A Montevarchi, luogo di eccellenza per la scultura italiana dell'Otto e del Novecento, se ne mette in luce per la prima volta la straordinaria vena satirica con la mostra “Sculture da ridere. Da Adriano Cecioni a Quinto Ghermandi. Tra Ottocento e Novecento, un secolo di caricatura e satira nella scultura italiana”. Oltre 170 opere tra terrecotte, bronzi, gessi, disegni e dipinti svelano per la prima volta un secolo di caricature e satira nella scultura italiana.

Italia, popolo di santi, poeti e navigatori? Sul finire di questa seconda Repubblica, con beneficio d'inventario per santi e navigatori, quello che va senz'altro sostituito ai poeti sono i comici. Che si dimostrano i più sottili e acuti interpreti della politica, la cosa pubblica, sviscerata con dovizia e professionalità, maggiore spesso di quella posseduta dai preposti all'informazione, secondo le incongruenze del nostro Paese delle meraviglie.

Grazie alla mostra Sculture da ridere, visitabile nello spazio mostre temporanee Ernesto Galeffi del Museo Civico, possiamo vedere come, anche durante la prima Repubblica, non sono mancati gli sberleffi, attraverso una sessantina di piccole terracotte policrome satirico-caricaturali di Quinto Ghermandi, mai presentate prima, riferite ai principali politici della Prima Repubblica. Questa sezione della mostra, è bene avvertire, è posta al piano superiore, riservata a un pubblico adulto per la particolare trattazione che l'artista fa di ministri e deputati. L'organizzatore, per cautelarsi da accusa di vilipendio al Capo dello Stato, ha preferito chiedere a Napolitano il permesso di esporre una statuina che lo rappresenta. Permesso accordato. Le altre deliziose caricature, per citare solo alcuni nomi, appartengono a Berlinguer, Nilde Jotti, De Mita, Andreotti, Napolitano, Pertini, Craxi, Fanfani, Spadolini e Di Pietro.

Ma questa bella mostra, frutto del lavoro appassionato di ideazione, ricerca e raccolta di pezzi rari, fragili, poco conosciuti, da parte del direttore scientifico del museo Alfonso Panzetta, si estende a proporci anche molte altre opere, circa un centinaio, a delineare un secolo di caricatura e satira nella scultura italiana. Una dozzina sono di due toscani, i macchiaioli Cecioni e Tricca, tra terracotte policrome e tavole caricaturali. Umberto Tirelli, modenese che ha vissuto a lungo a Bologna, grande disegnatore di caricature per i più importanti periodici italiani tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, è presente con oltre venti caricature in terracotta dipinta, tutte assolutamente inedite, tra le quali un tenerissimo Giuseppe Verdi al Pianoforte, un Carducci rubizzo col fiasco ai piedi, un Marconi con le orecchie a radar. C'è pure Eleonora Duse, Emma Gramatica e Primo Carnera. Poi tavole colorate e un grande dipinto inedito raffigurante il Caffè Nazionale di Bologna, popolato delle caricature di personaggi e artisti della Bologna degli anni Venti del Novecento. Di Cleto Tomba, bolognese, sono state selezionate una trentina di terracotte policrome di grande effetto, molte delle quali inedite. Scene di vita sociale di grande intensità e varietà, dagli ergastolani in ora d'aria, ai preti che si raccontano le confessioni, a madri di saccentini che si pavoneggiano. Spesso la sua satira si vena di malinconia.

Si colma così una lacuna espositiva che aveva fatto credere che la caricatura fosse prerogativa della pittura e della grafica. Fino a oggi, nel campo della scultura ci si è sempre limitati a citare le opere di H. Daumier, che ai primi dell’Ottocento ritraeva i politici francesi dell’epoca, e le straordinarie e rarissime terrecotte prodotte cinquant'anni dopo dal macchiaiolo Adriano Cecioni. A lui, in questa sede, oltre a mostrare subito all'entrata una bellissima terracotta che di buffo ha soltanto il titolo, è stato dato l'onore della copertina del ricco catalogo scientifico, anch'esso curato dal Panzetta. Vi figurano anche opere di Leonardo Bistolfi, Enrico Caruso, Ettore Ximenes, Felice Tosalli, Giuseppe Renda, Timo Bortolotti, Rodolfo Castellana, Amilcare Guido e Renato Brozzi.

Fa riflettere questa satira politica. Per Ghermandi le sculture erano una sorta di sfogo dell'artista, destinato a pochi intimi. Anche se sono evidenti, in mostra, due distinti modi di gestire la satira, il bonario emiliano, e il lucido, anche spietato toscano, sentiamo un rimpianto per dei toni che, almeno formalmente, erano contenuti. Forse perché non si assisteva, come invece accade oggi, a una impudente e sfibrante negazione da parte dei politici di ogni loro colpa o trasgressione.

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Foto:
1. Quinto Ghermandi, I falchi e le colombe (Sandro Pertini, Aldo Moro, Giorgio Almirante, Bettino Craxi, Enrico Berlinguer, Giulio Andreotti), 1980 c., h 14,5 x cm 2.
2. Cleto Tomba, Le belle famiglie, 1949, terracotta dipinta su base in legno, h 18 cm
3. Quinto Ghermandi, Compromessi (Prete di campagna e Enrico Berlinguer), 1980 c., terracotta policroma
4. Quinto Ghermandi, L'automobile (Giovanni Agnelli), 1980 c., terracotta policroma
5.Quinto Ghermandi, Locumone aretino ( Amintore Fanfani), 1980 c., terracotta policroma
6. Quinto Ghermandi, Triplice Riposo (Luciano Lama, Pierre Carniti, Sandro Benvenuto ),1980 c., terracotta policroma