«Non mi ha mai interessato la fotografia, ma le immagini. Credo che il mio lavoro inizi laddove finisce la fotografia».
Olivo Barbieri

Questa affermazione, apparentemente paradossale, contiene una chiave di lettura fondamentale per accedere alla complessa ricerca di Olivo Barbieri (Carpi, Modena 1954), uno dei più importanti autori della fotografia contemporanea.

Barbieri è noto principalmente per la sua analisi sulla forma e sull’iconografia della città contemporanea.

Ma il lavoro di Barbieri non è riconducibile solo all’indagine sullo spazio urbano e sull’architettura: se questi sono la cornice entro cui prende forma la ricerca, essa però ha più a che fare con l’analisi - e con la messa in discussione - del concetto di percezione, ovvero con la nostra capacità di vedere e interpretare la realtà. Che poi, è il primo passo per capirla.

Attraverso un uso sperimentale del mezzo e del linguaggio fotografico, Barbieri mette in crisi le consuete modalità di rappresentazione, aprendo la strada a nuove interpretazioni, il più delle volte sorprendenti: ciò che lo interessa non è riprodurre fedelmente e neanche spettacolarizzare il mondo, ma tradurre in narrazione, in racconto, la sua personale esperienze percettiva del visibile.

Concepita come un’ampia retrospettiva, la mostra è articolata in sette sezioni che consentono di seguire lo sviluppo del pensiero di Barbieri dagli anni Settanta ad oggi: dal primo lavoro sui flipper ritrovati in una fabbrica abbandonata che giocano con le decadenti icone del moderno, passando per le stranianti immagini notturne dei contesti urbani cui si contrappongono le visioni di dipinti conservati nei musei - ancor più ambigue per la loro apparenza di realtà; dall’esplorazione della provincia italiana degli anni Ottanta, ai ripetuti viaggi in Cina e in Estremo Oriente; dai primi esperimenti di “fuoco selettivo” degli anni Novanta, alle vedute aeree di Roma, Shanghai e Las Vegas, punto di partenza della serie site specific_ che coinvolge più di quaranta città e megalopoli del pianeta. Le sue immagini riprese dall’alto con la tecnica della “messa a fuoco selettiva” (che evidenzia solo alcuni elementi, lasciando volontariamente sfocato il resto della scena), hanno inaugurato un nuovo modo di percepire la città che, grazie all’introduzione consapevole di alcuni “errori” fotografici, ci appare in modo inedito, più simile a un modellino in scala che a un contesto reale.

In quella sottile linea di mezzo tra una fotografia che rappresenta i luoghi e un utilizzo del linguaggio che finisce per decretare l’ambiguità di ogni rappresentazione, si situa la fotografia di Barbieri: in bilico tra il certo e l’incerto, tra il reale e il plausibile, tra il sapere e l’ovvio. Tra l’orizzontalità dei suoi viaggi sulla superficie del pianeta e la verticalità di un percorso che indaga i processi interni del vedere e del conoscere.

Oltre alle sette sezioni descritte, la mostra è arricchita da una serie di focus di approfondimento dedicati rispettivamente alla produzione video (con 9 film in mostra); alla produzione editoriale attraverso la presentazione di una ricca sezione bibliografica; e infine uno spazio dedicato alle fotografie di Barbieri presenti nella Collezione del MAXXI, frutto di committenze realizzate ad hoc, che testimoniano della lunga e proficua collaborazione tra Barbieri e il museo avviata nel 2003, in coincidenza con l’avvio della costruzione del grande edificio progettato da Zaha Hadid.