Un articolo pubblicato sulla rivista Current Biology descrive lo studio delle conseguenze dell'aumento delle temperature medie nella penisola Antartica. Un team di ricercatori guidato da Matthew Amesbury dell'Università britannica di Exeter ha analizzato muschi e microbi sfruttando anche "carote" prelevate sul luogo nel corso del tempo nel corso di ricerche di vario tipo fino a 150 anni fa. La conclusione è che negli ultimi 50 anni ci sono stati forti cambiamenti ecologici come conseguenza del progressivo aumento di temperatura.

L'Antartide è il continente dove sono state registrate le temperature più basse sulla Terra ma la penisola Antartica, che ne costituisce la parte più settentrionale avvicinandosi all'estremità del Sud America, si sta scaldando a un ritmo medio di circa 0,5° Celsius a decennio dal 1950. Può sembrare poco ma riguarda un vasto territorio dato che sicuramente si tratta di un fenomeno che va oltre la penisola Antartica, che semplicemente è l'area dove è stato possibile compiere misurazioni e raccogliere campioni biologici per un lungo periodo.

Il team aveva già compiuto una ricerca climatica ed ecologica nel 2013 ma proprio per cercare di capire ancor meglio i cambiamenti in quell'area stavolta i ricercatori non si sono limitati a nuove rilevazioni e nuovi campionamenti ma ha anche esteso il territorio coperto aggiungendo cinque campioni e tre isole: l'Isola Elephant, Ardley Island e Isola Verde, a nord della penisola Antartica dove crescono i banchi più vecchi e profondi di muschio.

I dati sono più completi a partire dagli anni '50 perché oltre ai campioni e alle misure di temperature sono stati raccolti anche dati riguardanti precipitazioni e venti. Gli aumenti della temperatura costituiscono il dato più ovvio e più facile da leggere riguardo ai cambiamenti climatici ma li mostrano solo parzialmente. Proprio come avviene in altri continenti e anche sugli oceani, stanno avvenendo cambiamenti anche nelle precipitazioni e nei venti, che completano il quadro climatico.

Dan Charman, uno degli autori dell'articolo, ha fatto notare che se questa tendenza continuerà, nel futuro la penisola Antartica sarà un luogo molto più verde. Le conseguenze sono ben più complesse perché il ghiaccio non si limiterà a sciogliersi lentamente contribuendo all'aumento del livello dei mari.

Nella penisola Antartica è sotto osservazione una lunga spaccatura in quella che viene chiamata piattaforma di ghiaccio Larsen C lungo la costa orientale. La parte che si sta staccando è lunga attorno a 200 chilometri, larga circa tre chilometri e profonda alcune centinaia di metri. È da diversi anni che quella porzione di ghiaccio di circa 5.000 chilometri quadrati si sta progressivamente staccando e ormai è attaccata alla penisola Antartica per soli 13 chilometri circa.

Il distacco di un iceberg gigante potrebbe ulteriormente esporre il resto della piattaforma ad altre fratture. In sostanza, il ghiaccio che sta per staccarsi costituisce una sorta di tappo che chiude quell'area della penisola Antartica ma senza di esso i ghiacci della piattaforma verranno esposti direttamente a varia genti atmosferici e perderanno stabilità.

Gli scienziati non sono sicuri delle conseguenze del collasso della piattaforma Larsen C perché si tratta di una situazione senza precedenti per le dimensioni dell'area interessata. Le conseguenze a lungo termine sono tutte da valutare, ad esempio quanto ghiaccio dovrà staccarsi, viaggiare verso nord e sciogliersi prima di avere un'influenza significativa sui livelli dei mari.

Continuare a raccogliere dati e a studiarli per ricerche scientifiche è giustissimo per capire meglio ciò che sta succedendo nella penisola Antartica ma non basta. In quell'area, come in tante altre della Terra, sono in atto cambiamenti che avranno conseguenze globali a lunghissimo termine. È necessario agire per far fronte a quelle conseguenze.