I prodotti biologici oggi sono ormai largamente conosciuti e diffusi in Italia, ma gli esordi di questa che, a buon diritto, può esser considerata una filosofia di vita sono stati impercettibili ai più e tuttora, complice forse la crisi economica, non sono alla portata di tutti. Ma quanti conoscono il significato del biologico, oppure del biodinamico oggi? Ripercorriamone brevemente insieme la storia, interessante, a tratti suggestiva, dibattuta e, qualche volta, incompresa.

Nonostante ai tempi di Pellegrino Artusi tutto fosse “biologico” senza necessità di sottolinearlo né riportarlo in etichetta, bisogna arrivare agli anni Settanta per riuscire a intravederne i connotati, sulla scia della nascita del Movimento Verde Europeo. Durante gli anni Ottanta qualcuno poteva assistere con incredulità a una realtà che prendeva forma con determinazione e forza, lasciando ancora spazio a reazioni immediate non proprio accoglienti. Gli anni Novanta saranno poi quelli delle “battaglie” giuridiche, che dovevano portare alla dicitura “biologico” in etichetta, ultimi riconoscimenti del settore, per essere “consacrato” nel Duemila, con l’ingresso del biologico nella grande distribuzione, insieme a una nuova concezione di turismo e di ricerca del sapore genuino e sano, in una parola del benessere.

Ma dove nasce un prodotto biologico? Per una risposta corretta bisogna parlare di Agricoltura Biologica, un insieme di pratiche di coltivazione e allevamento, basate sul solo impiego di sostanze naturali, senza prodotti chimici né organismi geneticamente modificati. A ben vedere si tratta di recuperare tutte quelle buone pratiche millenarie conosciute dall’uomo dai tempi più antichi, a cui si affiancano le più nuove tecnologie e che a livello europeo sono state recepite con un regolamento del 1991. Un riconoscimento epocale a cui ha fatto seguito una crescita in Italia che supera il milione di ettari certificati attualmente. La conversione in terreno biologico prevede un periodo di due anni di sospensione di prodotti chimici e la separazione netta da terreni in cui la produzione non sia biologica, al fine di evitare contaminazioni. L’utilizzo di concimi organici e naturali è potenziato dalle tecniche di rotazione e sovescio, attraverso cui l’azoto ceduto dalle leguminose viene successivamente sottratto dalla coltivazione di cereali, ripetendosi ciclicamente. La zootecnia biologica è funzionale all’agricoltura e viceversa; gli animali sono liberi di pascolare, e non sono previsti antibiotici, in quanto gli interventi sanitari sono fitoterapici e omeopatici. Controlli periodici e accurati delle aziende ne garantiscono la qualità. 

Antesignana dell’agricoltura biologica, va considerata, per alcuni aspetti, l’Agricoltura Biodinamica, di cui si parlerà a Firenze nel XXXII Convegno Internazionale dal 20 al 23 Febbraio 2014. Fu Rudolf Steiner nel 1924 a teorizzarla, definendo l’azienda agricola un “organismo vivente autosufficiente” in una visione spirituale e cosmica dell’agricoltura. L’aggettivo “biodinamica” vuol mettere infatti in risalto le energie vitali coinvolte in un grande ciclo che dal suolo si conclude nell’allevamento. Punti di forza di tale modello agricolo sono i cicli astronomici e lunari nel calendario della semina, della coltivazione e della raccolta, e avendo come unico ausilio l’omeopatia. Per essere considerata biodinamica, un’azienda deve rientrare nei canoni dell’Associazione Demeter, che ne certifica gli standard.