Quante volte, ho guardato al cielo… ma il mio destino è cieco… e non lo sa!
E non c'è pietà, per chi non prega e si convincerà… che non è solo una macchia scura… il cielo!
Quante volte, avrei preso il volo…
Quanti amori conquistano il cielo! Perle d'oro, nell'immensità!
Qualcuna cadrà, qualcuna invece il tempo vincerà! Finche avrà abbastanza stelle… il cielo!
… Ma che uomo sei, se non hai… Il Cielo

(Il Cielo, Renato Zero)

Chi non si è mai chiesto da dove viene il cielo, quanto e perché è così magico e cosa c'è oltre lui? Io lo amo particolarmente e la sua contemplazione mi mette sempre in pace con il mondo.

Il cielo resta uno dei più grandi misteri della Natura, luogo dove perdersi con i pensieri, i sogni, i desideri, le speranze. Lo sguardo rivolto all’orizzonte approda sempre a lui quando si pensa a un futuro migliore, quando si sogna di scappare, di cambiare il proprio destino, di mollare gli ormeggi, di scalare le cime dei propri limiti, di volare via, di sorprendere e di sorprendersi, di sorridere e di ridere, di emozionarsi, di giocare una partita seria nel teatro della nostra esistenza, di seguire le nostre aspirazioni e i nostri ideali.

Aldilà di lui e delle sue morbide e sinuose nuvole di panna vediamo il nostro amore lontano, aspettiamo il momento di accarezzarne dolcemente la testa al prossimo tenero e infinito abbraccio, che, perso nel cielo immenso, non pare poi più così distante. Guardiamo in su, persi nei cirri ricamati, immersi nella purezza del creato, avvolti dagli abbracci dei raggi del sole che attraversano la luce come fulmini d'amore. Quella luce che filtra lascia quasi intravvedere il radioso Aladino che ci passa accanto avvolto dal calore delle stelle, e che, seduto sul tappeto volante insieme alla sua Jasmine, le canta "Ora vieni con me, verso un mondo d'incanto, Principessa è tanto che il tuo cuore aspetta un sì. Quello che scoprirai, è davvero importante. Il tappeto volante ci accompagna proprio lì. Il mondo è tuo, con quelle stelle puoi giocar. Nessuno ti dirà che non si fa. È un mondo tuo per sempre”.

Come la bella Jasmine anche noi avremo la sensazione che il mondo è nostro, percepiremo di come sia sorprendentemente nostro con accanto qualcuno che amiamo, sopra il cielo, nel cielo e attraverso il cielo, e realizzeremo che, guardando in giù, nulla vale la stella che ci sta accanto e che si sta sfiorando. Percepiremo che si sta volando fra i diamanti e le gemme, sulle ali delle comete, avvolti nella magia di un mondo che ci appartiene, che vuole bene proprio a noi diventati un leggero corpo celeste, quasi un’aurora boreale. Il cielo è, dunque, Amore, prima di tutto, soprattutto quando è azzurro e limpido, e ancora di più da quando c’è qualcuno in particolare. Tu che di stelle vesti il cielo, canterebbero i Modà.

Ma il cielo è Amore anche quando è rosso, impulsivo, curioso, caldo e acceso come i sentimenti più belli, come il desiderio di vedere e respirare tutto a due semplicemente solo restando abbracciati. Il tramonto trafigge cuori, cancella ogni timore, spazza via ogni remora nel lasciarsi andare alla vita ed alla sua intensa carica di energia. Il cielo è energia pura, metallo liquido che fonde anime, volontà e speranze. L’aria vibra, trepida. Con lui diventiamo fabbricanti di sogni, l’uno l’inizio dell’altro, anche la disneyana bella Anastasia concorderebbe. Sentiamo una voce: "Quando tu guarderai il cielo, la notte, visto che io abiterò in una di esse, visto che io riderò in una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero. Tu avrai, tu solo, delle stelle che sanno ridere!"; anche noi percepiamo di avere quelle stelle in cielo solo per noi, insieme al nostro fedele amico, il Piccolo Principe che guarda in alto con il nostro stesso identico sentire.

Noi che nel deserto rimaniamo colpiti dall’immensità del cielo e del suo colore azzurro che contrasta con il giallo intenso della sabbia arsa dal sole, noi che vediamo le nuvole avvilupparsi come il fumo di un vulcano impetuoso. Noi che nella fredda notte del Sahara guardiamo all’insù e che ci domandiamo "se le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua”. Talora il cielo piange, quando piove. Qualche volta è fortemente arrabbiato come quando si azzuffa con le nuvole scure che, tuttavia, si lasciano attraversare dai raggi del sole, arrendendosi, alla fine, alla luce del creato. Talora quello stesso cielo è estremamente timido, arrossito di fronte ad alcune confessioni di audaci innamorati, talaltra è roseo e violetto, rincuorato dalle loro infinite tenerezze. E allora il sole lo riscalda al tramonto, lo avvolge nella sua luce arancione di amico ed amante, lo bacia.

Talora il cielo è una vera poesia quando è accarezzato dalla neve. Perché la neve è una poesia. Una poesia che cade dalle nuvole in fiocchi bianchi e leggeri. Questa poesia arriva dalle labbra del cielo, dalla mano di Dio. Ha un nome. Un nome di un candore smagliante. Neve. Cosi Maxence Fermine descrive quello che ammiravo in montagna qualche tempo fa, fiocchi candidi che mi facevano guardare l’orizzonte infreddolito come me e che, in fondo, lasciavano spazio a sogno e attesa di un abbraccio forte che presto mi avrebbe riscaldato. Il cielo era grigio ma il candore dei fiocchi che cadevano lentamente, ma intensamente, imbiancava ogni pensiero. Presto una coltre morbida, avvolgente e accogliente, avrebbe ricoperto paura e ogni ombra di dubbio che potessero essere rimasti annidati nell’angolo di una mente divenuta leggera. Come una stretta di ali fra angeli. Come avrei voluto avere le ali per volare sulle nubi possenti e contare i fiocchi uno ad uno…

Vengono in mente gli angeli de Il Cielo Sopra Berlino, Damiel e Cassiel, che vedono in bianco e nero un cielo plumbeo che potrebbe essere quello che vedo io oggi, e che osservano le anime dei passanti, ne ascoltano i pensieri, quello di una donna incinta, di un pittore, di un uomo che pensa alla sua ex ragazza. Percepiamo la berlinese statua della Vittoria svettare verso un cielo divenuto azzurro limpido grazie solo al sogno di una pace vera e duratura, terso come quello che abbraccia le cupole panciute delle cattedrali ortodosse russe. Quelle cupole sono così azzurre che si confondono con quel cielo, diventano quasi una sola cosa con esso, fondendosi, unendosi, in un abbraccio avvolgente. Qualcuno dipinge, all’ombra di quelle cupole, qualcuno legge, a voce bassa, avvolto dalla sua bianca lunga barba, qualcun altro ricama all’uncinetto. Chi dentro un bar ben caldo e accogliente, chi nello spazio comune della Chiesa dedicato ai fedeli di sempre. Le candele riscaldano. E mentre la loro piccola e fioca luce infonde calore ai cuori infreddoliti, le preghiere che esse hanno ispirato salgono verso l’alto.

Verso il cielo, perché esso è libero, aperto, sincero, sereno, fedele amico pur nella sua incostanza e nella sua continua mutevolezza. Perché il cielo è di tutti.

Il cielo è di tutti

Qualcuno che la sa lunga
mi spieghi questo mistero:
il cielo è di tutti gli occhi
di ogni occhio è il cielo intero.
È mio, quando lo guardo.
È del vecchio, del bambino,
del re, dell'ortolano,
del poeta, dello spazzino.
Non c'è povero tanto povero
che non ne sia il padrone.
Il coniglio spaurito
ne ha quanto il leone.
Il cielo è di tutti gli occhi,
ed ogni occhio, se vuole,
si prende la luna intera,
le stelle comete, il sole.
Ogni occhio si prende ogni cosa
e non manca mai niente:
chi guarda il cielo per ultimo
non lo trova meno splendente.
Spiegatemi voi dunque,
in prosa od in versetti,
perché il cielo è uno solo
e la terra è tutta a pezzetti.

(Gianni Rodari)