la spirale dentro al suo evolvere, la rugiada impermeabile, l’ombra che uccide, la campana che incendia, il mormorìo di ogni materia, il fruscìo dentro al nulla.

Siamo il gran libro della culla, il gran libro della cura che schiuma puntuale quando si scrolla, l’odore del serpente, l’angelo, il cosmo, il dente aguzzo delle farfalle, la passeggiata del leopardo sulle onde del mare. Siamo aurora e asciuttezza, schiettezza eterna senza inganno, siamo lo spargimento per gravidanza auricolare, il dispiegamento, la consumazione per mare aperto, il pericolo e l’avvenenza, il fuoco amante ridondante. Noi siamo il divino convincimento dove ci si sfracella, dove ci si affratella, il buio fitto della regalità, l’ardore che viene a nascere, il divino sgomento, lo scaravento senza le gambe del firmamento, la porta senza porta di ogni sbatacchiare illuminevole. Siamo approdo alla grazia dalla follia che più non serve, temperanza, fluidificanza.

Cadono scaglie, cadono squame pistilli lapilli e il giorno nuovo per sempre ricomincia nei ritornelli a maturazione. Noi siamo l’accasciamento dei rami spezzati, l’accasamento dei fortunati, il movimento distinto che viene soffiando, il soffiamento ricomponibile e la scompigliatura, i sensi che brillano sui seni e fanno male all’impazzimento, la lingua immensa della preparazione, la lingua immensa dell’animazione, la lingua scura dell’animatura, la lingua dell’anima tua tutta. Noi siamo la perpetuanza dell’imperpetuo e diamo corpo al corpo, luce alla luce, femminile alla femmina, maschile al maschio, femmina e maschio alla cova d’insieme, siamo la perturbanza senza armatura e l’arte rara della felicità. Diciamo a ciascuno che si rovesci e poi ritorni al mondo, per ritrovare il violino dentro all’ignoto, per ritrovare il moto dove si trova il ritrovamento e non si spegne il circolante, l’arma più ardente, la musicalità.

Addomèsticati, cuore moribondo. Stai per rinascere e ancora non lo sai, ma tu sarai bellissimo e sarai, sarai ancora dopo la porta stretta. Comincia un tempo nuovo di dolcezza incarnabile dove le cose di prima sono passate e vengono le nuove in gran mutamento di mutanza, vengono in gran sete di via. Salta. Tu salta, salta, salta ancora, salta estenuante, salta senza vertigine, vieni nel distillato, vieni per cavità, esci come un fiore impettito in colorato campo, esci dall’orpello, esci dallo stallo con il tuo grido, che accade davvero quello che tutti poi chiamano vita.

Fiamma comandamento, lavati insieme con le figure degli spellati in verbario di rose, verso di noi a spintoni tentennando, vieni. Vieni ancora, vieni sempre, vieni per sempre, che è il per sempre che già ti verrà dato, e non il taglio, non la ferita sbeffeggiante. Fatti comandamento, monumento in supremità che esplode smisurante, scricchiolare congiunto flebile d’amore riparato riparante. Nel tuo rinfrescamento, lo slancio di fulgore della raspanza, l’ellisse tortile dell’evolvere senza ritorno sempre tornante. Tu amami, amaci. Amaci ancora. Dicci ancora di sì. Noi siamo qui, e siamo Tre nell’Uno. L’Uno nel Tre, nel Te, nel centomila di ogni visione e di ogni sosta.

Eccoti il fuso della visione. Ti fileremo senza consumazione un madrigale arcobaleno oracolante nel bocca a bocca, nelle parole del vaticinio che guardano da lontano, gesti d’aria e di luce. L’infocolare indomito di firmamento rinfocolante, gioia fitta della bellezza

dove il niente s’appresta e tutto è qui.