Chi?
Tra il Re la Regina e il Principe.
Che cosa?
Il Principe esce dallo stato comatoso.
Perché?
Il pugnale è stato disciolto nel vulcano.
Quando?
Nell’antica Roma.
Dove?
Negli appartamenti del principe.

Alle prime luci dell’alba, il principe Massimo aprì gli occhi: era tutto un dolore e completamente madido di sudore. La stanza poco a poco gli divenne sempre più familiare - fino a quando - con gli occhi cisposi per il lungo sonno, la identificò perfettamente... si trovava nei suoi appartamenti. Infine, volse lo sguardo alla finestra e osservò la debole luce del sole, spuntato da poco, che penetrava dalla finestra. Il principe si tastò il petto. L’amuleto era lì, al solito posto, sul suo petto. Lo afferrò e lo guardò nel dettaglio. Il meraviglioso scintillio lo avvolse carezzandogli i sensi principali: la vista; il tatto... i ricordi. Massimo, nonostante l’atroce bruciore allo stomaco, si alzò dal letto. Era completamente nudo. In quel momento la porta della camera si aprì. Una figura muscolosa si disegnò attraverso il vano: era il padre; il sovrano Tiberio. Il sovrano gettò un grido di felicità e balbettò soltanto:
“Massimo... Massimo...”

Il principe a fatica cercò di raggiungere il padre, ma le gambe non lo sorressero più e perse l’equilibrio. Proprio in quel momento, prontamente, le mani del padre lo afferrarono con paterna apprensione e Tiberio lo rimproverò:
“Massimo, non dovevi alzarti!”
Lui non rispose, poi il padre aggiunse:
“Se stai meglio, non vuol dire che tu stia bene!”
Perciò il padre, lo ricondusse lentamente verso il letto. Massimo afferrò ancora una volta l’amuleto magico.
“Mi sento fiacco!”
“Hai perso molto sangue, ma il pericolo è passato!”
Spiegò il padre felice, che continuò in tono affettuoso:
“È del tutto normale, che ti senta debole!”

Massimo continuò a stringere l’amuleto, come se toccasse il turgido seno di una donna. Infine, scoprendo la bianca dentatura, girò lo sguardo verso la porta rimasta spalancata:
“Credevo...”
La frase fu spezzata da un colpo di tosse, poi si corresse:
“Pensavo...”
Aveva la fronte imperlata di sudore per lo sforzo, perciò, il padre gli disse teneramente:
“Risparmia le forze, non ti affaticare inutilmente!”

Il Re sorrise al figlio, quindi, accarezzò la nube dei morbidi capelli. Un sottile piacere crebbe nel cuore del principe. Dalla porta spalancata sbucò la regina Diana. La donna si lanciò al capezzale del figlio che le disse febbricitante:
“Ho sperato fino al confine estremo dell’infinito!”
Massimo, finalmente, lasciò l’amuleto. La mano cadde pesantemente sul materasso provocando un tonfo sonoro.
“Sto meglio madre. Molto meglio!”
Massimo mimò un mezzo sorriso.
“Non sai l’angoscia di questi giorni!”
“È finita madre, adesso, non devi preoccuparti.”
Il Re aggiunse:
“Domani - Diana - vedrai che starà ancora meglio!”
Tutti tacquero. Il tempo sembrò dilatarsi, poi, la Regina disse:
“Tuo padre ha lottato contro tutto e tutti in questi giorni!”
Poi, la premura di comunicare, la voglia di spiegare, spinse fuori le altre parole... gli altri pensieri:
“Se si potessero tradurre le azioni in semplici parole, potrei affermare con sicurezza una cosa... tuo padre ha cantato a squarciagola questa poesia:
È per te che sono azzurri i cieli;
È per te che il significato ha preso forma;
È per te che vivo la mia vita.

Massimo, girò lo sguardo dalla madre al padre. La regina le raccontò tutto quello che il padre aveva fatto per lui. Tutta la sequenza delle circostanze avverse. Tutta la catena dei fatti accaduti:

1- Il pretoriano che pugnala il principe;
2- Il principe che è medicato dal dottore;
3- Il dottore che non riesce a curare la ferita;
4- Il Re che si rivolge alla Sibilla Cumana;
5- La Sibilla Cumana che chiarisce finalmente il fatto;
6- Il pugnale che è disciolto nel Vesuvio.

Massimo dopo quel resoconto preciso, chiuse gli occhi e i suoi genitori credettero che si fosse addormentato. Lui, però, non dormiva per nulla: ascoltava il frastuono della sua vita; il galoppo furente della sua impotenza; lo stridore del dolore della sua ferita; le soffocanti sensazioni della situazione. La madre - perciò - fece un cenno al marito per intendere: lasciamolo; facciamolo riposare in pace. Massimo, però, riaprì subito gli occhi, guardò il padre e gli disse:
“Grazie!”

Quella sola - breve - parola ebbe un effetto straordinario sul padre. Emozioni assai differenti tra loro (estasi, felicità, angoscia, appagamento) dilagarono in ogni fibra del suo essere. Una piccola lacrima attraversò il volto del sovrano. La lacrima andò a depositarsi sulla consapevolezza del disegno ordito ai danni del figlio. Massimo, lo fissò e gli domandò:
“Il pretoriano... è Cassius?”
Il Re e la Regina si scambiarono gli sguardi a vicenda. Il padre si piluccò il pizzo ispido sul mento; la madre carezzò la chioma del figlio seduta sul letto. Finalmente, quindi, la madre si decise a rispondere:
“Crediamo di sì. Presto sarà giudicato. Se ritenuto colpevole sarà giustiziato”.

Anteprima tratta dal romanzo Il principe e l’Amuleto magico