La notizia che lo storico parterre della residenza asburgica di Miramare, nella punta del promontorio di Grignano proteso sul golfo di Trieste, subirà un importante ricostruzione ha stimolato la mia curiosità su come per secoli i magnifici giardini reali fossero affidati alle grandi menti di illustri architetti e ad altrettante raffinate maestranze.

E’ di questi giorni l’uscita del film Le regole del caos di Alan Rickman, uscito nel 2014 con una produzione britannica. Un’affascinante Kate Winslet nella parte di una giardiniera assoldata da niente meno che Andrè le Notre, paesaggista del Re Luigi XIV, irrompe nella prevedibile per quanto magnifica progettualità rigorosa del tempo con qualche idea tutta nuova e tutta ispirata al paesaggio e alla selvatichezza. Allo stesso tempo Alain Baraton, classe 1957, uno dei giardinieri più conosciuti in Francia e responsabile del parco di Versailles dal 1982 ha appena pubblicato il libro Il giardiniere di Versailles, dove svela la sua storia segreta vissuta in uno dei più celebri parchi paesaggistici di tutto il mondo.

Risulta difficile ricostruire la storia di un qualsivoglia giardino senza indagare sui proprietari che si sono avvicendati nei secoli, ma soprattutto senza capire chi furono i veri artefici cioè i progettisti e ancor più i curatori, ovvero i maestri giardinieri alle cui mani erano affidate le sorti di ettari di parterres, boschi, collezioni di piante rare provenienti da tutto il mondo, serre e tutto quello che poi ne comportava in termini di organizzazione e gestione quotidiana. Mi soffermo in questa prima puntata su un areale italiano – il territorio di Trieste e Gorizia - piuttosto prolifico di figure di botanici e soprattutto di giardinieri in un periodo in cui fu importante l’influenza della Corte imperiale di Vienna, a partire dall’epoca dell’Imperatore Federico III, cioè dal XV secolo.

Da uno studio approfondito sulla storia della floricoltura industriale e sul vivaismo a Gorizia (L. Debeni Soravito, 1996) si evince che a partire dal ‘600 si assiste alla costituzione delle Confraternite dei Giardinieri, molto in anticipo rispetto alle Società di Mutuo Soccorso sorte a Milano nel 1838 [1]. E’ interessante leggere gli articoli dello Statuto di queste organizzazioni di categoria, i sindacati del XX secolo, che consentivano l’adesione dei singoli giardinieri, sia coloro che erano impiegati presso parchi e giardini al servizio dei nobili e della corte imperiale, sia quelli indipendenti (grazie a un'ordinanza di Ferdinando II del 12 Ottobre 1628) che lavoravano nei territori arciducali ma anche a sud dell’Enns.

Dal Settecento l’esercizio della professione di giardiniere comportava il versamento di una tassa pari a 70 corone; con tali premesse l’Impero Austro-Ungarico, quindi anche i territori di nostro interesse direttamente influenzati, si trova in notevole anticipo sulla nascita e lo sviluppo delle prime scuole di formazione per giardinieri che già nel XVII secolo si specializzavano secondo un preciso iter di praticantato: tre anni preparatori e tre anni di apprendistato presso un orto o giardino. Questo in base a profili professionali ben definiti: giardinieri della cucina (küchengartner), ortolani, giardinieri di piacere e ornamentali (lust und ziergärtner) giardinieri dei cimiteri (friedohfsgärtner).

I nuovi giardinieri, come poi avverrà nel resto d’Italia, in special modo a Firenze, Roma e Napoli, si formeranno attraverso le Associazioni Agrarie, le Società di Orticoltura, nonché più tardi con i primi Istituti Agrari. Nel goriziano e a Trieste sia l’influenza della Scuola viennese per giardinieri, la cui fondazione risale al 1868, sia il notevole mutamento sociale che vede l’affrancamento della nuova classe borghese, sempre più desiderosa di tenere il passo con le mode del collezionismo botanico lanciata per lo più dai reali e dalla nobiltà, fa accrescere l’interesse per il giardinaggio.

A Trieste, in particolare nella seconda metà del XIX secolo, la presenza di Massimiliano d’Austria (1832-1867), Comandante in capo della Marina Imperiale e Governatore del Lombardo Veneto, inciderà notevolmente nel fornire un ulteriore impulso per la nascita di un nuovo gusto per il giardinaggio paesistico. Numerosissimi i giardinieri impiegati all’epoca nel triestino e formati alla corte di Vienna e nelle altre città dell’impero: gli Elder, i Fisher, i Ferrant e lo stesso Anton Jelinek, di origine boema, “giardiniere fiorista” capo di Miramar. In questo parco voluto da Massimiliano, lavora prima di Jelinek, Wilhelm Knechtl tra il 1856 e il 1857 e ancora prima il boemo Joseph Laube – già aiuto giardiniere a Luxemburg - presso Massimiliano dal 1853.

Nuove piante raccolte nei paesi lontani da esploratori italiani ed esteri, come nel noto viaggio di circumnavigazione della fregata Imperiale Novara voluta da Massimiliano, al cui seguito viaggiarono medici scienziati illustri come il naturalista tedesco Alexander Von Humboldt, contribuirono a incentivare la passione per l’esotico, il collezionismo e l’acclimatazione di specie nuove e rare nei parchi triestini. L’amore per la botanica e le scienze naturali di Massimiliano viene subito trasferita negli ambienti di corte e della classe nobiliare: i Revoltella, i Sartorio, i Giannichesi e gli Zanchi testimoniano la presenza di un ambiente culturalmente in consonanza con lui e i suoi interessi. Inoltre Trieste all’epoca contava su studiosi e docenti di botanica di grande rilievo a partire da personaggi come Bartolomeo Biasoletto (1793-1858), Muzio de’ Tommasini (1794-1879) fautori dei primo giardino botanico di Trieste [2] e fondatori nel 1857 della Società d’Orticoltura del Litorale, appassionati collezionisti come Raimondo Tominz (1822-1906), le sorelle Elisa e Henrietta Braig, geniali studiose della flora locale, per arrivare al grande Carlo De’ Marchesetti (1850-1926) direttore del Museo di Scienze Naturali.

In questo scenario cittadino, dove sia assiste anche alla progettazione di nuovi spazi verdi che saranno poi i parchi pubblici più importanti, la professione di giardiniere costituisce una nuova opportunità lavorativa per i giovani del luogo e l’esigenza di formare queste figure si fa sempre più incalzante. In quest’epoca, conosciuta come il secolo d’oro dell’orticoltura e del collezionismo botanico, in cui fioriscono esposizioni floricole di interesse nazionale e locale, anche città come Trieste e Gorizia vengono investite da questa nuova moda che rapisce soprattutto i proprietari di ville e giardini che dovranno assoldare i loro giardinieri chiedendoli anche alla corte viennese, alla vicina Venezia (dalle Ville della riviera del Brenta come Villa Pisani) dove nel frattempo erano già nati i primi stabilimenti d’orticoltura come i Maupoil, Van De Borre, ecc.

Il clima della regione, mitigato dalla vicinanza del mare e al riparo dai venti del nord dalla catena collinare, fa di questo luogo un area vocata alla coltivazione di specie mediterranee e subtropicali. Trieste inoltre, come Vienna, si specializzerà nel periodo antecedente alla grande guerra anche nella coltivazione e commercializzazione di piante officinali (Chrisanthemum, genziana, arnica, altea, salvia, sommacco, ginepro, alloro, ecc.) al pari di altri mercati di droghe e spezie come Londra, Amburgo e Rotterdam. Ancor prima erano nati stabilimenti orticoli e floricoli, fondati dalle grandi famiglie di giardinieri, che si avvantaggiavano della nuova rete ferroviaria e stradale nonché del centro commerciale di Trieste con il suo porto in collegamento giornaliero e settimanale con le più grandi città del mediterraneo. L’esportazione di specie nuove recentemente acclimatate verso i paesi del nord incentivò il commercio di piante acidofile, subtropicali da serra e da interni, alberi da frutta, questi ultimi molto apprezzati anche dal mercato del’Istria compresa la città di Rovigno dove si scambiano bulbi e sementi. Solo per citare alcuni degli stabilimenti più noti: Fonda a Trieste, Gorian, Ferrant , Fischer, Eder a Gorizia.

L’estate è la stagione giusta per visitare o rivedere con occhio più attento i grandi giardini come quello di Miramare o addirittura spostandosi al di là delle Alpi quelli reali di Vienna o di Parigi qui, oltre a trovare sempre nuovi scorci valorizzati da interventi paesaggistici recenti, si gode di quella frescura e di quell’inaspettato spaesamento che niente di meglio si può chiedere a una meritata vacanza. Buon viaggio!

Bibliografia

E. Macellari e F. Maniero, Giardinieri ed esposizioni botaniche in Italia (1800-1915), Alie&no, Perugia, 2005
O. Celli, Il mio Chiadino. Storia, cronaca e vicende del civico orto botanico triestino Associazione Cittàviva, Trieste, 2005
L. Debeni Soravito, Storia della floricoltura industriale e del vivaismo a Gorizia 1850-1918 Nuova Iniziativa Isontina, n. 13, 1996