Dopo il boom registrato quest’anno, è sicuro che i prodotti biologici stiano interessando un numero sempre maggiore di consumatori. Nei primi cinque mesi del 2014, c’è stato un incremento dell’acquisto di cibi certificati del 17,3 % (Fonte Ismea). Numeri così alti non si verificavano dal 2002. Le famiglie si stanno sensibilizzando verso prodotti maggiormente sani, si nota un’attenzione maggiore verso l’agricoltura sostenibile, che cerca di rispettare il terreno e il territorio, per fornire materie prime di alto livello con un minore impatto ambientale. Benché molti consumatori stiano acquistando cibi certificati, in molte occasioni ci si chiede quale sia la vera differenza tra agricoltura convenzionale e agricoltura biologica.

Ecco quindi, i criteri fondamentali:
- Divieto di utilizzo di fitofarmaci sintetizzati chimicamente. Il produttore non può applicare questo genere di pesticidi, ma può comunque usufruire, all’interno di un massimo quantitativo dichiarato per legge, di alcuni prodotti convenzionati di origine animale, vegetale o minerale (es. poltiglia bordolese, piretro e Bacillus thuringiensis). È importante rilevare, che anch’essi hanno un impatto sull’ambiente. Rimane all’etica del produttore la scelta riguardo a una loro applicazione.
- La rotazione delle colture, che implica una circolarità nella produzione. Questo permette il mantenimento di risorse nutritive presenti all’interno del terreno, che sono assolutamente fondamentali per una buona produttività. In questa maniera non è necessaria la concimazione con prodotti industriali.
- La consociazione delle colture, che permette di associare diverse specie vegetali, che hanno una funzione antagonista per lepidotteri e insetti.
- Nell’allevamento c’è il divieto di utilizzo di mangimi derivanti da organismi geneticamente modificati e la somministrazione di antibiotici avviene solo entro certe quantità, in casi di emergenza.
- I capi sono allevati in spazi molto più ampi, spesso al pascolo, permettendo un miglioramento sia nel prodotto, che nella vita dell’animale.

Tutto ciò implica un incremento del lavoro a carico del produttore, che ha bisogno di spendere gran parte del suo tempo nei lavori manuali e meccanici, legati al mantenimento di un terreno sano, lavorazioni, che nel caso dell’agricoltura convenzionale, sono realizzate quasi interamente tramite l’utilizzo di diserbanti chimici. Da questo grande impegno deriva l’aumento del costo di produzione, che influenza il prezzo all’acquisto.

Il raggiungimento di 52.383 produttori certificati bio calcolati entro la fine del 2013 (Sinab) è un altro dato importante. Sempre un maggior quantitativo di realtà agricole sta convertendosi alla lotta nei confronti di un’agricoltura e un allevamento all’insegna della quantità e non della qualità. In realtà, l’agricoltura biologica viene esercitata da millenni sul nostro pianeta. Se si pensa agli anni antecedenti alla Green Revolution, nessuno utilizzava prodotti chimici in ausilio dell’agricoltura. È stato proprio in seguito alla rivoluzione verde che, dopo l’invenzione e l’avanzamento della chimica in ambito agricolo, si è incrementato l’utilizzo di fitofarmaci sui campi. I contadini, affascinati da una prospettiva di diminuzione del lavoro manuale, ma soprattutto da un aumento spropositato del raccolto, sono stati persuasi all’utilizzo di agenti industriali, stranieri alla loro quotidianità. Nel brevissimo tempo i nuovi pesticidi hanno incrementato la resa delle colture, ma in secondo luogo, dopo un periodo di applicazione più lungo, si sono evidenziati problemi di tipo ambientale e del genere umano.

Non bisogna dimenticarsi che la richiesta e il rilascio della certificazione in Italia avviene tramite enti privati. Dopo il controllo a cui è sottoposta l’azienda, da parte dei soggetti certificatori, se questa viene ritenuta conforme alle norme europee, il produttore biologico entra nel mercato. I controlli vengono ripetuti nel tempo, per assicurarsi che l’agricoltore stia continuando a perseguire le buone pratiche agricole. La certificazione, essendo rilasciata da un ente privato, viene pagata dall'azienda interessata, la quale può scegliere di inoltrare la domanda a chi crede anche rispetto a propri criteri di interesse.

Questo aspetto della certificazione ha creato vari dubbi nei produttori che spingono alcuni a non certificarsi per scelta, poiché pensano che il pagamento diretto a un ente possa in qualche maniera condizionarne il controllore. Questa preoccupazione non può essere completamente smentita, giacché il denaro fa l’uomo ladro, ma non si può escludere l’esistenza di molti soggetti eticamente corretti. Auspicando che il consumatore, acquistando il biologico, possa veramente ottenere un prodotto buono e salutare e non semplicemente un’icona verde di facciata...