Scrutare l'architettura molecolare del tessuto.
Percepirla amica di un progetto che si fa in trame.
Rapportarsi ai toni chiaroscurali della fibra.
Conoscere l'armonia cromatica e la scala tonale d'appartenenza.
Ripartire il colore e il suo spettro luminoso nella specularità di un discorso visivo e visionario sul corpo.
Questo realizza l'opera di Roberto Capucci.
Creatore di Moda romano che dagli anni '50 ad oggi ha saputo declinare il valore dell'abito per l'“Uomo” come l'acqua per le nuvole.
Partire dalla materia è la sistemica avanzata dell'immagine fuori dalla mente.
Solidificazione dell'idea resa tangibile dalla forza tridimensionale di un corpo pensato.
Capucci attraversa il tessuto e lo piega alla volontà espressiva della forma riflessa della natura.
Capucci pigmenta e distrae dai contenuti formali in favore di un esercizio di stile vivente di nuova ed altra logica comportamentale.
L'arte è quanto di più solido si può giocare nelle logiche istituzionali dell'artista.
L'arte è l'istituzione del sentimento verso l'infinito.
Gli abiti di Roberto Capucci sono, della logica creativa, la parte interdisciplinare che diviene metro e misura della logica artistica della moda e del costume.
Non è la possibilità che la moda divenga arte, ma è Arte senza transazioni di sorta.
Capucci non si presta a richieste di credito ad altre discipline, ma a lui si chiede credito disciplinare.
La sua creatività è interrogata dall'andamento dell'emozione slegata dall'uso: l'abito diviene contenitore espressivo, essenza dell'immagine irradiata dall'immaginazione.

Creare dal soggetto scatola, involucro, la riflessione più alta sul contenuto, è sapere che il contenente è al livello paritetico all'anima di chi crea, di chi manifesta.
Capucci è l'attore di un racconto di vita votata alla possibile interpretazione dell'impossibile.
I soggetti delle sue battute sono abiti compiuti nel dialogo con la forza della fantasia.
La postura del corpo si appropria della logica esecutiva, in asse verticale, delle sue creazioni.
Il tessuto non si stratifica, si fraziona in mosse vibrate dalla mano dell'uomo esattamente come la tempera in un dipinto.
Il verbo del corpo esprime liriche pensate per esso e da esso conclamate nella geometria spaziale di un lessico la cui grammatica risponde alla pittura, all'architettura, alla scultura, all'artigianato sartoriale.
Oggi eseguire corrisponde sempre meno a creare.
Esecuzione è riproduzione e declinazione di parametri assodati.
Roberto Capucci ha percorso le strade ignote della scienza dell'immagine.
I suoi rapporti volumetrici si sono palesati per l'unica strada plausibile all'immagine della mente nel corpo: l'idea.
Il ragionamento sul corpo ha preso le mosse dai percorsi culturali dell'Estetica e si è così concesso alla scena dell'arte.
La sperimentazione dei materiali è attraversata dal concetto del “Rielaborato” che è divenuto accostamento.
Associare e dissociare dall'origine la materia è la prima astrazione per Capucci.
Destreggiatosi con il quotidiano di discipline artistiche che sembrano rubate ai loro principali impieghi per assurgere all'accostamento al corpo vivente.
L'associazione e l'intersecamento della materia e della luce occorrono al creatore per generare la movenza della bellezza.
Evocare forme e dare loro nuova dignità, uso e dimensione.
La rappresentazione del corpo in Capucci è forma speculare.
Capucci ha fatto della femminilità la sostanza del rapporto con l'immaginazione.
Capucci ha fatto della curvilinearità femminile struttura portante della fantasia espressiva slegata dal concetto di un tempo libero, ma costruita per una libertà fuori dal tempo.