La salute è diritto di tutti, tutelato dalla Costituzione italiana. Ma com'è che allora esistono 21 sistemi gestionali della salute in Italia con trattamenti e disponibilità di accesso differenti? Non è forse diritto di tutti essere tutelati nella possibilità di sopravvivere a un tumore avendo accesso nella propria regione a sistemi di cura innovativi e magari salvavita? Allora perché per colpa di questa disomogeneità territoriale, in alcune ASL certe innovazioni per curare il cancro arrivano dopo pochi giorni dall’approvazione nazionale mentre in altre ci impiegano 3-400 giorni e altre ancora in cui non arrivano mai?

Il fatto è che la salute degli italiani vive di una burocrazia spartita tra Stato e Regioni e questo crea le attuali difficoltà a tenere una linea uniforme e uguale per tutti. “L’articolo 117 riporta la tutela della salute esclusivamente allo Stato e dà la sanità esclusivamente alle Regioni. Questo consente alle regioni virtuose di continuare a fornire i loro servizi nel modo migliore, e permette di intervenire in situazioni che vedono complessivamente 34 milioni di italiani non adeguatamente assistiti” ha spiegato Ricciardi, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, a margine del Forum Risk Management di Firenze. Inoltre la sostenibilità della sanità italiana, come afferma Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, non si risolve con il taglio dei fondi nel settore sanità, ma la strada migliore sarebbe quella della riorganizzazione del territorio. Una riorganizzazione che parte anche da una gestione intelligente dei ricoveri, una strategia per la gestione delle malattie croniche e del corretto uso dei pronto soccorso.

Si snocciolano alcune cifre impressionanti: 10 giorni di ricovero ospedaliero in meno permettono di sostenere 40 anni di cure farmacologiche per un assistito. “Un ricovero costa mille euro al giorno, una cura farmacologica 274 euro l’anno. Le risorse risparmiate con i ricoveri evitati potrebbero essere investiti in trattamenti farmacologici oppure, indirizzati per dare i nuovi farmaci ai cittadini, magari anche per quelli contro l’epatite C” spiega il numero uno di Farmindustria. Sia chiaro, ciò non significhi una disattenzione verso il reale stato di salute del paziente ricoverato, che viene dimesso in virtù non della sua totale remissione dalla malattia ma dalla necessità del risparmio da parte del SSN, ma certamente i numeri parlano chiaro dal punto di vista manageriale di come si controllano le efficienze e i costi di gestione.

A Roma è stato presentato dalla Federazione dei Medici di Medicina Generale, nell'ambito di un convegno, il progetto Innov@Fimmg, che consiste nel pianificare e ben gestire in quattro regioni pilota la cura delle patologie croniche. Il progetto prevede un risparmio di circa tre miliardi l’anno, con la possibilità di estenderlo su tutto il territorio nazionale. “Si tratta di risorse che possono essere reinvestite dove servono. Anche in farmaci, perché no. Saranno i medici a capire dove c’è più esigenza. Quindi se dare un farmaco mi fa risparmiare l’ospedalizzazione o se economizzo spingendo sull’aderenza, è lì che vanno concentrati gli sforzi”, si dice da Farmindustria. “In riferimento alla modifica dell’articolo 117 del titolo V che prevedeva una diversa divisione di competenze tra Stato e Regioni per alcune materie, di fatto non cambierà nulla rispetto ai quindici anni precedenti” afferma Ricciardi dell'ISS a margine del commento della vittoria del NO al referendum. “Avremmo preferito una Costituzione che avesse potuto segnare la supremazia dello Stato, come prevedeva la riforma. Il nostro è un paese con popolazione anziana, alta comorbidità, problemi finanziari e enorme disomogeneità di accesso alle cure. Come Istituto Superiore di Sanità continueremo a dare il nostro supporto e ce la metteremo tutta per continuare a essere un punto di riferimento solido dal punto di vista tecnico scientifico, però è chiaro che si apre un punto interrogativo su come queste sfide potranno esser combattute e vinte”.
(Fonte: AboutPharma)