Inverno 1959. Tanto freddo, il cielo azzurro, la neve, la città vuota. Un giovane musicista australiano arrivato da Londra per studiare nella Serenissima con Tullio Serafin. “Per me Venezia è quella” racconta Richard Bonynge.

Primavera 2017. Il direttore d’orchestra passeggia alto ed elegante, fra i glicini e le tamerici dell’Isola di San Giorgio e dato che non attraversa la laguna, la città per lui è ancora vuota, sebbene sull’altra sponda il leone di San Marco sia accerchiato, in serio pericolo di soffocamento, da turisti che in maggioranza nemmeno lo distinguono dal toro alato di San Luca. “Amo quando il verde è nuovo e variegato e siccome in Svizzera abito vicino alle montagne dove la natura è in ritardo, vivrò la primavera due volte”. I grappoli profumati del glicine lo riportano anche a un altro soggiorno italiano, quello a villa San Michele a Firenze, michelangiolesca dimora fiesolana, in occasione di un Maggio musicale fiorentino: “Un luogo molto romantico”.

Il maestro tiene la sua annuale masterclass alla Georg Solti Accademia (fondata nel 2004 dal pianista Jonathan Papp con la violinista Candice Wood e lo sperticato sostegno di Lady Valerie Solti, vedova del maestro ungherese), ospite della Fondazione Cini con i suoi chiostri meravigliosi. Partecipano dodici musicisti, selezionati con cura da tutto il mondo: sei répétiteur e sei cantanti perché Solti cominciò istruendo i solisti come maestro ripetitore e così lo si onora. Da mattina a pomeriggio inoltrato, una breve pausa per un bocconcino verso l’una, ma a cena recupera con pastasciutta, pietanza e contorno, Bonynge è instancabile: lo affatica solo il disappunto che lo coglie se gli allievi tradiscono la musica e, da dolce, gli capita per un momento di diventare affilato.

Con sua moglie, ‘La Sutherland’, la Dame dell’Impero britannico Joan, una delle soprano del secolo, detta la Stupenda, ha trascorso 56 anni in scena e a casa e se gli si chiede se qualcun altro in famiglia dirige, suona o gorgheggia risponde sorridendo: “Per ora no. Eppoi Joan ed io eravamo abbastanza. Più che abbastanza!”. Nella lista dei dei suoi artisti preferiti: Beniamino Gigli, Alfredo Kraus, Monserrat Caballé, Renata Tebaldi, Marilyn Horne. Non include la moglie perché è un signore e non la sbandiera, ma gli si illumina lo sguardo alle domande su di lei, dea del Belcanto: “Era una donna completamente normale, senza artifici. All’occorrenza poteva essere una diva sul palcoscenico, ma quello che la interessava era la musica. Molto disciplinata, lavorava moltissimo sulla sua voce”.

La sua regola sul podio?

Mai essere noioso! Io certo non mi sono annoiato: nella mia vita sono stato fortunato perché l’ho passata con i migliori: Mozart, Donizetti, Bellini.

Le piace insegnare?

Sì, mi piace… ma non tutto il tempo. Joan, invece, proprio non era un’insegnante. Ha dato solo pochissime lezioni. Quando mi domandano che cosa è giusto, rispondo con semplicità che quello che suona bello è probabilmente giusto.

Insegna da anni alla Solti Accademia, per di più come regalo. Che ricordo ha di sir Georg?

Non l’ho mai veramente conosciuto, ma negli anni Settanta l’ho incrociato al Covent Garden. Aveva un’energia straordinaria.

Non per glorificare i tempi passati, eppure il mondo della musica sembra peggiorato.

Sono cresciuto in un mondo gentile, incontrando grandi artisti. Più erano eccelsi, più erano amabili. Adesso le persone sono troppo influenzate dalla televisione e dall’idea di raggiungere il successo velocemente. Lo scopo è diventare famosi. Pochi sono focalizzati sul talento e sul lavorare con impegno. Studiare studiare studiare, ripeto sempre. Non vogliate diventare star, ma buoni musicisti. A volte penso addirittura che i giovani cantanti non amino la musica. Joan debuttò alla Carnegie Hall il giorno dopo la morte di sua madre e cantò a meraviglia nonostante fosse disperata: grazie alla sua preparazione sapeva che cosa fare e come farlo. La vita nella musica non è idilliaca come una storia d’amore hollywodiana, ma senza dubbio è splendida.

La musica contemporanea?

Ho fatto quello che dovevo con la musica contemporanea. Basta.

Forse qualcosa di contemporaneo le piacerà, prima o poi.

Forse.