Le storie del folclore giapponese sono da sempre popolate da divinità, eroi mitologici, animali dai tratti umani e creature demoniache. Tra queste ultime vi sono gli Oni, esseri simili agli orchi occidentali molto popolari nelle rappresentazioni artistiche, teatrali e nei racconti letterari e religiosi giapponesi dove vengono descritti come demoni dagli artigli taglienti, dalle lunghe corna, dai capelli selvaggi e scompigliati, creature terrificanti che amano cibarsi di carne umana e trasformarsi in giovani fanciulle o innocui animali per ingannare gli uomini.

Solitamente di sesso maschile, gli Oni possono manifestarsi anche come creature femminili feroci, aggressive e vendicative: innumerevoli sono le narrazioni folcloristiche giapponesi in cui compare la Yamauba, letteralmente “vecchia donna delle montagne”, un’anziana rugosa dalla bocca larga, gli occhi tondi e sporgenti, i capelli bianchi e arruffati, vestita di un abito sporco e stracciato che vive tra i monti e si ciba di carne umana, preferibilmente bambini, la cui controparte occidentale può essere ravvisata nella strega di Hansel e Gretel, racconto dei fratelli Grimm, o nella Baba Yaga della mitologia russa.

Nel Konjaku Monogatarishū, una famosa raccolta di oltre mille racconti risalente al periodo Heian (794 - 1185 d.C.), si narra di una donna incinta che, trovandosi costretta a partorire in un bosco tra le montagne, si rifugia in una vecchia capanna dove viene assistita da un’anziana signora del luogo, che in seguito si scoprirà essere una Yamauba che divorerà il piccolo appena nato. Un’altra storia, quella narrata nell’Ushikata to Yamauba, racconta di una strega che divora tutto ciò che incontra: la vecchia donna delle montagne tenta di mangiare un pescatore incontrato lungo il cammino insieme ai pesci pescati, il carro su cui venivano depositati questi ultimi e il bue che trainava il carro. Terrorizzato dalla megera, l’uomo fugge attraverso il bosco riparandosi in una vecchia capanna che scoprirà essere la dimora della Yamauba, che egli riuscirà tuttavia a ingannare e sconfiggere grazie alla sua astuzia.

Altre leggende popolari descrivono la strega dei monti come una creatura avente una larga bocca sulla nuca nascosta tra i capelli o come una donna malefica la cui unica debolezza è costituita da un fiore che cela la sua anima. La Yamauba tuttavia non sempre viene presentata come una vecchia e cattiva megera che divora esseri innocenti, basti pensare alle storie narrate durante il periodo Edo (1603-1868 d.C.) in cui la creatura viene descritta come una figura assolutamente positiva, una donna seducente e intelligente ben lontana dal commettere infanticidi: alcune credenze popolari, soprattutto rurali, identificano ad esempio la Yamauba con la dea della maternità e della fertilità la quale, ogni anno, dà vita a dodici figli che simboleggiano i dodici mesi dell’anno.

In altri racconti, quali il Gaun Nikkenroku, la Yamauba partorisce quattro figli che simboleggiano le quattro stagioni e perciò chiamati Haruyoshi (Buona Primavera), Natsusame (Pioggia d’estate), Akiyoshi (Buon Autunno) e Fuyusame (Pioggia d’inverno). L’identità della Yamauba, la strega delle montagne, è dunque una identità complessa e contraddittoria: una dea primordiale, la Madre Natura, che porta fertilità e benessere ma al tempo stesso è capace di morte e distruzione, proprio come la divinità dell’antico Egitto Isis e la Kalì induista.