Da Tu-Ji, l’addetta alle cuccette conosciuta sul treno da Shanghai, ho appreso che Hong Kong significa giardino profumato a causa dell’incenso che, in passato, veniva immagazzinato nel porto di Aberdeen per l'esportazione. Mi affascina l’idea di tornare in quel luogo che profuma d’oriente “davvero”.

Arrivato a destinazione, alla Hung Hom Station di Kowloon, salgo sul metrò che mi conduce comodamente in Nathan Road, la zona turistica straripante di boutique, electronic store, mega gioiellerie, grandi magazzini, botteghe, trattorie, pub e massage in affollate stradine normalmente percorse da vetture prestigiose, come Ferrari, Maserati, Lamborghini, Rolls Royce o McLaren. Presa visione di una decina di possibilità di alloggio, del genere guesthouse, finisco per scegliere una camera al sesto piano del Lyton Building, 36-42 Mody Road, per 25 euro a notte. Arredamento basic, ma collocata nel cuore di Tsim Sha Tsui, l’area urbana nella parte più meridionale di Kowloon, ricca di attività diurne e notturne e funzionale agli spostamenti.

In passato ho visitato Hong Kong più volte, questa però è la prima visita dopo la temuta fine della presenza britannica e, francamente, di cambiamenti nella ex colonia ce ne sono stati tanti, ma nulla di paragonabile a ciò che avvenuto in Cina nell’ultimo ventennio. Prima di inoltrarmi nella città e nei suoi dintorni, provo a fare un breve riepilogo sul rapporto fra il passato britannico e il presente cinese: tutt’attorno vedo nuovi ed enormi grattacieli, mentre il brulichio della gente e la frenesia per lo shopping sono rimasti quelli di sempre. La mancanza di spazio e il crescente numero di abitanti e di infrastrutture, hanno favorito una notevole espansione urbanistica verso l’alto, qualificandola come la città più verticale del globo.

L’isola diventò una colonia dell'Impero Britannico dopo la prima guerra dell'oppio (1839-1842) e, con la firma del trattato di Nanchino, il nome Hong Kong è stato registrato sui documenti ufficiali, fino a comprendere l’isola nel suo insieme. I confini della colonia sono stati poi estesi, nel 1860, allo scopo di includere la penisola di Kowloon e, nel 1898, i Nuovi Territori. Durante la guerra del Pacifico, dal 1941 al 1945, la regione è stata occupata dalle forze giapponesi, per poi tornare sotto il controllo britannico, terminato nel 1997 quando la Cina ne ha ripreso la sovranità. La colonizzazione britannica di Hong Kong è dunque durata 152 anni e ha condizionato in modo determinante la cultura e il sistema educativo, lasciando un alto grado di autonomia sotto il profilo delle politiche economiche. Un Paese a due sistemi o due concezioni della politica…. Fino a diventare, oggi, uno dei centri finanziari più importanti del mondo, la cui valuta è fra le più influenti nei mercati monetari internazionali, grazie a un'economia capitalistica basata sul settore terziario e caratterizzata da una bassa imposizione fiscale e dal libero scambio. Di conseguenza, i cittadini di Hong Kong godono di uno dei redditi pro capite più alti, oltre a un'aspettativa di vita più lunga di ogni altro Paese.

Il territorio, che conta 7 milioni di abitanti e si sviluppa sulla terra ferma e su diverse micro isole, ancora una volta, mi appare come una perfetta sintesi tra oriente e occidente, leggibile dall’intreccio di tradizione, di cui i templi votivi rappresentano una testimonianza, in contrasto con lo spettacolo di una selva di grattacieli altissimi, servizi efficienti e ampie autostrade. Muoversi a Hong Kong è facile. La rete di trasporti infatti è molto sviluppata, funzionale e parecchio utilizzata. A tale proposito, mi è stato utile effettuare il pagamento dei ticket attraverso l’acquisto della carta Octopus, un pratico sistema introdotto dalla Mass Transit Railway (MTR). La carta viene ampiamente accettata su ferrovie, metrò, autobus e traghetti e può anche essere utilizzata come sistema di pagamento in alcuni punti vendita del luogo.

La parte più caratteristica e ricca di esercizi commerciali e luoghi di ristoro è racchiusa nel dedalo di viuzze delimitate da Chatham Road e Park Drive. Prendo nota che gli angoli delle strade sono sempre abitati da individui che offrono ai passanti orologi di marca, contraffatti, ma occorre fare anche attenzione ai gestori di negozi qualificati per evitare di incorrere in truffe come è successo a un amico che ha acquistato un costoso obiettivo fotografico di marca e, una volta giunto in albergo, si è accorto che l’oggetto impacchettato era diverso e privo di valore. Viene coinvolta la polizia locale, ma senza esito. Hong Kong è una città vivace, piacevole ed effervescente, ma è necessario tenere gli occhi aperti perché può nascondere qualche insidia.

Appena cala la sera, la gente si allinea sul bordo del vicino molo di Tsim Sha Tsui per ammirare il suggestivo gioco di luci a ritmo di musica, proveniente dal magnifico skyline dell’isola di Hong Kong, oltre lo stretto. Questa è una città davvero scenografica e spettacolare; da non perdere la ripida salita in tram a cremagliera al Victoria Peak, belvedere che domina l’intera baia dall’alto dei suoi 552 metri. Per cenare all’aperto e gustare un ottimo pesce fresco, mi inoltro nell’affollato “night market” di Temple Street, caratterizzato da una serie interminabile di bancarelle ricolme di cianfrusaglie, t-shirt, souvenir, cibi vari e ogni genere di merce. Questo è un punto di svago serale per gli stranieri in cerca di folclore.

Guardando i depliant dell’ufficio turistico, mi intriga la visita all’isola di Lantau, collegata alla terraferma dal metrò della linea arancio. Giunto al bel capolinea di Tung Chung, scarto la soluzione della funivia cable car e salgo al monastero di Po Lin in autobus, giusto per gustarmi meglio questa oasi tropicale. Lantau è per me una piacevole sorpresa. E’ una località in cui si respira lentezza e tanta pace, sul genere easy life: una stretta striscia d’asfalto, spiagge deserte, natura rigogliosa e assenza di traffico, in totale contrasto con il caos e la frenesia della terraferma. Dal Ngong Ping Village si entra nel vasto e piacevole complesso del monastero, dominato dalla collina, su cui troneggia imponente Tian Tan, la statua gigante in bronzo del Buddha seduto che è la più grande al mondo. In cima alla lunga scalinata, altre sei statue bronzee cingono la piattaforma del Buddha, da cui si gode una veduta mozzafiato a 360 gradi. Atmosfera di grande misticismo, un must assoluto.

Un altro bus, in 20 minuti, mi conduce al singolare villaggio di pescatori di Tai O, che nella sua semplicità è forse l’abitato più folk e autentico di Hong Kong. Palafitte nella fanghiglia, andirivieni di barche, case rivestite di lamiera, altre ricavate da container, file di pesci a essiccare, bancarelle, negozietti e piccoli ristoranti dove gustare ostriche farcite e granchi giganti: un altro volto dell’ex colonia britannica che merita di essere visto. Se volete addentrarvi nella tradizione secolare e nelle vicende peculiari di Hong Kong, allora bisogna mettere in conto una giornata di visita ai due principali musei: il Museum of Arts, che espone importanti collezioni d’arte classica, calligrafica e una grande sala dedicata alla fotografia in epoca coloniale; l’History Museum, dove si ripercorre la storia di questa parte del mondo. Per puro divertimento, consiglio l’Ocean Park, che comprende uno dei più grandi acquari del pianeta, inoltre, dal 2005 Hong Kong ospita il primo Disneyland d’Oriente, che ricalca in maniera fedele quella originale californiana.

All’isola di Hong Kong ci si arriva anche con il metrò che passa sotto al mare, ma è decisamente più affascinante attraversare questo braccio d’acqua con i classici traghetti o ferry che fanno la spola in perpetuo tra le tue sponde. Dall’Exchange Square, il bus 70 in trenta minuti di strada panoramica, mi lascia ad Aberdeen, la città nella riviera meridionale dell’isola. Qui contratto un giro di mezz’ora in sampan (euro 5): zigzag tra giunche e barconi della Cina di Mao e houseboat, in una baia su cui si affacciano grappoli di snelli grattacieli dall’aspetto irreale. E’ la città a cui si deve il nome “Hong Kong”: dalla dinastia Ming, Hong Kong era il nome originale dell’attuale Aberdeen, tuttavia i primi stranieri che nel XIX secolo approdavano al villaggio credevano che quello fosse il nome dell’intera isola e, quando si accorsero dell’errore, era ormai troppo tardi. In seguito l’abitato prese il nome da George Hamilton Gordon, quarto conte di Aberdeen.

Con il bus 73 per Stanley, proseguo lungo la costa fino a Repulse Bay, la spiaggia tropicale che fu rifugio di spietati pirati ed è ora diventata la più esclusiva di Hong Kong che mi appare come un paradiso, frequentato da pochissima gente. La spiaggia è pulita, ottimi i servizi, le docce e gli spogliatoi, gradevole la presenza di alberi che fanno ombra... Ho trovato particolarmente piacevole fare il bagno nel mare calmo e fresco di questa località. Entrato in un punto di ristoro della spiaggia, un barman mi racconta che Repulse Bay è particolarmente cara al popolo di Hong Kong, perché la storia della comunità è stata scritta qui. Sulla spiaggia è stato edificato un tempio buddista, molto suggestivo, in segno di ringraziamento per aver consentito, nei secoli, di respingere più' tentativi di invasione. Si dice che, riuscire a far cadere una moneta nella bocca di un pesce cavalcato da Budda, porti fortuna... vale la pena tentare! Buddismo, confucianesimo e taoismo sono le religioni più praticate in tutto il territorio. Molto bella, dunque, la spiaggia e l'acqua che dicono essere piacevolissima anche a dicembre! Merita un tuffo, soprattutto in una calda giornata di sole.