Il 1917 è stato un anno cruciale per il Novecento. In piena guerra mondiale, con l’ingresso in guerra degli Stati Uniti, l’uscita dai combattimenti dell’impero russo e le sue rivoluzioni, la travolgente battaglia intorno a Caporetto, avremo molto da scrivere. Ma è stato anche l’anno in cui Sergio Tofano, in arte Sto, ha creato il mitico Signor Bonaventura.

Con la sua marsina rossa, il cappellino in tinta, i larghi pantaloni bianchi, le scarpe che sembrano tanto lunghe e il bassotto giallo, dal 28 ottobre 1917 ha allietato piccini e grandi dalle colonne dell’altrettanto mitico Corriere dei Piccoli, dove resterà fino al 1953. Supplemento del Corriere della Sera, il Corrierino vedeva Bonaventura a tutta pagina, in otto vignette dai testi in versi che creavano aspettativa, ma anche uno strano contrasto tra il linguaggio colto e la semplicità del personaggio. Era facile identificarsi in Bonavenura, soprattutto nel momento in cui si aveva bisogno di un sorriso. Che era semplice e dalla forte valenza educativa, pur se la tiritera serviva a rendere a tutti facile comprendere il linguaggio del fumetto. Le classiche parole “Qui comincia la sciagura”, oppure “l’avventura” nelle differenziazioni scelte dall’autore, entravano nella testa di tutti e l’attesa per il numero successivo delle vicissitudini era altissima. Perché il signor Bonaventura era squattrinato, sfortunato, ma per un serie di coincidenze e disavventure finiva per risolvere questioni anche complicate, meritando una ricompensa di un milione.

Soldi che subiranno l’inflazione e arriveranno al miliardo verso gli anni Cinquanta, ma che erano davvero una bella somma. La ricompensa insegnava ad agire bene, tenendo conto che le disavventure potrebbero anche diventare le fortune altrui, ma non generava invidia, perché il bigliettone della mancia era buffo e tutti i lettori parteggiavano per l’ometto alto alto e con il simpatico cane. Bonaventura insegnava che il mondo è pieno di personaggi cattivi, da Barbariccia al barone Partecipazio, ma anche di persone apparentemente amiche e non del tutto sincere, come il bel Cecè, così diverso dal Bonaventura ma che lo trascina in situazioni difficili, soprattutto a causa della propria vanità. Poche sono state le avventure finite male per Bonaventura, proprio come vogliono le fiabe che non devono mai avere un finale negativo; altrimenti l’omino buffo diventa un eroe, che sbandiera il suo bell’assegno ricco di cifre.

I testi sono espressi in distici, cioè due strofe alla volta, di ottonari, cioè di otto sillabe, a rima baciata: il creatore Tofano era un noto e colto attore teatrale, capocomico, ma anche regista scenografo e costumista, capace di creare caricature e humor raffinato; nella sua carriera ha anche disegnato moda e pubblicità, scritto libri per bambini ricchi di nonsense e capace, dunque, di trasporre il suo fortunato pupazzo in teatro in commedie musicali, in cui Bonaventura era rappresentato da lui stesso, andate in scena tra il 1927 e il 1953. Il signore in marsina rossa apparve anche in un film, impersonato da Paolo Stoppa, proprio per la regia di Sto, dal titolo Cenerentola e il signor Bonaventura uscito nel 1941. Negli anni Duemila, il figlio di Sto ha realizzato con Bigliazzi due cortometraggi in computer grafica 3D per la RAI.