22 giugno 2016
Ieri, all'improvviso il mare si è alzato ed è venuto avanti. Avanti, avanti. Prima ha allagato la spiaggia poi l'acqua ha invaso Punta Marina. Dalla sua posizione orizzontale ha tentato una sorta di ribaltamento verticale. All'orizzonte, onde come braccia immense s'innalzano verso il cielo, lì immobile con le mani ben strette al manubrio della bicicletta sono passata velocemente dalla terra ferma alla laguna. Una laguna arrabbiata; mare e cielo plumbei minacciosi. Questo è un giugno bizzarro; freddo e piovoso. Da qualche giorno tira un gran vento. Regolarmente esco col sole e rientro con la pioggia. Anche la pioggia ha mutato il suo agire. Piove a zone e cadono grosse gocce. Così ritorno a casa sempre bagnata fradicia e ho la tosse e il raffreddore.

Maria Luisa

È l'alba del 2 settembre 1961. Sono sdraiata nella barella che dalla sala parto mi conduce alla mia stanza. Vicino a me c'è il professor Bianchi, di fronte a noi sta nascendo un sole enorme. È un'alba davvero formidabile: da poco è nata mia figlia, e con un sole così grande e accogliente penso che sarà una bambina fortunata. Per due giorni ho avuto "le doglie di schiena" le più dolorose, naturalmente. Sono stata talmente male che ho anche pensato di buttarmi giù dalla finestra dell'ospedale. Ho trascorso i nove mesi di gravidanza vomitando e continuando ad andare a scuola. Io avrei smesso volentieri ma mio babbo si è imposto e così sola, denigrata, in un ambiente del tutto ostile, ho continuato a frequentare il liceo. L'ambiente del tutto ostile nasce dal fatto che mi sono sposata perché "incinta". A quei tempi avere rapporti sessuali prima delle nozze era una trasgressione gravissima: come drogarsi ai tempi d'oggi.

Ritorno al 2 settembre e alla stanza dell'ospedale, dove ad attendermi c'è mia madre che caccia dei gran sospiri. Arriva un'infermiera e dice: "Chi va al mulino s'infarina!". Ho l'aspetto di una bambina madre e così si sente autorizzata di dire battute che mi offendono a tal punto che il loro ricordo non mi abbandona. Sono fuori luogo e fuori posto, troppo giovane per essere lì. Arriva poi un prete che mi vuole benedire perché ho partorito e quindi sono impura. Quanta crudeltà si aggira nel pensiero e nelle azioni delle religioni - tutte - nei confronti delle donne? Non c'è limite, non c'è vergogna. Anche Gesù: o Maria o Maddalena. La fenomenologia dello Spirito fa parte dello spirito patriarcale e incarna la divinità monoteista del tempo. La donna vi appare come immagine il cui significato è un'ipotesi del padre, del figlio e dello spirito santo, appunto. Gesù Cristo, figlio del padre e dello spirito santo, io dove sono? Te lo dico io dove sono: sono qui che mi faccio benedire perché ho messo al mondo una creatura unica, irripetibile, come lo siamo tutte e tutti noi, nate e nati da madre. Mia figlia però forse per via del sole immenso della sua nascita è una creatura un poco più unica e irripetibile di tutti e tutte noi.

Sfatta e umiliata subisco per non far soffrire mia mamma già molto provata. Per nove mesi ho vomitato tutti i giorni: al mattino a digiuno vomitavo bile gialla che mi bruciava la gola. E quello era il buon giorno. E infine ho partorito con grande dolore come vuole nostro signore. Ho sofferto talmente tanto che quando adagiano mia figlia al mio fianco non mi emoziono. Poi giorno dopo giorno mi avvicino talmente tanto alla sua vita che abbandono il resto del mondo per abitare incondizionatamente un tempo scandito dai suoi ritmi. Vivo "quella serena passività in cui non c'è nulla da decidere, ma solo da assecondare".

Non ricordo nient'altro. Mio marito continua la sua vita da ragazzo e io continuo a inseguire gli eventi. Non accade nulla che io voglia, tranne la cura e l'amore per mia figlia. Ma anche lei è nata per puro caso. Non mi sono detta: voglio una figlia. Sono una vittima? No, sono una incosciente. Ci sono donne, come la bimba protagonista del film *La bicicletta verde+, che nascono coscienti della rivoluzione quotidiana che devono compiere per rimanere fedeli a se stesse e altre che ci impiegano più tempo. Ecco. Io faccio parte di questo gruppo. Ma ci sono arrivata, lentamente, però ci sono arrivata anch'io. Dall'incoscienza sono passata a un'ira confusa e infine sono arrivata nel mio territorio e di lì non mi sono più mossa.

All'inizio, per necessità, il caso mi ha regalato le compagne che mi hanno indicato la strada. E ho camminato molto. Poi per andare un po' più veloce sono andata in bicicletta. Andate e ritorni. E così ho compreso che quando una donna rimane incinta e non lo voleva, spesso non avviene perché lei si è espressa sessualmente come soggetto ma perché si è conformata al modello sessuale maschile. La sessualità è la prima matassa ingarbugliata da sbrogliare. In Sessualità femminile e aborto, Carla Lonzi scrive tra l'altro: "...Durante una campagna per l'abolizione del reato di aborto mi sono chiesta: è più da schiave soggiacere all'aborto clandestino o al fatto di rimanere incinte se non si è provato piacere, cioè solo per soddisfare l'uomo? Chi ci ha obbligato a soddisfarlo a nostre spese? Nessuno. Lì siamo incoscienti ma volontarie".

È necessario un ribaltamento. Tutte le energie che molte donne mettono in campo per potenziare la fiducia in se stesso del marito o del compagno le devono rivolgere su di loro. Questo sguardo rivolto su se stesse non tende a impoverire l'incontro tra la donna e l'uomo ma pone l'uno di fronte all'altra: due soggetti in grado di costruire un rapporto umano con tutti i suoi imprevisti. Ma anche al "rapporto umano" oggi è stato tolto il suo significato originario, e ad arte viene confuso con ricatti affettivi con opportunismi e appare scisso dall'erotismo. È impoverito di sbocchi vivificanti. È necessario ripartire da lontano; riconoscere il proprio desiderio ed esprimersi sulla propria identità in un processo di continuo rinnovamento che prevede azione, creazione e anche il gesto del dono. Noi sappiamo che rappresenta uno dei nuclei più complessi della nostra vita. Penso che solo all'interno della nostra presa di coscienza sia possibile la realizzazione di una maternità e di una sessualità condivisa.

Sul piano teorico la relazione tra due soggetti può apparire un percorso abbastanza semplice - l'incommensurabile differenza tra la parola e i fatti, tra l'anima e il corpo. In realtà riconoscersi e riconoscere l'altra o l'altro come soggetto unico e irripetibile rappresenta la rivoluzione più potente che uomini e donne possano compiere. È un inizio da cui partire per creare qualcosa che cambia il senso dei rapporti e della nostra vita. Purtroppo ci siamo molto lontani; le donne, allenate da secoli e secoli a trasgredire per dare luce al loro desiderio se ne vanno e pagano caro, spesso con la vita (femminicidi, stupri, violenze di ogni tipo) la loro rivolta. A me non rimane altro che patire tutte le offese che subiscono le donne e ripetere e ancora ripetere fino alla fine dei miei giorni che per avere due soggetti dialoganti e qui anche amanti è necessario mutare l'educazione a tutti i livelli. pubblici e privati.

È urgente trasmettere e studiare la storia ricca di senso che appartiene alle donne, le grandi assenti. È proprio questa assenza la causa principale dell'incapacità del pensiero umano di conoscersi nella dualità di uomo/donna.