Prosegue la rubrica dedicata alla musica con un talento in fase di ascesa, da Spoleto all’universo.

WSI: A che età hai iniziato a suonare e come si è evoluto il tuo rapporto con la musica negli anni?
CP: Ho iniziato l’approccio con la musica a sei anni, contestualmente a studiare come si legge e si scrive. Il mio rapporto con la musica si è evoluto sia sotto l’aspetto dell’ambizione personale sia su quello della consapevolezza nei confronti della musica e del saxofono in particolare. Negli anni ho maturato un’idea di saxofonismo sicuramente diversa da quella che avevo agli inizi della mia carriera. La cosa particolare è che non ho avuto nessuno che mi spiegasse come si suona il sax, quindi il mio percorso è stato assolutamente personale.

WSI: Perché il saxofono e non un altro strumento?
CP: Bella domanda! Il suono mi ha sempre affascinato così come la forma che il saxofono ha. Avevo sei anni quando una sera stavo coi miei genitori a una festa di piazza e c’era un saxofonista che suonava... io dissi loro che da grande avrei voluto fare quel mestiere... ed è anche grazie a loro che lo faccio tuttora.

WSI: Il tuo tratto distintivo mentre suoni?
CP: Cerco il più possibile di avere un bel suono che, a mio avviso, sta alla base di un qualsiasi discorso musicale. Per fare un esempio: se un attore ha una gran bella voce risulta essere molto più interessante anche quello che recita. Al contrario con una brutta voce tutto diventa più insignificante.

WSI: A quale grande saxofonista ti ispiri?
CP: A tantissimi! Ognuno dei grandi saxofonisti del passato e del presente ha uno o più tratti interessantissimi che lo ha reso grande. Charlie Parker, Cannonball Adderley, Sonny Stitt, John Coltrane, Joe Henderson, Ben Webster, Kenny Garrett, Jackie McLean, Michael Brecker, Ernie Watts e Phil Woods sono tutti grandissimi esponenti del saxofono e del jazz che hanno influenzato il saxofonismo moderno in maniera massiccia e da cui un saxofonista non può che trarre insegnamento e ispirazione cercando, nella migliore delle ipotesi, di provare a fornire un proprio modo di suonare.

WSI: Alcune delle tue esperienze professionali più significative.
CP: Tante: dal jazz in Europa (Germania, Svizzera, Spagna) alla musica teatrale, ho avuto e ho tuttora molte soddisfazioni. Un paio di cose le ricordo con grande piacere: un concerto in diretta su Rai Radio Tre e un altro concerto all’Art Jazz Club di Bucarest andato su TvR Cultural Channel (tv di stato rumena).

WSI: Cosa vuol dire per te insegnare la musica? Raccontaci qualche episodio che ti è rimasto nel cuore.
CP: Insegnare musica vuol dire tante cose: io cerco sempre di incoraggiare i miei allievi a dare il massimo mirando a essere se stessi. Mi diverte molto. Mi emoziona sempre tanto insegnare saxofono ai ragazzi cosiddetti diversamente abili: ho fatto e faccio delle esperienze con questi ragazzi che sono veramente uniche, anche perché io mi rapporto con loro allo stesso modo che con gli altri. Poi, riflettendoci sopra, quando uno inizia a suonare uno strumento è comunque digiuno di tutto... quindi le diversità, fisiche o psichiche che siano, si allineano magicamente!

WSI: Quali sono a tuo avviso le doti per diventare un bravo saxofonista e cosa consiglieresti a un giovane che voglia intraprendere il tuo stesso percorso?
CP: Quando diventerò un bravo saxofonista potrò rispondere a questa domanda!

WSI: Il tuo rapporto con l'Umbria, quanto è difficile ricavarsi uno spazio?
CP: È casa mia e l’adoro, trovarsi uno spazio per mangiare bene e scorgere panorami unici è facilissimo! Per chi fa musica o arte in genere non è altrettanto facile, nonostante ci siano diversi festival importanti. Ma piano piano si accorgeranno pure di noi! A parte gli scherzi, non è facile...

WSI: Preferisci lavorare all’estero? E in particolare dove?
CP: Adoro lavorare all’estero anche perché scopri che c’è una gran voglia di ascoltare musica. Mi piace la Germania, dove ho la fortuna di suonare più volte l’anno. La Spagna, la Romania... Mi piacerebbe molto suonare in Africa.

WSI: Alcuni nomi dei tuoi compagni d’avventura sul palco.
CP: Marco Di Battista, Alessandro Bravo, Riccardo Biseo, Pietro Biondi e tantissimi altri!

WSI: I tuoi progetti futuri a breve e lungo termine?
CP: Ho due situazioni in duo con altrettanti pianisti e un quartetto di saxofoni con il quale gireremo l’Europa.

WSI: Il tuo rapporto con il pubblico?
CP: Dal mio punto di vista è straordinario! Mi diverto tantissimo anche a scherzare col pubblico quando suono.

WSI: Ti emozioni mai prima di un’esibizione? Come vinci la paura?
CP: Mi emoziono sempre! Non è paura, è adrenalina!

WSI: Alla fine di uno spettacolo come ti senti?
CP: Dipende da come è andato! A volte così carico che risuonerei subito, a volte veramente tanto scarico che l’unica cosa che desidero è andare a cena!

WSI: Che tipo di musica ascolti nel tempo libero?
CP: Tutta, senza eccezione. L’importante è che sia suonata bene.

WSI: Se non facessi questo mestiere quale altro lavoro vorresti fare?
CP: Il pilota di aerei. E non è escluso che prima o poi il brevetto me lo prenda.

WSI: Quanto conta trasformare una grande passione in una professione, è una questione di coraggio o di incoscienza?
CP: Conta tantissimo. È, secondo me, alla base di una vita serena fare un lavoro che nasce da una passione. Ci vuole sia coraggio che incoscienza e, soprattutto, l’appoggio della famiglia.

WSI: Ti piace più eseguire dei brani standard o suonare improvvisando?
CP: Suonare gli standard è bellissimo. Cercare di suonarli bene non è facile. Negli standard si improvvisa e hai modo di dare una tua idea dello standard stesso. Suonare improvvisando dall’inizio alla fine è molto stimolante e divertente, soprattutto se lo fai con persone con le quali ti trovi bene non solo musicalmente.

WSI: Il tuo concerto più bello e perché?
CP: Mio figlio Rocco!

WSI: Un commento di un fan che ti è rimasto impresso e che ti rappresenta davvero, e ti conferma che è giusto continuare sulla strada che hai scelto, perché è proprio quella che ti permette di essere capito e apprezzato?
CP: Tanti sono i commenti che mi sono rimasti impressi. Quello più recente che ricordo è di un signore venuto in camerino dicendo che il mio suono di sax lo aveva emozionato. Quasi non credevo che il mio obiettivo di avere un bel suono potesse suscitare emozioni sugli altri!

WSI: Con quale artista ti piacerebbe suonare e in quale location?
CP: Tantissimi! Mi piacerebbe suonare ancora con gente che fa musica, a prescindere dal genere musicale. La location? Anche in un garage... o al Carnegie Hall, non importa!

WSI: Che fase attraversa il jazz?
CP: Secondo me il jazz non teme crisi. In questo momento ci sono tanti talenti che si esprimono e che danno forza vitale al jazz. L’importante è essere coerenti con se stessi cercando il più possibile di non imitare nessuno, anzi! Il jazz è contraddistinto da un aspetto fondamentale: l’esecutore diventa più importante dell’autore. Mi spiego: John Coltrane o Miles Davis sono diventati grandi perché il loro modo di suonare lo era, oltre alla bellezza di quanto hanno scritto. Quindi è fondamentale che il vero musicista jazz esprima la sua vena melodica interiore. Se così è, il jazz è salvo.

WSI: Cosa ne pensi di Umbria Jazz e in generale dei festival musicali della tua regione?
CP: UJ è un grande festival, ha il merito di aver portato il jazz in Umbria e non solo. Gli altri festival, sia jazz che non, sono importanti, però a volte non sono gestiti per favorire lo sviluppo delle arti o per creare situazioni di mutuo scambio tra artisti ma, ahimè, per favorire la rovinosa macchina del business, che con l’arte vera ha poco a che fare.

WSI: Quanto è presente l’amore nel tuo modo di suonare?
CP: È presente. L’amore per l’estetica del suono e del modo di suonare. L’amore di fare le cose con criterio, con obiettivi e coerenza.

WSI: Sei buddista, c’è un legame tra questa filosofia e la musica?
CP: Il Buddismo è una religione. C’è un legame tra tutto quello che sei e il Buddismo. Nam Myo Ho Renge Kyo è contenuto in tutti i fenomeni! L’importante è creare valore.

WSI: È la musica che ha scelto te?
CP: Bisognerebbe chiederlo a lei!