La danza è una delle forme più perfette di comunicazione con l’intelligenza infinita.
(Paulo Coelho)

L'energia non si ferma. Mai. L'energia crea, si trasforma. Diventa un'idea per generare energia. Se ne erano già accorti i pubblicitari, attenti precursori e innovatori per definizione, e coloro che si occupavano d’immagine e comunicazione, lo scorso anno. Avevano compreso la forza e l’importanza del legame fra la danza e l’energia. Lo avevano fatto quando avevano lanciato la campagna "rethinking energy", con un testimonial d’eccezione, Roberto Bolle, consapevoli del vero significato del termine inglese “energy”, che, dal 1599, in Inghilterra, è sinonimo di “forza o vigore di espressione”.

Bolle, ballerino autentico orgoglio nazionale, non aveva esitato a dire che “la danza è l’energia dell’anima”. Forse parlare di ballerino è riduttivo, se si concorda con il grande Rudolf Nureyev sul fatto che “ogni uomo dovrebbe danzare, per tutta la vita. Non essere ballerino, ma danzare”. Non importa, dunque, essere ballerino ma ballare, così come non conta essere scrittore, ma scrivere. Anche per chi scrive ci deve essere lo stesso senso di dedizione e di amore, gli stessi passi da compiere per sollevarsi dentro la propria vita e oltre il dolore.

Lo spot di Bolle, con la regia di Fabrizio Ferri e l’intensa voce fuori campo di Toni Servillo, partiva dal concetto di energia legato al movimento, ne raccontava la loro storia d’innamorati senza fine, la loro storia a lieto fine. Movimento, ergo danza, l'arte del movimento per definizione, ma movimento di un corpo che fluttua nell’aria tra giochi di luce e ombra, un corpo statuario come quello di Roberto, che è anche lo strumento di lavoro dell'artista. La bellezza nella bellezza, la bellezza della bellezza. La bellezza dell’energia. L'idea era anche quella di mostrare il sacrificio, la passione e la completa e intensa dedizione posti quotidianamente nello studio attento e preciso del movimento.

Viene quasi subito alla mente la meravigliosa e affascinante danza roteante dei dervisci, in particolare di quella dell’ordine dei Mevlevi, in Turchia, utilizzata come metodo per raggiungere l’estasi mistica. Tralasciandone la valenza sacra (tale tipo di danza, come le indiane, rappresenta una delle più antiche forme di trasmissione dei “misteri” pervenuti all'uomo dall'antichità), essa rappresenta perfettamente il legame fra il corpo come centro di coordinazione motoria, l’intelletto e l’emozione. Oltre al movimento puro, c'è, infatti, anche l'emozione, che arriva dall'artista, che innanzitutto trasmette emozioni. E nel bellissimo lavoro di Bolle, che resta sempre attuale, si coglie questa intensità, negli sguardi, nelle espressioni, nei respiri, nei passi, nei salti, nel soffermarsi della telecamera sui singoli muscoli e la loro elasticità-plasticità, nell'intenzione di un gesto, “tutti elementi che danno allo spettatore un altro tipo di energia, un'emozione che arriva anche al cuore, credo, e quindi anche all'anima”, aveva dichiarato lo stesso artista. Aggiungendo anche: “per me l’energia è soprattutto legata al movimento. È alla base della danza: il mio lavoro, la mia vita. Questa forza non si spegne sul palco, ma si alimenta dell'entusiasmo e delle emozioni del pubblico. Si trasmette e non si esaurisce. Vorrei che questa energia arrivasse nelle case di tutti. Oggi più che mai l’arte e la cultura hanno bisogno di energie nuove. L’artista vive di sogni. È sognando che riesce a realizzare grandi progetti”. Sognando s’impara, aggiungerei.

La scultura del corpo perfetto comunica, quindi, energia pura, quella che si crea, quella che ci porta avanti e lontano, quella che ci guida, quella che ci si guadagna; i muscoli sono attraversati da piccole vene che ricordano lo scorrere dei grandi fiumi, la loro piena travolgente, le arabesque, i volteggi, i pas coupés, il fouetté, la glissade o il chassé riportano ai grandi spettacoli dei balletti più famosi, da quelli dei corpi di ballo del nostrano Teatro alla Scala a quelli dei moscoviti Bolshoi e Stanislavski-Nemirovich-Danchenko o del pietroburghese Mariinsky (ex Teatro Kirov).

A Mosca, città che ormai fa parte di me, questa energia contagiosa si percepisce facilmente in tutti i teatri che pullulano di balletti e ballerini, quando si ammirava Carla Fracci danzare, e quando la si ammira ancora oggi (l’ultimo spettacolo risale dal 28 settembre scorso), muovere i suoi passi leggeri sulle note di Serghej Rachmaninov. Quello stesso compositore che riceveva sempre in delicato omaggio, alla fine di ogni concerto, in qualsiasi parte del mondo si trovasse, un mazzo profumato di lillà bianchi. Un mistero che lo caratterizzò, un’ammiratrice che lo onorava di questo delicato fiore primaverile in qualsiasi momento dell’anno e ovunque lui fosse. Questo perché la più dolce romanza di Rachmaninov si chiama Lillà, un ricordo della tenuta familiare Ivanovka, nella regione di Tambov, a 700 km a sud-est di Mosca (ancora Russia, terra di danza ed energia), dove l’artista trascorse diversi anni sereni durante la gioventù e dove spesso componeva, nel silenzio immobile della campagna.

La danza, come la vita, è ricca di fantasia, piena di armonia, ha un linguaggio universale per comunicare gioia, unione, sincronia, libertà, luce, sogni. “Siamo animali fatti per danzare”, avrebbe detto il grande scrittore Kurt Vonnegut, per il quale la musica, poi, cura tutti i nostri mali, la musica, la prova dell’esistenza di Dio. La musica-danza che tutto muove, un’accezione di forza motrice che riporta al tardo latino energīa, a sua volta desunto dal greco ἐνέργεια (enérgeia), parola composta da en, particella intensiva, ed ergon, capacità di agire. Il sostantivo è stato introdotto da Aristotele in ambito filosofico per distinguere la δύναμις (dìnamis), la possibilità, la “potenza” propria della materia informe, dalla reale capacità (ἐνέργεια) di far assumere in atto, realtà formale alle cose. La parola italiana è ripresa nel XV secolo dal francese énergie, usata nel senso di “forza in azione”, con vocabolo direttamente derivato dal latino, mai con significato fisico. I termini si confondono e si amalgamano, però, quando la forza intrinseca crea potenza.

E, infatti, la danza racchiusa in noi può generare energia come quella data al pavimento di una discoteca. Strano ma vero. Ricorderete il caso della discoteca Watt di Rotterdam, che, nel 2008, si era dotata di una pista da ballo in grado di produrre energia dal movimento dei ballerini, grazie all'olandese Energy Floors. L’invenzione è il cd. sustainable dance floor, una pista da ballo concepita per incamerare l'energia rilasciata dai corpi che ballano e saltano sulla sua superficie. Un sistema di accumulatori è posizionato sotto la pavimentazione: il movimento viene assorbito e trasformato in energia, che a sua volta alimenta luci, amplificatori e altre apparecchiature del club. Al Watt, la pista da ballo converte il movimento dei clubber (fino a 1.400 persone) in energia elettrica. Quando si salta sulle piastrelle, per esempio, i moduli che compongono il pavimento della pista cedono di circa un centimetro verso il basso, schiacciati dal peso delle persone, attivando così il sistema sottostante (le piastrelle, ogni volta che vengono calpestate, si comprimono, consentendo al generatore che contengono di produrre circa 35 Watt), mentre un gioco di luci interattivo (progettato da Daan Roosegaarde comunica in tempo reale quali moduli producono energia e quanta energia è stata prodotta nel complesso. Chi balla sprigiona energia che viene “canalizzata” e “riutilizzata”. Se si è pochi, si possono alimentare display e luci in sala, ma se la serata è più affollata, si alimentare gran parte dell'impianto elettrico. Anche vacanze e divertimento estivo possono quindi generare energia pulita per sostenere i costi energetici dell'afflusso turistico.

Ancora dubbi, allora, sul fatto che la danza è energia?