Dona a chi ami ali per volare, radici per tornare e motivi per rimanere.
(Dalai Lama)

Il crescendo di azioni efferate a cui stiamo assistendo nel mondo ci lasciano indignati, senza parole, confusi e soprattutto pieni di paura. Tuttavia ben si sa che la paura è un elemento che contribuisce a creare proprio ciò che temiamo; molti pensatori sostengono che ciò che dobbiamo temere maggiormente è la paura stessa.

Questo pensiero mi fa ricordare una storia sufi che racconta di un uomo che giunse un giorno in un villaggio e chiese al maestro più saggio fra gli anziani “Vorrei trasferirmi qui ma sono ancora incerto. Puoi dirmi come sono gli abitanti di questo posto?”. Per tutta risposta il vecchio gli domandò a sua volta: “Come erano le persone nel luogo in cui hai vissuto finora?”. “Oh, erano tutti malfattori, ladri e bugiardi!”. “Lo è anche la gente che abita questo villaggio!” decretò il maestro. A quelle parole il visitatore se ne andò e non fece mai più ritorno. Mezz’ora dopo arrivò un altro uomo, che a sua volta chiese al saggio: “Vorrei venire ad abitare qui. Mi puoi dire come sono gli abitanti di questo villaggio?”. E di nuovo il maestro chiese: “Dimmi, com’erano gli abitanti del luogo dove vivevi?”. Il viandante esclamò “Oh erano le persone più gentili, affettuose e compassionevoli che si possano immaginare! Sentirò terribilmente la loro mancanza!”. A quelle parole il vecchio concluse: “Sono identici a coloro che vivono in questo villaggio!”.

I tratti che vediamo negli altri sono quelli presenti in noi con più forza. L’ipotesi che, migliorando noi stessi, contribuiamo a rendere il mondo un posto migliore è senz’altro intrigante. Sono convinta che l’uomo di oggi abbia bisogno di essere compassionevole, tollerante e con un cuore aperto, al di la dei falsi buonismi per superare gli ipocriti atteggiamenti volti al mero soddisfacimento del proprio interesse personale, a discapito di tutto e tutti. Abbiamo dimenticato che perseguire il bene più alto è ciò ci fa sentire veramente bene. Un’utopia? Forse. Un cammino evolutivo? Probabilmente sì; una teoria affascinante e, nella mia visione, un potenziale strumento per vivere il cambiamento e migliorare il proprio benessere personale.

Un’interessante espressione inglese recita “to hold the space for someone,” per quanto difficile da tradurre in italiano potremmo definirla la capacità di mantenere "uno spazio" per l’altro. Volando con la fantasia, mi viene da definirla come l’attitudine a creare uno spazio per l’altro, per chi incontriamo quotidianamente, realizzando un luogo magico dove fioriscono le relazioni. Oggi si tende ad andare di fretta nel relazionarci con gli altri, a criticare l’operato delle persone, denigrarle e soppesarle dai vestiti che indossano, dall’arredamento della casa o dalle persone che frequentano. Difficilmente siamo capaci o disposti a entrare in una connessione di verità con l’altro, talmente presi a magnificare noi stessi e pronti a raccontare qualunque cosa ci metta in luce sui social o in chat.

La strada maestra per realizzare questo spazio magico dove le relazioni rifioriscono è dare il permesso all’altro di seguire la propria saggezza e le proprie intuizioni. Imparare ad ascoltare senza interrompere o giudicare è un’arte che crea un’impagabile armonia, senza togliere potere o significato alle decisioni altrui. Quando l’ego, la mente giudicante, rimane fuori dalla relazione, si permette all’altro di sentirsi in un posto sicuro dove è possibile sbagliare e anche essere se stessi. Con umiltà e attenzione diventerai un aiuto e una guida per gli altri e realizzerai quel luogo dove finalmente possono essere comprese e forse guarite tutte le emozioni e i traumi del passato o del presente.

Permettendo a chi ti sta vicino di prendere decisioni diverse da quelle vorresti, gli consentirai di fare esperienza del mondo, in un modo diverso dal tuo. Per scoprire alla fine che questa apparentemente semplice azione è la porta verso un vero e profondo benessere.