Lo stile di Maria Callas, la divina Callas, i suoi oggetti personali raccolti ed esposti come memoria e fonte di ispirazione di un mito inarrivabile. Il tutto nel corso di un evento promosso dalla Bonotto di Molvena a Milano nello splendido showroom di via Durini dal titolo Private Callas: Dresses and memorabilia in a textile scenery by Bonotto, che ha omaggiato la Callas con la realizzazione di un arazzo lungo dieci metri dedicato alla più grande interprete del bel canto di tutti i tempi. Una mostra esclusiva curata da Maria Luisa Frisa e Gabriele Monti, che hanno realizzato un percorso narrativo sulla vita dell'artista a partire dai suoi oggetti personali. Un'iniziativa che cade in occasione del quarantesimo anniversario dalla scomparsa di Maria Callas. Bonotto ha presentato una collezione esclusiva di tessuti ispirati all’eleganza del soprano più famoso del mondo e il libro Maria Callas: The life of a Diva in Unseen Pictures edito da Roads Publishing.

In collaborazione con la casa editrice Roads, La Rosa Mannequins, Santex Rimar Group e Santa Margherita è nata Private Callas. Negli spazi di via Durini 24, magica dimora milanese dove ha sede lo show room di Bonotto, è stato allestito un percorso fra i preziosi oggetti provenienti dall’archivio Callas di Fondazione Progetto Marzotto, per ricostruire una Maria Callas sospesa fra personaggio pubblico e figura privata: abiti da giorno si mescolano a preziose creazioni da sera di Biki, Dior e Saint Laurent, a ricercati gioielli, a drammatici costumi di scena, a ritratti, fotografie e preziose locandine che testimoniano le straordinarie stagioni operistiche del soprano alla Scala.

Per l’occasione Bonotto ha realizzato una serie di scenografie tessili che accolgono i pezzi in mostra e che nelle ricercate soluzioni cromatiche e decorative alludono ai colori, agli stucchi e alle atmosfere dei palcoscenici che hanno ospitato questa straordinaria protagonista del Novecento. Giovanni Bonotto, direttore creativo della Bonotto ha spiegato come “disegnare lo spirito Callas nei tessuti è stato come stare in una stanza nera dove a un certo punto entra una lama di luce. I lampi dei flash, i bagliori dei gioielli, lo scroscio degli applausi... e poi il cinguettio vibrante di madre natura che irrompe nella scena”.

L'apporto di Maria Luisa Frisa, critico e fashion curator è stato fondamentale per affrontare il percorso della mostra in modo filologicamente corretto.“Maria Callas è una straordinaria protagonista del Novecento, e allo stesso tempo una occasione meravigliosa per osservare la moda e le sue forme fra gli anni Cinquanta e Settanta attraverso la lente delle celebrity culture. La collezione Callas di Fondazione Progetto Marzotto – ha aggiunto - rivela alcuni preziosi oggetti che raccontano lo stile di un’epoca, tra palcoscenico e quotidianità”. Ma l'arte, la bellezza, l'ispirazione calata nel reale, sono il pane quotidiano di Giovanni Bonotto, direttore creativo della storica manifattura vicentina giunta alla quarta generazione fondata da Luigi Bonotto nel 1912 e partecipata oggi dal gruppo Ermenegildo Zegna.

La “fabbrica lenta” è il concetto che segue ormai dal 2007 la filosofia aziendale del gruppo. La racconta a Wall Street International Magazine, lo stesso Giovanni Bonotto. Giovanni è figlio di Luigi Bonotto, anima della fondazione omonima, che raccoglie il meglio dell'arte contemporanea e delle più significative avanguardie artistiche mondiali da Fluxus di Yoko Ono, Poesia Concreta, Visiva e Sonora che accoglie a partire dai primi anni Settanta a Molvena, nella sua azienda tessile e nella casa dove viveva. Qui gli artisti s’incontrano, progettano e realizzano opere che costituiscono il primo nucleo della Collezione. In oltre quarant'anni di attività, la Collezione è cresciuta custodendo ora oltre 17.000 documenti, molti dei quali donati dagli artisti stessi. Un corpus unico per lo studio delle relazioni e le collaborazioni sviluppate nel corso degli anni tra gli artisti. La Collezione è collocata all'interno dei 20.000 metri della Bonotto Spa (uffici, linee produttive, magazzini) creando un forte legame concettuale e fisico tra arte e industria. La digitalizzazione di tutti i documenti, rendendoli liberamente consultabili online, l'ha trasformata in un punto di riferimento internazionale per studiosi e appassionati.

“Ho sempre respirato l'arte a casa – racconta Giovanni Bonotto – a volte non era facile convivere con tutti questi personaggi spesso eccentrici, ma mio padre ha sempre trattato gli artisti come persone di famiglia e la vita comunitaria e creativa hanno avuto una grande influenza su di noi. Non era, però una strategia, qualcosa di pianificato, ma semplicemente la passione e l'amore di nostro padre per l'arte e la capacità degli artisti di vedere la realtà da differenti punti di vista. Una flessibIlità mentale e di apertura al mondo che caratterizza la nostra azienda”. La “fabbrica lenta”, la cura nei dettagli, l'importanza del capitale umano sopra ogni cosa, sono la cifra esistenziale di Bonotto. Che si è compiuta con una scelta coraggiosa avvenuta 15 anni fa, riportando le antiche macchine per filare in produzione per realizzare capi unici, che, figli della bellezza, hanno bisogno di tempi lenti. E questa è stata un'altra delle grandi intuizioni dell'azienda vicentina, figlia di una lettura non convenzionale del mercato e del fare impresa.

“Nel 2009 – sottolinea ancora Bonotto – abbiamo deciso di reintrodurre i primi telaietti meccanici del 1956, anche se la svolta verso la lentezza era iniziata, in tempi non sospetti, già nel 2007. All'inizio eravamo un po' spaventati, ma la risposta che subito mi è venuta in mente era che in fondo noi lavoravamo con delle Rolls Royce d'epoca. L'intuizione mi è venuta dalla mia permanenza in Giappone dove ho potuto constatare che, anche le fabbriche più high-tech, avevano mantenuto una parte tradizionale dove i capi venivano realizzati secondo gli antichi dettami. I giapponesi conoscono e apprezzano molto la tecnologia ma hanno un gusto tutto personale per mantenere vive le tradizioni, cosa che abbiamo fatto anche noi. Ma mi raccomando non parlate di artigianato. A noi interessano le mani intelligenti che sanno portare la contemporaneità nel prodotto. Noi facciamo prodotti maieutici di lusso dove l'aspetto creativo è fondamentale”. Nell'epoca in cui il brand rappresenta ancora, forse, uno status symbol, Bonotto rompe gli schemi e ricerca ciò che è davvero originale, che sa raccontare una storia, che esprime un concetto di eleganza non omologato e non derubato dell'anima. La lezione dell'arte contemporanea alla Bonotto è stata completamente assimilata.