Quando si affronta il senso del tempo, in relazione ai cicli cosmici e ai ritmi della Natura, spesso il mondo della ragione e quello dei simboli si mescolano rendendo labili i loro confini.

Tutta la materia vivente è permeata da un’intricata rete di attività ad andamento ritmico che interessano le leggi della polarità. Basti pensare all’incessante contrazione e dilatazione del cuore, al ciclo continuo della respirazione o ad altre funzioni fisiologiche che risentono dell’influenza esercitata dall’alternarsi del giorno e della notte (come la produzione di malatonina da parte dell’epifisi che si riduce in maniera proporzionale alla quantità di luce).

L’attività delle macchie solari influisce sulla formazione del vento solare, il quale a sua volta contribuisce a modificare l’irradiamento dei raggi cosmici: tali fenomeni sembrano ripercuotersi su numerose funzioni biologiche che riguardano il sistema ormonale e nervoso.

Il ciclo della Luna, oltre ad esercitare una forza attrattiva sui liquidi organici e a stimolare il metabolismo dei tessuti (soprattutto durante fase di Luna piena), influisce anche sulla manifestazione di alcuni disturbi mentali e sui ritmi che accompagnano il periodo mestruale, l’ovulazione, il parto e l’alternanza del ciclo sonno-veglia. L’azione esercitata dai corpi celesti è particolarmente influente sul mondo vegetale, interessando numerosi parametri biologici, come lo spostamento delle matrici liquide, le funzionalità linfatiche, la sintesi di molti principi attivi e lo stato vibrazionale delle cellule.

A seguito di accurate osservazioni scientifiche è emerso che le fasi lunari agiscono sulla crescita dei semi, sul fotoperiodismo (reazione della pianta al ritmo luce/oscurità), sullo spessore del tronco e sul processo di cicatrizzazione dei tagli provocati dalle potature; mentre il movimento di alcuni pianeti sembra essere correlato ai processi formativi del fusto e alla disposizione spaziale di gemme, foglie, rami e infiorescenze (fillotassi).

Degni di attenzione sono le pazienti ricerche condotte, intorno agli ani ’50 del secolo scorso, dall’Ing. Giorgio Piccardi e mai prese in seria considerazione dalla scienza accademica. Questo scienziato, prendendo in esame migliaia di reazioni chimiche che interessavano composti inorganici disciolti in acqua (misurazione della diversa velocità di precipitazione dei colloidi), realizzate con particolari schermature e in condizioni sperimentali accuratamente controllate, dimostrò che i risultati ottenuti erano diversi in relazione al luogo e al tempo di misurazione, evidenziando, in maniera inconfutabile, delle sottili modificazioni strutturali dell’acqua in relazione all’intensità delle macchie solari.

Gli stessi comportamenti chimici furono registrati studiando i tempi di coagulazione di campioni ematici; a questo proposito il Dott. Maki Takata dell'Università di Tokio ha dimostrato che gli indici di flocculazione del sangue registrano un repentino innalzamento poco prima dell’alba, molto probabilmente a causa dell’aumento di onde elettromagnetiche che si verifica al sorgere del sole. Alla luce di queste considerazioni, la scienza degli antichi alchimisti, incentrata sull’importanza delle influenze planetarie sul regno animale e vegetale, non appare più una semplice fantasia, frutto di ignoranza e superstizione.

L’Alchimia si muove tra il mondo tangibile della materia e quello invisibile delle particelle subatomiche, e nella paziente ripetizione delle operazioni che accompagnano l’officiante al raggiungimento della Grande Opera si cela la volontà di trovare l’attimo fuggente, il momento giusto per attivare il contatto energetico tra cosmo e materia. La letteratura ermetica offre numerosi esempi che sintetizzano in maniera elegante questo concetto di universalità; basti ricordare il famoso aforisma di Galileo Galilei: “Non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella”. Dello stesso tenore è la Tavola di Smeraldo, attribuita al leggendario Ermete Trismegisto: “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare il miracolo di una cosa sola (…).

Del resto è la stessa meccanica quantistica, con la formulazione del “Principio di Indeterminazione” di Heisemberg, a mettere in discussione il “concetto di oggettività”, cardine fondamentale su cui poggia il metodo scientifico. Nella percezione comune, lo scorrere del tempo, inteso come un flusso continuo di eventi che legano passato, presente e futuro, appare scontato e ineluttabile. Per Platone, invece, il tempo era «l’immagine mobile dell’eternità» e Sant’Agostino nelle sue riflessioni si chiedeva: «Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più ».

Anche la scienza moderna, nelle sue posizioni più estreme (relatività generale e fisica quantistica), rimette in discussione l’oggettività di questo fenomeno, asserendo che non esiste un “presente” (e di conseguenza una “posizione”) uguale per tutti. Infatti, quando s’incontrano delle realtà dalle dimensioni inusuali, come l’Universo o il mondo microscopico degli atomi, l’importanza del ruolo svolto da un osservatore in un sistema spazio-tempo, volutamente omessa dalla fisica classica, ritorna con tutte le sue accattivanti implicazioni scientifiche, filosofiche ed epistemologiche.

In questa nuova visione, spazio e tempo non sono parametri assoluti ma relativi, essendo condizionati da vari fattori come la velocità con cui un soggetto si muove e la capacità della coscienza di interagire con la materia. A questo proposito Einstein affermava: « (...) che la divisione tra passato, presente e futuro ha solo il valore di un'ostinata illusione»; sulla stessa lunghezza d’onda di pensiero è il fisico Etienne Klein: «pensare il tempo è come arare il mare».

Quando il tempo perde il carattere di oggettività, la sua natura muta in relazione alla complessità di numerose variabili nascoste, per diventare un’entità astratta, più vicina alla dimensione profonda degli archetipi che a quella della ragione. Non è un caso che gli antichi greci identificassero il tempo con Oceano, il mitico fiume che avvolgeva la terra come un grande serpente intento a mangiarsi la coda (uroboros). Lo stesso simbolo circolare accompagnava il dio Aion che, oltre a impersonificare il fluire dell’esistenza, donava energia a tutti gli esseri viventi, regolandone il destino e la durata della vita.

Nell’antica tradizione cinese l’esperienza temporale veniva affiancata alla ruota della causalità, diventando uno strumento per legare la realtà materiale a quella psichica, e viceversa (il fenomeno della sincronicità rende concreto ciò che esiste in forma potenziale). In India il tempo assumeva le sembianze di Shiva Nataraja, che attraverso la sua danza avvolgeva l’universo in un cerchio di fuoco, scandendo, con il ritmo del tamburo, i cicli cosmici della creazione e della distruzione. Anche i concetti di reincarnazione e di karma (ciclo di nascite) riflettono questa visione, legandosi a eventi terreni e spirituali mossi da una ritmicità indissolubile.

Ma è soprattutto il mondo vegetale che trova, nell’influenza temporale del cosmo e degli astri, una vasta fonte di simboli, in grado di trasferire alle varie erbe, significati e poteri particolari. La più importante trasformazione ciclica, che domina l’avvicendarsi delle stagioni e gli aspetti mitologici legati alle piante, è rappresentata dall’apertura e dalla chiusura delle Porte Solstiziali, attraverso le quali il Sole percorre il suo cammino di rinascita (estate-luce) e di morte (inverno-tenebre). Per il valore universale delle leggi cosmiche la medesima sorte è riservata all’Uomo, attraverso il ciclo materiale del corpo e quello spirituale dell’anima.

Il momento magico per eccellenza si materializza il 24 giugno: tale giorno, dedicato a San Giovanni Battista, corrisponde al Solstizio d’estate, quando il sole occupa il punto più alto del suo declinare (massima distanza dall’equatore). Il termine solstizio deriva dal latino solis, sole, e statio, fermata, arresto. Ancora oggi, nella notte di “mezza estate” i fuochi che ardono nell’oscurità, accesi per “imprigionare” l’energia solstiziale, hanno un carattere purificatorio, rigenerante e protettivo. Nella tradizione popolare la rugiada o “guazza del santo”, recuperata alla prima ora del mattino, è impiegata per lenire le malattie della pelle e degli occhi, donare potenza e fecondità (applicata sulle parti intime) e come acqua benedetta per impastare dei pani da consumare in ricorrenze speciali o per officiare riti di purificazione ed esorcismi. Nella giornata del Solstizio d’estate gli erboristi si dedicano alla raccolta delle “erbe solstiziali”, cariche di virtù curative, toniche e rivitalizzanti, mentre i rabdomanti affinano la loro arte recidendo i rami di nocciolo adatti alla fabbricazione delle preziose bacchette.

Nella ristretta cerchia di questo evento rientrano numerose erbe tra cui l’Iperico (Hypericum perforatum), l’Aglio (Allium sativum), la Felce maschio e femmina (Dryopteris filix-mas e Athyrium filix-femina) l’Angelica (Angelica archangelica e A. sylvestris), la Verbena (Verbena officinalis), l’Assenzio (Artemisia absinthium), La Carlina (Carlina acaulis), il Rosmarino (Rosmarinus officinalis), la Mentuccia (Clinopodium nepeta) la Betonica (Stachys officinalis) la Lavanda (Lavandula officinalis), la Ruta (Ruta graveolens), la Salvia (Salvia officinalis), La Menta (Mentha sp. pl.), la Camomilla (Matricaria chamomilla), la Malva (Malva sylvestris), l’Ortica (Urtica dioica), il Noce (Juglans regia) e la Valeriana (Valeriana officinalis).

Non bisogna dimenticare che la vigilia della festa di San Giovanni (allo scoccare della mezzanotte tra il 23 e il 24 giugno) coincideva con la notte delle streghe, durante la quale venivano sfruttate le giuste congiunzioni astrali per evocare gli spiriti infernali. Era l’occasione giusta per incontrarsi nei crocicchi delle strade di campagna con il corpo cosparso di unguenti a base di Belladonna (Atropa belladonna), Erba di S. Apollonia o Erba porcina (Hyosciamus albus e H. niger), Mandragora (Mandragora officinarum), Erba del Diavolo (Datura stramonium) e Aconito (Aconitum sp. pl.). Inoltre, attenendosi ai severi rituali della magia nera, era possibile approvvigionarsi di piante dai poteri straordinari, capaci di “procacciare l’amore”, infliggere sciagure, incantesimi e malocchi.

Le leggende e le usanze tipiche di questa festa sono la testimonianza di un antico mito: il Sole, emblema del Fuoco eterno, entra nella costellazione del Cancro, simbolo della Luna e dell’Acqua rigenerante, dando origine alla fusione di due opposte polarità. Nella stessa notte, secondo i principi dell’alchimia verde (spagyria), si consuma il matrimonio tra il Sole (polarità maschile) e la Luna (polarità femminile); simbolicamente questo processo iniziatico trova espressione nella stella a sei punte, dove il triangolo del Fuoco e quello dell’Acqua si incontrano e si compenetrano vicendevolmente.

In questa realtà trasfigurata, dove mito e ragione s’inseguono senza mai raggiungere una vera pacificazione, un posto d’onore è riservato all’Iperico, chiamato anche Erba di San Giovanni o Scacciadiavoli (fuga demonum). È una delle piante solstiziali più note, da sempre conosciuta e apprezzata per la sua capacità di sanare sia il corpo che l’anima. La sua utilizzazione magica imponeva di conservarla in piccoli mazzi con funzione protettiva, da collocare sulle culle, sugli stipiti delle case, in mezzo alla biancheria o a contatto del corpo. In passato l’Erba di San Giovanni era considerata una potente arma di difesa contro Satana e durante i riti di esorcismo, i presunti “indemoniati” venivano segnati sul petto con le sue infiorescenze.

In un’antica ricetta contro la magia nera, intesa a proteggere dagli incantesimi e dai malefici, si consigliava di cospargere il corpo con una pozione ottenuta lasciando macerare le sue foglie nell’aceto. Nel Medioevo, a causa dei suoi poteri magici e per le sue virtù cicatrizzanti, l’iperico era tenuto in alta considerazione da vari ordini monastico-militari come i Cavalieri di San Giovanni, i Templari e i Teutonici. Oggi, questa pianta è riconosciuta come un eccellente rimedio per curare ferite, piaghe, ulcerazioni, scottature, affezioni bronchiali e gastro-intestinali (azione antibatterica e antivirale), cefalee, affaticamento nervoso, stati ansiosi, depressione e problemi emotivi legati alla menopausa.

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