C’era quella temperatura instabile, quell’aria mossa che fa straniera la città che calpesti tutti i giorni, spolverando di novità gli scorci fino ad allora considerati uggiosi.
Emma camminava e si diceva che era troppo fantasiosa e suggestionabile; era solo presto, ecco perché le strade sembravano tutte nuove ed estranee.
Metteva un passo dietro l’altro e pensava a raffica, la mente come una manica a vento, gonfia e oscillante.
Se avesse allineato tutte le idee inedite sulla sua vita in quel momento, queste avrebbero formato un trenino con una locomotiva sgambettante, impaziente e c'era chi la salutava ai binari: quella cosa tipo la speranza e morire e mai.
L’ultimo fidanzato l’aveva abbandonata due mesi prima di quella mattina in cui lei non riusciva più a stare in casa, colta da una febbre primaverile verde germoglio: voglia di uscire, mettere i jeans, togliere i jeans, le ballerine, i sandali, la borsa piena di cianfrusaglie e via, camminare, camminare.
Adesso, mentre i marciapiedi vuoti l'accoglievano spaziosi, lei ricordava i fatti e il dolore dei fatti, un oggetto di colpo rimpicciolito, infeltrito.
“Sei troppo concentrata sulle tue cosine” le aveva detto quell’uomo espansivo con una smorfia involontaria e una mano colibrì.
L’aveva conosciuto un anno prima e l'aveva amato di slancio, nonostante non assimilasse bene tutta quella sua positività baldanzosa ed energica, quel color rosso amarena su tutte le cose, quel tutto o niente, quella totalità per finta.
E poi lei odiava il rosso.
Gliel’aveva anche detto una volta: “Per me il blu sì che è un colore erotico, mica il rosso. Perché l’erotismo è anche un po' ghiaccio e distacco. Blu profondo. Ha senso per te questo discorso?”
Lui non aveva udito o non aveva capito o non aveva risposto bell’apposta, perché forse, anche quella frase, era una di quelle cosine.
Aveva quindi organizzato una cena, per lei.
Durante la cena le disse, con parole tutte calore e mani nelle mani, che era finita. “Perché non me lo hai detto al telefono?” aveva chiesto Emma.
“Scherzi? Al telefono è orribile. Sei fredda e brutale a volte” aveva risposto lui.
Quindi mangiare con la fine sul piatto, attenzione a quel boccone di cuore in mezzo agli spinaci, con la fine dentro un bicchiere mezzo pieno, la traccia del suo rossetto non baciato, era un modo appropriato e amorevole, per dirsi mi ritiro, passo, non confermo la mia partecipazione al prossimo futuro.
La forma delle cose è incomprensibile a volte.
Lei era brutale, diceva lui.
Con un’espressione grave il suo freschissimo ex fidanzato aveva anche inclinato il volto a destra come si fa quando, subito dopo, si dice: “Saremo sempre amici. Sempre”.
Chissà com'è quell'altra, aveva pensato lei, che in quel momento era tutta blu, dandosi subito della banale, della bestiale.
Peccato averci mangiato sopra, ora arriverà il mal di stomaco.
Quella sera, un'ora esatta dopo l'ora dell'addio, approdata a casa aveva bevuto un bicchiere di vino, un altro, ma più amichevole, bianco, il vino di casa, ed era subito diventata pigra e pigramente triste e pigramente un ectoplasma; un fantasma dal colorito naturale.
Nei giorni successivi era rimasta a casa; una scusa al lavoro e la stessa per le amiche della palestra, e si era invece allenata a una routine che prevedeva poco cibo, un po' del suo vino, una pillola per dormire e un'alternanza tra sonno e acqua; si faceva diverse docce al giorno come per spurgare la pelle da tutto quell’abbandono.
Tossine con la faccia a ghigno vorticavano nello scarico.
Non si toccava, resisteva al suo corpo.
A volte, nel dormiveglia, pensava a un uomo generico che arrivava a quell’ora precisa, si spogliava con metodo, le si metteva sopra o di fianco e la penetrava, senza parole, senza vertigini; un incontro di egoismi, un soffocamento reciproco, una cosa pura e bella, a modo suo.
L’uomo vero, quello in carne rossa, era scomparso, si era diluito nel tempo e nello spazio ma quella mattina, era molto presto e le strade deserte, il cancello della sua prigione azzurrina si era aperto.
Cresceva un'energia premurosa, tutta crepitante, uno slancio instabile ma vitale che procedeva a voltare pagine.