Racconto a Manina che due giorni prima sono passato davanti a un interessante costruzione che sembrava un fortino ispanico e invece era il carcere, dove le guardie mi hanno detto che ci sono 145 detenuti e mi hanno anche parlato di una donna italiana che li aiuta.

“Quella donna sono io. La prima volta che ho messo piede nelle carceri di Hell-Ville è stato nel 2006. Fu il direttore a chiedermi di curare 52 detenuti affetti da scabbia. Procuro i medicinali e scopro che lì manca l’acqua, allora faccio costruire dai carcerati tre grosse vasche di cemento e allaccio i tubi alla rete idraulica del comune. Sempre a spese mie. Ora tutti possono lavarsi, lavare la biancheria e cucinare. Vengo poi a sapere che mangiano solo manioca, che ingerita in gran quantità decalcifica e porta l’ulcera. Da allora porto ogni giorno 30 kg di riso e due volte alla settimana carne, pesce, pomodori, fagioli, olio, medicinali e quant’altro”. E io: “Ho saputo che hai anche costruito delle celle per i carcerati e degli orti interni per renderli autosufficienti”. “Sì, quando ho visto che vivevano tutti ammassati in un unico stanzone, ho creato degli spazi meno opprimenti. Al contempo, ho aperto un altro importante dispensario e un allevamento di mucche e vitelli”.

Donna di temperamento che rispecchia il mito dei vazha (pelle bianca, uguale a semidea), che corrisponde a venerazione e profondo rispetto: “Semplicemente illuminante. Siamo al 2007”. “In quell’anno apro ad Ambondrona la Scuola Secondaria Superiore, con mensa scolastica, biblioteca e pozzo. Il 2008 è l’anno in cui il Presidente Napolitano mi conferisce l’onorificenza di ufficiale della Repubblica Italiana per Meriti. Costruisco scuole a decine, altri pozzi e altri dispensari, nei quali vengono praticate circoncisioni, organizzate distribuzione di riso a 360 indigenti e di latte ai neonati. Nel 2009 nasce la Scuola di Agraria siglata MFR (Maison Famille Rurale), e anche l’Associazione Afotsama, che autorizza i miei più stretti collaboratori a gestire tutte le attività realizzate da me”. Questo è il suo punto di forza che non hanno altri, dare alla popolazione gli strumenti per evolvere autonomamente.

Una intensa attività da donna sensibile e carismatica: “Sei davvero una forza della Natura e della Cultura: santa subito!”. Ride, sospira e continua: “Nel 2010 le scuole erano già 200 e ci lavoravano 250 persone. I bambini scolarizzati erano circa 12.000. L’anno dopo, il 2011, abbiamo festeggiato il decimo anniversario delle scuole Tsaiky Tsara e per l’occasione è stata posata la prima pietra al Liceo Tecnico Professionale, con corsi per elettricisti, meccanici ed elettrotecnici. E accanto, altre 5 scuole materne”. Continua dicendo che nel 2014 sono iniziati anche i corsi al Liceo di Cultura Generale. E via di seguito, senza fine, con liste interminabili di scuole e centri di assistenza. Oggi, dopo 16 anni, le miracolose opere di Manina Consiglio hanno coperto il territorio in modo capillare... non è venuta a Nosy Be per fare la missionaria, ma per dare un senso alla sua vita. E così è stato.

Lasciato l’elenco di questa incredibile successione di vicende ufficiali che testimoniano il grande amore di Manina per questa gente, torniamo a dialogare a ruota libera. Si sente offesa da quegli europei residenti che criticano i malgasci, ed esclama: “Che se ne vadano, nessuno li obbliga a restare”. Tipico dei residenti stranieri è proprio il criticare ed elencare i difetti degli autoctoni in base ai propri standard di valutazione sociale, morale, culturale, come fossero verità assolute e universali. Perdono di vista l’essenza delle cose, come la dimensione spirituale, la sobrietà, il rispetto per le differenze culturali e tutti quei motivi che li hanno spinti a venire qui per abitarci.

Manina entra nel merito, tratteggiando affettuosamente il carattere dei Sakalava: “Sono educati, rispettosi, allegri, armoniosi, dignitosi ma anche suscettibili, se alzi la voce con loro non vogliono più saperne di te. Nel loro frasario non esistono offese o parole cattive”. Breve pausa di riflessione e aggiunge: “Sono anche molto ordinati e parsimoniosi. Nelle mense delle scuole materne, con distese di bambini dai 3 ai 5 anni, sui tavoli non trovi un chicco di riso caduto fuori dal piatto e neppure una goccia d’acqua. Loro sono proprio così, garbati nei movimenti anche quando camminano. Non sono mai sguaiati”. A questo punto lei scappa una battuta ironica: “A dir il vero abbiamo un problema disciplinare al contrario, arrivano sempre a scuola con 5 minuti di anticipo”. Continua a raffica: “In classe non si sente una mosca volare, loro vengono per studiare in silenzio e non per fare caciara come in Italia. Sono coscienti del privilegio di poter studiare e rispettosi con gli insegnati”. Racconta di una maestra italiana che arrivata nel cortile della scuola è tornata da Manina dicendo che non c’era nessuno. In verità, spiega Manina: “La scuola era al completo, come sempre, solo che non sentendo neppure un bisbiglio lei ha pensato che fosse vuota”. Ammette: “Se sono riuscita a fare tante cose lo devo anche al carattere collaborativo e docile di questo popolo. Oggi la mia vita non è più tranquilla... ma credo di averne trovato il senso”.

Manina cambia tono e confida: “Nel 2013 mi hanno bruciato la casa, per invidia”. Anche se il fatto non è attribuibile a qualcuno in particolare, è evidente che il suo operato ha dato e da fastidio a molti. Una donna laica che in 16 anni ha messo in piedi un “sistema comunitario” gratuito con la partecipazione della popolazione, riconosciuto dalle istituzioni locali e nazionali, che produce cultura, benessere e autonomia, rompe degli “equilibri” consolidati, basati sul profitto. Tutto questo può creare intorno a lei invidie e competizione che possono portare ad azioni di ostilità e di violenza.

Usciamo dal gazebo, siamo nel punto più alto della proprietà e da qui, tra il verde, è visibile un tratto di oceano. Mi mostra due gruppi distinti di lustri bungalow destinati al “turismo solidale”. È importante parlarne, poiché i turisti che vanno da Manina fanno una scelta legata ai suoi progetti di solidarietà. Un solo bungalow è occupato da una coppia di Parma, gli altri sono vuoti. Manina racconta che nel periodo pasquale ha ricevuto tante prenotazioni di gente che poi non ha trovato il biglietto aereo per raggiungere l’isola. Pare che in certi periodi dell’anno i tour operator che gestiscono il flusso di turisti all’Andilana Beach Resort, la spiaggia più esclusiva dell’isola, vendano tutti i pacchetti dei voli e per i viaggiatori indipendenti non è facile arrivare direttamente a Nosy Be.

Manina per un attimo interrompe i discorsi sui suoi progetti e mi mostra il bungalow dove 7-8 anni fa alloggiava un suo cliente ucciso alle Comore: “Erano tre francesi, molto atletici, avevano organizzato un colpo di stato alle Comore e in seguito seppi che lui era il capo. Il motoscafo pieno d’esplosivo lo tenevano attraccato proprio qui sotto. I servizi di Intelligence li seguivano e, purtroppo per loro, l’imbarcazione con i tre mercenari fu fatta saltare in mare aperto, ancora prima che giungessero alle Comore”.

Provo a toccare il tema del traffico di organi di bambini, visto che recentemente è stato ucciso un bambino sulla spiaggia ai piedi di questa collina. Risponde con amarezza: “Sono anni che qui si fa traffico di organi, ma guai a dirlo, può nuocere al turismo locale. Finalmente due li hanno presi, ma non sono i capi. Il fatto è che qui c’è una marea di bambini che vanno in giro da soli e per questa gente è facile rapirli“. Continua: “È gente che viene da fuori. Se li prendono li avvolgono coi copertoni di auto e gli danno fuoco, come fanno coi ladri”.

Sono ore che parliamo fitto-fitto, si è fatto tardi e mi accingo a salutarla. Quello che mi ha detto mi ha trasmesso diverse emozioni che sento il bisogno di raccontare per iscritto. Mi invita a restare suo ospite in uno dei bungalow, l’offerta mi onora, ma rifiuto. Sul cancello di casa, le rivolgo un ultima battuta: “Grazie delle cose belle che mi ha raccontato e che soprattutto hai fatto! Andrai certamente in paradiso… ” E lei, senza esitare: “Giò, il paradiso è qui!”.

Mentre scendo il sentiero che mi porta al centro di Ambatoloaka, dirigendomi verso i taxi, sono attraversato da una forma di esaltazione mista a commozione. Manina mi ha aperto un file nuovo rispetto ai viaggi che ho sempre fatto. Questa donna ha portato salute, lavoro, istruzione e, con essi, cultura e benessere, in un'isola bellissima, ma povera e abusata. Lei, in pochi anni, ha cambiato il dna sociale della comunità locale, attraverso la scolarizzazione precoce dei bambini, seguendone poi l’istruzione nell’adolescenza. Creando loro le condizioni per crescere nel rispetto de loro diritti primari, ha dato dignità, cittadinanza e visibilità all’infanzia. In Italia Manina forse sarebbe stata una ex insegnante come tante, il destino l’ha condotta a Nosy Be, dove è diventata un’icona. Ci sono persone che grazie alla loro intraprendenza, al coraggio e allo spirito indomito, riescono a raggiungere l’immortalità. Lei, molto probabilmente, sarà ricordata oltre la vita.

Leggi anche la prima parte: http://wsimag.com/it/economia-e-politica/19761-nosy-be