Non tutti oggi conoscono il nome di Dioscoride, medico greco vissuto nel I secolo d.C. durante l’impero romano, né sanno che la sua opera principale, il De materia medica, ha rappresentato la principale fonte classica della conoscenza botanica e farmacologica per più di 1500 anni. Ma che cosa ha rappresentato il De materia medica per la medicina antica e moderna? E quale significato può avere oggi la lettura di un’opera composta 2000 anni fa?

Per rispondere a queste domande occorre anzitutto tenere presente che la materia medica rappresentava una parte fondamentale della medicina antica in quanto forniva la conoscenza della proprietà terapeutiche e delle modalità di utilizzo dei farmaci che venivano impiegati nella cura delle malattie. All’epoca di Dioscoride, i farmaci erano prevalentemente di natura vegetale: bacche, radici, frutti e piante erano considerate una parte fondamentale dell’alimentazione e della cura, servendo a ristabilire l’equilibrio necessario per la salute dell’individuo. Nel quadro della medicina ippocratica, nel quale l’opera di Dioscoride si inserisce, la malattia insorgeva infatti nel momento in cui si rompeva l’equilibrio tra l’individuo e l’ambiente a causa del clima sfavorevole, di esalazioni venefiche o di una cattiva alimentazione. Era dunque necessaria un’opera di riequilibrio che il paziente affrontava sotto la guida del medico attraverso l’impiego di un regime di vita adeguato e di una dieta specifica, che includeva soprattutto cibi di natura vegetale. Da questa prospettiva l’opera di Dioscoride, frutto dei suoi studi sulla tradizione medica precedente ma soprattutto della sua esperienza personale sulle proprietà curative delle piante, rappresentava il compendio più vasto e completo che i medici antichi avevano a disposizione per decidere la cura migliore da somministrare ai loro pazienti.

La fortuna di Dioscoride nei secoli successivi fu immensa e la sua opera divenne il punto di riferimento fondamentale della farmacologia in Occidente fino al Rinascimento e oltre. Il De materia medica fu uno dei primi testi medici a essere pubblicati e diffusi dopo l’invenzione della stampa, e numerosi autori pubblicarono edizioni, traduzioni e commenti di quest’opera a uso dei medici e degli studenti universitari che intendevano intraprendere questa professione. Uno dei commentatori rinascimentali più influenti dell’opera di Dioscoride, il medico senese Pietro Andrea Mattioli, scrisse che la conoscenza della materia medica aveva un’origine divina in quanto riguardava sostanze create da Dio per la salute degli uomini. Il De materia medica rappresentava dunque una sorta di bibbia per il medico, che vi trovava la descrizione di centinaia di specie vegetali, le informazioni circa le loro proprietà curative, le istruzioni per la loro preparazione e i metodi di somministrazione ai malati. Ma anche gli studiosi di botanica apprezzavano moltissimo il testo di Dioscoride, in quanto costituiva la summa del sapere antico in questo campo e un modello per lo studio sistematico del mondo vegetale.

La materia medica cominciò a perdere di importanza nel corso dell’Ottocento, in concomitanza con l’emergere della moderna farmacologia. La scoperta dei principi attivi di piante e altre sostanze medicinali diede la possibilità di studiare le proprietà e gli effetti dei farmaci in modo sistematico e sperimentale, mentre la medicina di laboratorio sviluppò le tecniche di sintesi chimica dei principi attivi, aprendo la strada alla produzione industriale dei farmaci. Un esempio emblematico di questi mutamenti è costituito dalla storia dell’aspirina, che cominciò a essere prodotta industrialmente alla fine dell’Ottocento in seguito alla scoperta dell’acido salicilico e allo sviluppo di tecniche di sintesi di laboratorio di questa sostanza. Com’è noto, l’acido salicilico si trova naturalmente in alcune piante quali il salice, la cui corteccia e foglie venivano usate come antidolorifico e antiinfiammatorio fin dall’antichità. Nel De materia medica di Dioscoride, ad esempio, un capitolo era proprio dedicato al salice, di cui si rimarcavano le proprietà curative per i dolori ai fianchi e alle orecchie, per alleviare la podagra e curare gli impedimenti che offuscano la vista. Questo esempio mostra come la moderna farmacologia incorporasse le conoscenze antiche sulle proprietà curative delle piante medicinali e come opere quali il De materia medica abbiano costituito un punto di partenza importante per gli sviluppi scientifici di questa disciplina.

Oltre a descrivere le proprietà curative delle sostanze medicinali, in particolare di quelle vegetali, Dioscoride forniva le istruzioni per la loro raccolta, conservazione e preparazione. Egli notava, ad esempio, che tali proprietà cambiavano in base al luogo dove nasceva una certa pianta e in base al clima e alla stagione in cui veniva raccolta. Occorreva inoltre attendere che l’esemplare avesse raggiunto un determinato stadio di sviluppo per poterne ricavare il massimo beneficio e che si seguissero delle regole per la sua conservazione, in modo da non perderne l’efficacia terapeutica. Questi aspetti della conoscenza e del trattamento delle piante a fini terapeutici, fissati da Dioscoride nella sua opera, costituirono un modello importante per la materia medica successiva e sono ancora oggi al centro del discorso sulle piante medicinali, come risulta ad esempio consultando l’Enciclopedia Treccani (s.v. Medicinali, Piante). In effetti, possiamo dire che il De materia medica costituisce non soltanto un testo fondamentale per la storia della farmacologia e della botanica, ma anche uno dei modelli ai quali si è ispirata la moderna scienza erboristica.

Testo a cura del Prof. Marco Bresadola
Dipartimento di Studi Umanistici
Università di Ferrara

Per maggiori informazioni:
De materia medica