Dalla città di Cuzco, dove la cultura Inca venne soggiogata dagli Spagnoli, vedere il mondo porta inesorabilmente a una diversa misura della storia. E, nella impossibilità di scrivere un commento organico, vorrei fare alcune osservazioni sparse. Ma, anzitutto, occorre fare una premessa.

In qualsiasi paese del mondo, Clinton avrebbe vinto le elezioni, avendo riportato il maggior numero dei voti. Ma gli Stati Uniti non hanno una costituzione democratica. Mentre gli americani si considerano la “sola democrazia al mondo” (George W. Bush, discorso al Congresso alla sua inaugurazione), va notato che la costituzione americana è un relitto di altri tempi. Quando i diversi stati usciti vittoriosi dalla Guerra d’Indipendenza contro l’Inghilterra decisero di unificarsi negli Stati Uniti d’America, gli stati più piccoli temevano di essere sottomessi a quelli più grandi. Si inventò, così, un compromesso di garanzia. Il Senato, organo primario del sistema legislativo, sarebbe stato formato da due senatori per stato. Il Wyoming, che ha 800.000 elettori, ha due senatori, come la California che ha 27 milioni. E il Presidente della Repubblica è eletto da “voti elettorali”, che sono dati a ciascun stato in base a considerazioni analoghe. Già Al Gore, che avrebbe vinto per la maggioranza dei voti, perse le elezioni con George W. Bush per i voti elettorali (aiutati dalla Corte Suprema Repubblicana, che dette la Florida a Bush). Questa volta è successo lo stesso. E se si va a vedere, gli stati meno sviluppati votano repubblicano (con eccezione del Texas e di poco altro), ma la maggioranza del senato può essere ottenuta mettendo insieme i 26 stati con meno popolazione e sviluppo, prevalendo sugli altri 24 di maggior popolazione e industrializzazione. Vi sono altre norme antidemocratiche nella costituzione, come ad esempio quella secondo cui alla morte di un senatore, è il governatore che nomina il sostituto. Quindi un governatore repubblicano può nominare un senatore repubblicano, anche quando il morto era democratico…

E passiamo ora alle osservazioni. La prima, è che gli amici di “Italiani” sono testimoni del mio timore per l’elezione di Trump. Il fatto che praticamente tutti gli osservatori, i sondaggi, i media (le eccezioni si contano sule dita di una mano) dessero per vincente la Clinton, dà una misura dello scollamento del sistema dalla realtà. Successe lo stesso con la Brexit, con le elezioni austriache, con quelle filippine… la spiegazione è semplice. Noi frequentiamo i nostri amici: la società è ormai fatta da circoli concentrici ma paralleli. Crediamo che l’osservazione di un professore universitario abbia più valore di quella di un disoccupato. Quindi, non abbiamo una visione completa della società in cui viviamo.

Ora, seconda osservazione, le vittime del processo economico e sociale, create dalla visione di un capitalismo autodistruggente, che premia molto bene pochi, ma che frustra le speranze di moltissimi, sono molte di più di quanto possa intravedere chi non le frequenta. E sono vittime che vedono ogni giorno esempi di corruzione, sprechi e ricchezze, che le portano ad avere passioni, non opinioni. Che dopo aver speso 4 trilioni di dollari (la cifra più modesta) per salvare le banche (che hanno ancora 800 miliardi di titoli tossici), la priorità continua ad andare al settore finanziario, invece che alle spese sociali pubblicamente considerate improduttive, e ciò viene sentito in modo diverso da chi è dentro e da chi è fuori. Che le banche abbiano dalla crisi del 2008 (dalla quale non siamo ancora usciti) pagato multe per 280 miliardi di dollari (senza contare i 14.5 miliardi ancora in ballo per la Deutsche Bank), non sfugge. Che il totale dei sussidi per l’occupazione giovanile nei paesi della OECD sia di poco superiore ai 20 miliardi di dollari, quando la banca Centrale ne dà 80 al mese per il sistema bancario europeo (che non lo passa al sistema produttivo, ma li investe in quello finanziario), non aiuta certamente i giovani a sentirsi parte dell’Europa. Ma chi ha più sentito, nel dibattito politico, i termini di solidarietà, giustizia sociale, partecipazione, equità? Esiste in qualche settore della politica un dibattito sul come aumentare l’occupazione minacciata dall’uso dei robot, che costituiranno il 40% della produzione industriale tra venti anni? Su come la corruzione sia sentita in aumento crescente dai cittadini, e vada affrontata urgentemente? Si possono sentire rappresentati quelli che hanno votato per la Brexit e per Trump?

Questo porta alla terza osservazione. La politica è ormai sottomessa alla finanza, priva di visioni e ideali, che sono stati scartati con la fine delle ideologie, e si dedica a temi puntuali e amministrativi. Non va ignorato che il numero di cittadini che dicono che la sinistra e la destra sono sparite, ha raggiunto percentuali senza precedenti. La politica, per reazione, si chiude a riccio e diventa sempre più autoreferenziale. Chi è il cittadino che vede in un partito uno spazio di partecipazione ed espressione, al di fuori degli addetti ai lavori, come quando c’era la gioventù dei partiti? Questo calo di partecipazione è un serio elemento di crisi della democrazia. Allo stesso tempo, sono chiari agli occhi di tutti chi siano i Le Pen, i Farage, i Salvini, ecc. È chiaro a tutti che sta tornando il nazionalismo, il populismo e la xenofobia. Queste sono le spie classiche della crisi. Gli anni Trenta sono un capitolo da ricordare… Avrà la politica la capacità di trovare il suo cammino, di ideali e di visioni, in cui far sentire i cittadini parte di un disegno comune? Non è che resti molto tempo…

E allora, quarta osservazione, adesso abbiamo il Presidente della guida del mondo, gli Stati Uniti, che dice chiaramente: non gli interessa il mondo, se non nella misura in cui fa gli interessi americani. Il multilateralismo, dalla Unione Europea alle Nazioni Unite, è già in una crisi crescente da quando Ronald Reagan e Margaret Thatcher, nel 1981, dichiararono che non credevano nella cooperazione internazionale, e che ogni paese se la doveva vedere da solo. Questa linea è proseguita con alti e bassi, ma con un trend continuo. Non è un segreto che quando si trattava di eleggere il segretario generale uscente, la richiesta del Presidente Americano fu: qual è il più debole di tutti? Obama ha cercato di fermare il trend. Ma il suo popolo (meglio, una parte che nessuno aveva visto sinora) non la vede così. Non dimentichiamo che la stessa battaglia è stata fatta da Sanders, che ha avuto comunque 10 milioni di voti. Se si fosse potuto presentare, avremmo visto come gli americani giudicano due cammini, uno dei quali, dichiarato socialista, rappresenta una novità altrettanto radicale come quella di aver eletto Trump. In un paese dove il termine socialista era come dichiarasi un alieno agli USA, e pericoloso, abbiamo ora un paese leader totalmente disomogeneo rispetto alle relazioni internazionali esistenti. Saprà l’Europa trovare una propria voce? Anche perché se non lo fa adesso, non si vede quando lo potrà fare… Ritorneremo a dare spazio alla cooperazione internazionale, al multilateralismo, ai piani di sviluppo? Abbiamo una buona cartina al tornasole. Se nulla cambia con la Grecia, vuol dire che la classe politica è incapace di processare il mondo che sta attraversando.

La quinta è una banalità. I cinesi usano la parola crisi, anche nel senso di opportunità. Avremo almeno per quattro anni (Putin, Grillo, Le Pen and co. sperano per otto) un governo per il momento imprevedibile. Trump è un politico di pancia, non di cervello. È la classica incarnazione di quello che si chiama un politico imprevedibile. Ma che, sopratutto, non ascolta consigli. È anche prigioniero del suo particolare elettorato. Certamente il sistema lo imbriglierà come potrà. Ma tutte le carte che conosciamo sono ora in aria. Questo significa anche che è possibile fare politiche innovative, che il quadro arrugginito precedente non permetteva. Anche perché sarebbe difficile vedere quale politica comune possano avere Trump, con la May, con Farage o con la AFD… I partiti populisti non sono mai riusciti a creare una politica comune, ad esempio nel Parlamento Europeo… hanno solo nemici comuni, ma non piani alternativi omogenei… quindi, adesso che le carte sono in aria, vi è tutto lo spazio per inventare e costruire… Ma questo non si potrà fare se non si prende atto che siamo in una crisi politica e di democrazia, di società e di prospettive, che se non viene assunta e metabolizzata dalla classe politica al potere, vedrà un successivo sgretolarsi del sistema, e che la crisi in atto (che non sarà risolta dal populismo e dal nazionalismo) finirà per rendere impossibile qualsiasi governabilità…

E mi sento obbligato ad aggiungere una considerazione finale. Per chi ha operato tutta la vita per creare coscienza e partecipazione, la società civile era la forza che riequilibrava la crisi di valori e di policy (in inglese c’è policy, che è il procedimento, e policy che è la politica delle idee. Questa differenza non esiste nelle lingue latine). Orbene, se vi è un tema che la società civile ha portato avanti dalla sua nascita è il tema di genere. Una differenza per un giovane di oggi e uno della mia generazione, è che la questione femminile allora non esisteva, mentre i giovani di oggi ne sono perfettamente coscienti. Ed è un tema che è presente nei media, nella politica, nella cultura, nelle organizzazioni, da industriali ad aziendali, da politiche ad amministrative e culturali.

Ebbene, dopo tutto quello che Trump ha fatto e detto sui temi femminili rispolverando un “machismo” da caserma che si credeva ormai inaccettabile, dopo dichiarazioni e manifestazioni di protesta di tutte le organizzazioni femminili del mondo artistico, economico e culturale, il 53% delle donne americane ha votato Trump, una percentuale non lontana da quella dell’elettorato maschile. Era successo con Berlusconi in Italia, organizzatore di festini con minorenni che parlava liberamente della donna come oggetto, tanto da farsi lasciare dalla moglie. Questa votazione è un duro colpo per tutta la società civile, e per coloro che vi si impegnano perché sono convinti che creando coscienza sia possibile un mondo migliore… abbiamo perso una importante battaglia, e la Guerra si fa molto più difficile…