Malgrado le proteste degli ambienti positivistici più intransigenti, nel corso della seconda metà dell'Ottocento anche in Italia prende piede un rinnovato interesse per i fenomeni occulti, in coincidenza con il diffondersi delle tecniche terapeutiche del magnetismo animale. Quest'ultimo giunge nel nostro paese solo verso la metà del XIX secolo, e quindi in ritardo rispetto alle altre nazioni d’Europa, ma, paradossalmente, la sua diffusione all'interno degli ambienti scientifici italiani si deve invece a un fenomeno più recente, e cioè al fiorire delle mode spiritiche provenienti dagli Stati Uniti.

Indipendentemente da questa operazione di traino, nella fase pre-unitaria furono comunque le autorità politiche a esprimersi in maniera determinante sul magnetismo e indirizzarne così le sorti. Ad esempio, nel regno delle due Sicilie la sua pratica venne proibita dai Borboni; nel Lombardo-Veneto un decreto riservava ai soli medici la facoltà di usare la terapia magnetica; mentre Torino diventò invece la capitale del fenomeno grazie alla tradizione liberale della monarchia sabauda.

A dispetto delle proibizioni o dei consensi pubblici, dopo l'Unità sono proprio Napoli e il capoluogo piemontese i due principali centri di promozione e divulgazione delle teorie sul magnetismo prima e dello spiritismo dopo, specialmente di quello scientifico. Nel 1863 a Torino era stata costituita la prima vera società italiana di studi spiritici, alla quale si era poi affiancata la rivista Annali dello spiritismo in Italia. Il ruolo svolto dalle due città risulta decisivo anche in seguito, poiché è lì, con la “conversione” del celebre e rigoroso positivista Cesare Lombroso, che nasce lo spiritismo scientifico italiano, ed è parimenti lì che si combattono le più importanti lotte pro e contro il suo legittimo inserimento nell'alveo delle scienze.

Nel 1872 vengono casualmente notate le supposte doti medianiche della quattordicenne Eusapia Palladino, la quale entra poi in contatto con uno dei pionieri della ricerca spiritica in Italia, il partenopeo Giovanni Damiani. Rientrato da poco dall’Inghilterra, dove aveva seguito numerosi circoli spiritici, questi prende sotto la propria tutela la sedicente medium, segnalandone l'attività alla rivista inglese Human Nature. Dopo un primo periodo trascorso fra luci e ombre, la ragazza viene notata e studiata dal medico napoletano Ercole Chiaia, già fervente appassionato di fenomeni medianici e organizzatore di sedute spiritiche insieme a Federico Verdinois e Luigi Capuana. Nel 1888, con la Palladino divenuta oramai celebre in tutto il paese, Chiaia invita pubblicamente Lombroso – il più rappresentativo fra gli scienziati italiani dell'epoca – a partecipare a una sua seduta. L'incontro, nato sotto il segno di una sfida, non si realizza che tre anni dopo, ma l'esito segna un profondo mutamento nello sviluppo dello spiritismo scientifico italiano e internazionale.

Professore di psichiatria presso l'Università di Pavia e di medicina legale a Torino, Lombroso era divenuto famoso in tutta Europa dopo la pubblicazione di un trattato di antropologia criminale nel quale proponeva l’idea che le condotte atipiche del delinquente siano condizionate, oltre che da componenti ambientali e socioeconomiche, anche da fattori indipendenti dalla volontà, come l’ereditarietà e le malattie nervose. È all'apice del successo internazionale derivato dalla divulgazione di queste teorie che lo scienziato italiano tenta una prima cauta apertura nei confronti dello spiritismo. In un articolo apparso sul settimanale romano Fanfulla della Domenica, trattando della difficoltà sorte nell’accettare le nuove scoperte e le nuove interpretazione scientifiche della realtà, scrive:

Ogni età è immatura egualmente per le scoperte che non avevano, od avevano pochi precedenti, e quando è immatura è nell’incapacità di accorgersi della propria inettitudine ad adottarle. Il ripetersi della stessa scoperta, preparando il cervello a subirne l’impressione, trova man mano sempre meno riluttanti gli animi ad adottarla. Per sedici o vent’anni in Italia si è creduto pazzo dalle migliori autorità chi scopriva la pellagrozeina; ancora adesso il mondo accademico ride dell’antropologia criminale, ride dell’ipnotismo, ride dell’omeopatia; chi sa che io ed i miei amici che ridiamo dello spiritismo, non siamo in errore; poiché noi siamo, appunto come gli ipnotizzati, grazie al misoneismo che in tutti noi cova, nell’impossibilità d’accorgerci di essere nell’errore, e proprio come molti alienati, essendo noi al buio del vero, ridiamo di quelli che non lo sono [1].

È questo piccolo riconoscimento di dignità verso l'ipotesi spiritica, espresso da uno dei più convinti assertori della scienza positivista, che viene colto al volo da Chiaia, il quale, servendosi delle pagine del medesimo settimanale, invita Lombroso a verificare di persona la possibilità dei fenomeni medianici causati da o tramite Eusapia Palladino. Il celebre antropologo risponde dichiarandosi disponibile, purché l’incontro avvenga in una situazione di pieno controllo sperimentale, e quindi in piena luce, perché «se vi è una forza capace di vincere le leggi della gravità, essa deve poter operare tanto nelle tenebre come alla luce, e senza luce non vi è sicurezza contro gl’inganni» [2].

L'incontro avviene solamente nel 1891, mentre lo studioso si trova a Napoli in compagnia dei colleghi Francesco e Raffaele Vizioli per ispezionare il manicomio di Aversa. Dopo la seduta, con una lettera pubblicata nella Tribuna Giudiziaria, Lombroso si dichiara convinto della veridicità di ciò che fino ad allora aveva considerato soltanto come allucinazione o atto di millanteria:

Io sono vergognato e dolente di aver combattuto con tanta tenacia la possibilità dei fatti così detti spiritici; dico dei fatti, poiché alla teoria sono ancora contrario. Ma i fatti esistono; ed io, dei fatti, mi vanto di essere schiavo [3].

Questa inaspettata presa di posizione desta perplessità e polemiche nel mondo scientifico di fine secolo, abituato al rigoroso materialismo di Lombroso e ai suoi netti rifiuti di fronte a ogni possibile ammissione in merito agli «spiriti delle specchiere e delle poltrone, nelle quali è cessata ogni vita organica e quindi non è nemmeno probabile quella specie di vita che è nei vegetali» [4]. L'iniziale adesione dell'antropologo è comunque prudente, e la scelta lessicale di questa sua dichiarazione non è affatto lasciata al caso: se esistono dei «fatti spiritici», vuol dire che conformemente a essi lo scienziato positivista deve prenderne atto, senza per questo accettare la teoria spiritica che pretende di spiegare tali fatti con l’intervento degli spiriti. A ben guardare, si tratta di una posizione conforme o per lo meno giustificabile con l’impostazione positivista dell’epistemologia lombrosiana. In un lasso di tempo abbastanza breve, questa linea guida viene però superata da Lombroso, il quale, pur sforzandosi di imprimere un taglio scientifico e materialista alle proprie teorie, nei primi anni del nuovo secolo finisce infine per ammettere apertamente la realtà di «esistenze che non appartengono ai vivi» e che grazie alla presenza di un medium riescono a interagire con la nostra realtà. Secondo Lombroso, infatti, durante le sedute si è in presenza:

Non già di puri spiriti privi di materia, che del resto neppur l’immaginazione nostra può concepire, ma di corpi nei quali la materia è così assottigliata e affinata da non essere ponderabile né visibile che in speciali circostanze; come i corpi radio attivi, che possono emanare luce e calore, e perfino altri corpi (l’elio dal radio) senza apparentemente perder di peso [5].

Le successive pubblicazioni, fino al conclusivo saggio nel quale vengono raccolti tutti i passi fondamentali delle sue opere precedenti sull’argomento, appaiono quasi come un'irrimediabile diversione nello spiritismo, benché già a partire dall’inizio degli Anni Novanta la sua posizione in merito alla medianicità appariva eccessivamente sbilanciata e sempre più svincolata dai criteri di obiettiva distanza e prudenza metodologica che avevano contraddistinto il primo ventennio di carriera. È pur vero – come abbiamo osservato in precedenza – che all'epoca i tradizionali canoni epistemologici del positivismo sembrano incapaci di affrontare le nuove sfide provenienti sia dall’autentico sviluppo delle discipline scientifiche che dalle pseudoscienze montate sull'onda dell'entusiasmo per il misticismo e lo spiritualismo, ma l’atteggiamento di Lombroso appare comunque segnato da una condiscendenza eccessiva e spesso non condivisa dagli stessi scienziati di matrice positivista che vogliono confrontarsi con la complessa e sfuggente realtà dei fenomeni spiritici.

Da questa prospettiva, è quindi comprensibile l'impietosa osservazione che, a distanza di oltre cento anni dalla morte dello scienziato, è stata recentemente formulata in merito al suo passaggio nel mondo culturale italiano a cavallo fra i due secoli: «Cesare Lombroso ha avuto uno strano destino. Finché visse, fu celeberrimo: era sicuramente il più famoso tra gli italiani nel mondo, con le sole eccezioni di D’Annunzio, Caruso e Marconi... Ma quando morì, il padre dell’antropologia criminale trascinò con sé nella tomba le sue idee, i suoi discepoli e gran parte del polveroso ingombro della sua carta stampata» [6].

L'altra grande figura italiana connessa alle vicende dello spiritismo scientifico è quella di Enrico Morselli, psichiatra e antropologo, fondatore della Rivista di filosofia scientifica che dal 1881 e per un intero decennio è l'organo principale intorno al quale si radunerà la maggior parte dei pensatori e degli scienziati positivisti. A differenza di Lombroso, il suo cambiamento di vedute è sì abbastanza repentino e dovuto alle facoltà di un preteso magnetizzatore – il belga Alfred d'Hont, in arte Donato – ma del tutto parziale, se non addirittura apparente. Avendone osservato le capacità nel corso di uno spettacolo organizzato al Teatro Scribe nel 1886, lo psichiatra chiede e ottiene da Donato una replica privata. L'esperimento di ipnosi proposto sortisce il suo effetto sullo scettico Morselli, e questi, non molto tempo dopo, non manca di far pubblica menzione della propria parziale virata epistemologica. Tuttavia, benché prenda le difese del magnetizzatore belga – «fatto indiscutibile che non vi è nei suoi esperimenti pubblici né falsità né ciarlataneria […] Gli esperimenti del Donato sono invece condotti, a mio avviso, con rara sincerità, con vera e reale semplicità di apparati, senza inganno» [7] – nel saggio sul magnetismo animale Morselli si preoccupa di puntualizzare:

La scienza ha […] due sole ragioni: la conoscenza dei fenomeni, ossia la cultura, e l’applicazione di questa conoscenza ai bisogni umani, ossia l’utile sociale. È perciò altrettanto benemerito chi studia e scopre nel mistero dei suoi gabinetti, come chi propaga le utili conoscenze che valgono a dissipare l’ignoranza e a migliorare le condizioni materiali dell’umanità [8].

Nel passo in questione, così come in tutto il saggio nel quale tratteggia la storia e le teorie che hanno marcato il controverso sviluppo del magnetismo, Morselli non sembra sovvertire il suo credo positivista ma cercare con cautela una possibile apertura nei confronti di ciò che prima rigettava a priori. Il lavoro svolto negli anni seguenti testimonia il duplice desiderio di mantenere inalterata la propria dignità di scienziato positivo e quello di poter andare oltre i limiti della scienza del tempo cercando di fornire «una spiegazione possibilmente fisiologica» di alcuni cosiddetti fenomeni occulti. Un'ulteriore affermazione di questa precisa ma talvolta ambigua volontà si trova nell'articolo I fenomeni telepatici e le allucinazioni veridiche, apparso su rivista nel 1896.

Morselli si richiama qui al clima di reazione ai dogmi della scienza e alla pericolosa «ondata di neo-misticismo» che non coinvolge soltanto gli ambienti esterni e ostili alla scienza, ma che nella forma dell'«occultismo psichico» compromette anche un numero elevato di scienziati. Per questo motivo, insiste sulla necessità di una serie di accorgimenti metodologici che, nell’affrontare tali fenomeni, richiamino quelli indicati dalla Society for Psychical Research. Tuttavia, per il pubblico coevo è chiaro che in questo scritto l'intento di Morselli sia quello di colpire l'eccessiva condiscendenza di Lombroso e di alcuni suoi affiliati come Cesare Baudi di Vesme a favore delle tesi spiritiste.

Nel 1901 Morselli aderisce al circolo genovese Minerva, grazie al quale ha la possibilità di assistere a numerose sedute della Palladino e studiarne liberamente le presunte doti medianiche. Nel corso di tali sedute redige inoltre una serie dettagliatissima di appunti («scritti “a caldo” e sigillati per impedirsi correzioni o ripensamenti», i quali vengono poi pubblicati nel 1908 all'interno dei due grossi volumi dal titolo Psicologia e Spiritismo. Pur non ritrattando le proprie posizioni, in quest'opera conclusiva del suo percorso di studi lo psichiatra modenese è meno rigido nel considerare i confini e le «zone del sapere»:

Un'opinione modernissima intorno al valore ed ai limiti del sapere umano, è questa: che la scienza non è mai finita né definita; che essa non è mai fatta, ma si fa e si disfa continuamente da secoli e secoli ; e che le convinzioni scientifiche, al pari delle filosofiche e religiose, dipendono dalle contingenze del di fuori, dal temperamento personale e anche dall'educazione mentale degli scienziati, filosofi e credenti [9].

Con questa e con altre affermazioni, Morselli dimostra di non essere insensibile a quella fascinazione per l'occulto che circonda un grandissimo numero di scienziati europei, poiché, anche senza arrivare alla palinodia di Lombroso, finisce per ammettere l'esistenza e la veridicità di molti fenomeni che si realizzano nelle sedute alla presenza di un medium:

La medianità, pur essendo un fatto eccezionale apparentemente esulante dai dominî ordinari del sapere costituito [...] non diventa ciò nonostante un quid di estraneo alla vita dello spirito qual è stato concepito ed abbordato in ogni tempo dalla scienza positiva; e anch’essa, la ‘facoltà medianica’, è, al pari delle altre nostre, subordinata ai principî e ai metodi della psicologia [10].

Riconosciuto quanto meno uno status di verità ai fenomeni medianici, a conclusione dell’opera Morselli tenta un raffronto tra le diverse ipotesi sulla medianità e ne propone una classificazione in tre distinti gruppi: quello «extrascientifico», del quale farebbe parte l’occultismo; quello «ultrascientifico», che abbraccia lo spiritismo; e quello «prescientifico», tra cui le congetture fisiopatologiche in grado di spiegare i processi medianici d’ordine intellettuale (telepatia, xenoglossia, etc.) ma non quelli fisico-meccanici esibiti da Eusapia Palladino. Non potendo dimostrare questi ultimi, Morselli mette quindi in campo un'ipotesi di comodo che sembra appagare tanto il suo determinismo positivista quanto il desiderio di non chiudere le porte a un insieme di fenomeni che evidentemente attraggono la sua curiosità umana e scientifica:

Il meglio è di rassegnarsi per ora a parlare di “forze psichiche ignote” e di scorgere nei fenomeni di medianità, compresi i pochissimi spiritici che ancora sfuggono al naufragio dello spiritismo-sistema, gli effetti o le risultanti di uno “psicodinamismo” di natura indefinibile, capace di manifestarsi così entro come fuori dell'organismo. […] Perché queste “forze” esigano tali predisposizioni e disposizioni individuali è altrettanto ignoto, quanto lo è la loro intima natura [11].

Indipendentemente dalla prospettiva da cui viene osservato, nell'atteggiamento dello psicologo modenese è possibile ravvisare il fremito che nel cinquantennio a cavallo tra XIX e XX secolo corre lungo tutto l'ambiente scientifico europeo, impegnato a tracciare i confini della scienza stessa, a misurarne le ambizioni e metterla in contatto con una Weltanschauung apparentemente inconciliabile. E al di là di ogni possibile valutazione del metodo e dei principî messi in campo, la cosa che più colpisce è il risultato di questi tentativi di mediazione all'interno del dibattito, arduo e talvolta impossibile, tra quanti si fanno promotori dell'occulto e quanti vi reagiscono con la propria «avversione al meraviglioso».

Note:
[1] Cesare Lombroso, Influenza della civiltà e dell’occasione sul Genio, in Fanfulla della Domenica, X, n. 29, 15 luglio 1888, cit. p. 2.
[2] Cesare Lombroso, Accettazione della sfida, in Fanfulla della Domenica, X, n. 36, 2 settembre 1888, cit. p. 1.
[3] Cit. da Ernesto Bozzano, Cesare Lombroso e la psicologia supernormale, in A.V., L’opera di Cesare Lombroso nella scienza e nelle sue applicazioni, Torino 1906, cit. p. 49.
[4] Cesare Lombroso, Pazzi e anomali, Città di Castello, 18902, cit. p. 265.
[5] Cesare Lombroso, Sui fenomeni spiritici e la loro interpretazione, in La Lettura, Novembre 1906. Lo stesso scritto si trova come prefazione a Luigi Barzini, Nel mondo dei misteri con Eusapia Paladino, Milano, 1907, cit. dall'ed. Milano, 1984, p. 986.
[6] Luigi Guarnieri, L’atlante criminale - Vita scriteriata di Cesare Lombroso, cit. p. 14.
[7] Enrico Morselli, Il magnetismo animale. La fascinazione e gli stati ipnotici, Torino, 1886, cit. pp. 4-5.
[8] ivi, cit. p. VII.
[9] Ibidem.
[10] ivi, cit. pp. 87-88.
[11] ivi, cit. pp. 554-555.