È la seconda volta che metto piede in Brunei, adesso non occorre più il visto come in passato: ai cittadini italiani e comunitari vengono concessi 30 giorni direttamente all’arrivo in frontiera o all’aeroporto.

In primis , questo è un paese “diverso”, non così semplice da decifrare. La gente del Brunei è cortese, socializza con piacere ma quasi sempre in termini formali, mentre i più disponibili a cercar di spiegare nei dettagli come funziona il quotidiano in questo insolito paese sono i bottegai d’origine cinese e i residenti stranieri. In sintesi, l’essenza suprema del Brunei si esprime attraverso il rigore delle tradizioni monarchiche e il benessere sociale ed economico derivato da petrolio greggio e gas naturale, congiuntamente alla rettitudine indicata nei dettami del Corano: di recente il sultano ha approvato la sharia, l’istituzione islamica che prevede la lapidazione per adulterio. La legge prevede anche l’amputazione degli arti a chi ruba e la fustigazione per chi beve alcool o pratica l’aborto.

Il sultanato islamico di Brunei Darussalam (“Dimora della Pace”) occupa 161 km della costa nord-occidentale del Borneo, 440 km a nord dell’Equatore. La superficie di 5765 kmq (di poco superiore a quella della Liguria) è quasi totalmente ricoperta da foresta pluviale intatta, classificata in cinque varietà (mangrovia, brughiera, palude torbosa, ditterocarpacea mista, montagnosa), una vasta vallata e un bassopiano ondulato che verso est si eleva fino al picco del Bukit Pagon (1841 m). Il Sarawak con la valle del Limbang ne divide il territorio in due parti: il distretto orientale di Temburong, popolato da Dayak, e quelli occidentali di Brunei Muara, dove risiede la capitale; Tutong, con spiagge e parchi, e Belait, ricco di petrolio.

Gli attuali confini di questo piccolo Stato non devono trarre in inganno sul suo passato, che lo vide estendere la propria egemonia su gran parte dell’isola e nell’arcipelago di Sulu fino a Manila. Oggi prosperità, grandezza e tradizioni di sovranità continuano a illuminare questo lembo di terra fortunato, grazie ai suoi giacimenti di petrolio e gas naturale. I pozzi in mare al largo di Seria pompano greggio dal 1929, ma solo dal 1975 il governo è entrato in affari in prima persona fondando, in società col colosso americano, la Brunei-Shell Petroleum Company. Da allora, sono stati intensificati gli sfruttamenti aumentando notevolmente le entrate che, oltre a portare benefici all’intera comunità, permettono all’amato sultano Hassanal Bolkiah di svolgere una vita dispendiosa come un monarca d’altri tempi, pur restando ligio ai rigidi costumi del Corano. L’Islam infatti è la religione di Stato (con minoranze cristiane e buddiste), mentre la lingua ufficiale è il bahasa malese (ma si parla anche inglese, considerata la seconda lingua del paese).

Hassanal Bolkiah
L’attuale monarca del Brunei è Hassanal Bolkiah (seguono altri 39 tra nomi e titoli), nato nel 1946 e 29° sultano nell’ordine di successione della sua dinastia, che risale al XIV secolo. Egli ha compiuto i propri studi in Inghilterra e occupa anche la carica di Primo Ministro e Ministro della Difesa. Ha due mogli, quarantacinque concubine e dieci figli, quattro maschi e sei femmine. Con entrate stimate attorno ai 5 milioni di euro al giorno, compete con Bill Gates per il titolo di uomo più ricco al mondo. Il palazzo in cui vive è degno di un novello Re Sole, finito sul Guinness dei primati per il numero considerevole di stanze: 1788. Tra i suoi hobby, una collezione di circa 300 automobili, che comprende svariate Ferrari, Maserati, Lamborghini decorate con diamanti sul cruscotto, e una scuderia di oltre 200 cavalli, tra purosangue inglesi, arabi e pony argentini. Un paio di volte l’anno organizza tornei di polo e, per l’occasione, ingaggia i migliori giocatori del mondo.

La società del benessere
La situazione socio-economica del Paese ha permesso ai suoi 410mila abitanti (69% malesi, 13% cinesi, 6% Dayak - Iban e Kelabit -, 12% indiani, pakistani, singalesi e altre etnie) di godere di un elevato grado di benessere, come dimostra il reddito medio pro-capite annuo. Per loro sono stati costruiti moderni e funzionali palazzi pubblici, scuole, ospedali, un aeroporto sterminato adatto a un traffico aereo cento volte superiore e, per chi lo desidera, un posto di lavoro ben retribuito. I sudditi (rakyat) non pagano tasse sul reddito o sulle imposte, gli studi sono gratuiti fino alla laurea, come pure l’assistenza medica e ospedaliera; gli abitanti dell’entroterra sono assistiti da dottori che si muovono in elicottero e, se necessario, l’ammalato viene trasferito via aerea in cliniche specializzate di Singapore. Il governo ha donato generatori elettrici, televisori e telefoni a onde corte alle longhouse sperdute nella foresta. Quei pochi poveri che ancora esistono, e le vedove, sono a completo carico dello Stato; gli anziani riscuotono la pensione senza aver versato contributi, le telefonate urbane non si pagano e si possono chiedere prestiti con interessi irrilevanti per comprare qualsiasi cosa, dall’automobile a una vacanza. Tutti i musulmani che intendono recarsi alla Mecca, ottengono un sostanzioso contributo economico. Da questa ricchezza ha tratto beneficio anche l’ambiente naturale: nessuna deforestazione si è resa necessaria. Gran parte degli stranieri presenti nel Brunei sono impiegati dell’industria petrolifera o uomini d’affari; solo di recente il governo sta prestando maggiore attenzione al turismo, ma ancora pochi tour sono effettuati tramite agenzia, anche perché le ridotte dimensioni del paese consentono di organizzare con facilità escursioni in proprio. Gente cordiale, foreste incontaminate e l’insolito connubio tra Oriente e Occidente, rendono il Brunei una meta tra le più straordinarie del pianeta. Monsoni permettendo, tra novembre e febbraio.

Norme comportamentali e mentalità
Gran parte della popolazione del Brunei è profondamente legata alla propria religione, l’Islam, per la quale alcune cose sono proibite (haram), altre tollerate ma non incoraggiate (makruh) e altre non sconvenienti o impure (halal). Bere alcolici, mangiare carne di maiale, essere adulteri, toccare anche casualmente una persona o entrare in contatto col naso e il pelo bagnato di un cane è considerato haram. Fumare e mangiare cozze o altri molluschi di conchiglia è makruh. Gli uomini del Brunei usano darsi la mano in segno di saluto, ma solo leggermente e, dopo, la mettono sul petto; ciò non è consentito all’altro sesso. Puntare il dito o usare il pollice della mano destra teso, tenendo le quattro dita chiuse, è un gesto di grave offesa: quando alzate la mano per chiamare un taxi, fare l’autostop o attirare l’attenzione di qualcuno, tenete sempre il palmo verso il basso. I regali, e in particolare il cibo, devono essere passati con la mano destra, la sinistra si può usare, ma solo come ausilio alla destra. Se vi sdraiate al suolo, non rivolgete la pianta del piede o la suola verso i compagni.

Le donne indossano abiti informi lunghi fino alle caviglie e la testa è coperta dal chador; se coppie non sposate sono sorprese in intimità o anche solo vicine a fare quattro chiacchiere, incorrono nel temuto reato del khalawat, che, tradotto in termini pratici, comporta sei mesi di prigione. Nei cinema e alla televisione sono preferiti i film d’azione a quelli d’amore, così i censori non sono costretti a mutilarne la trama. Se le ragazze cinesi si fermano tranquillamente incuriosite dallo straniero, le giovani “muslim” accennano un sorriso ma proseguono, intimorite anche dagli sguardi della gente. Vestire e comportarsi in maniera formale e conveniente è una questione di fondamentale importanza in Brunei. Non passate mai davanti a una persona in preghiera e le donne devono assicurarsi di coprire bene testa, ginocchia e braccia prima di entrare in una moschea. Tuttavia, gli errori più comuni sono concessi o scusati agli stranieri.

Bandar Seri Begawan
Bandar Seri Begawan è rimasta l’unica capitale di uno stato sovrano nel Borneo. Ex Brunei Town, la città che i vecchi musulmani continuano a chiamare Darul Salam (Porto di Pace), dagli anni ’70 ha cambiato nome in Bandar Seri Begawan (BSB), ossia “la città del Seri Begawan” (Fascino Santo), nome conferitogli dal padre dell’attuale sultano. Affacciata sul fiume Brunei a 15 km dalla foce, la cittadina (140mila ab.) si estende sulla terraferma con grandi complessi ultramoderni di pregevole fattura in un processo di urbanizzazione apparentemente inarrestabile; per il turista la parte più affascinante e pittoresca rimane l’area storica del Kampung Ayer, il villaggio sull’acqua dominato dal cupolone dorato della magnifica moschea dedicata a Omar Ali Saifuddien. Girare attorno alla moschea attraverso il dedalo di passerelle che intrecciano il kampung per finire nelle stradine del centro, circoscritte dai fiumi Kianggeh a est e Kedayan a ovest, rappresenta una memorabile passeggiata di un paio d’ore.

L’atmosfera generale è tranquilla e ordinata come lo può essere un centro di cultura musulmana osservante in Estremo Oriente: niente bar, schiamazzi, né ubriachi, drogati, prostituzione o delinquenza, almeno ufficialmente. Verrebbe da dire “un posto orribile!”. Invece, l’aria di rettitudine morale di “Bandar” può contagiare piacevolmente chi vi giunge dalle caotiche metropoli di Hong Kong, Manila o Bangkok, e aiuta a comprendere meglio la devozione all’Islam; la licenza di vendere e servire alcolici, che privilegiava i pub degli hotel, i ristoranti e le caffetterie cinesi, fu revocata negli anni Novanta e da allora il consumo in pubblico è proibito dalla legge. La vita notturna è pressoché inesistente e alle nove di sera la città è deserta. Nei fine settimana, i bruneiani più irrequieti optano per le case da gioco e di tolleranza di Labuan, Limbang e Miri. L’industria del petrolio ha profuso ricchezza e può destare meraviglia vedere nel “selvaggio Borneo” un numero così elevato di macchine di grossa cilindrata che scorrazza su strade a sei corsie; purtroppo questo tenore di vita si riflette anche sui prezzi degli alberghi, molto più alti che nel resto dell’isola, mentre ristoranti e trasporti hanno costi simili a quelli malesi. Per gran parte dei turisti, una visita nel Brunei equivale a una sosta alla capitale, l’unica città del paese a dimensione urbana.

Nuovi quartieri che radunano grandi centri commerciali e hotel di lusso si sono sviluppati a Gadong, 4 km dal centro verso l’aeroporto, e lungo Jalan Tutong, oltre l’Edinburg Bridge, sulla via per l’Istana Nurul Iman, la superba residenza del sultano. Per il resto, buona parte dei luoghi d’interesse turistico sono radunati nell’area centrale, a breve distanza tra loro. Il mercato all’aperto (Tamu Kianggeh) lo trovate in Jalan Sungai Kianggeh, oltre il canale, mentre al sabato e la domenica si svolge il mercato notturno (Tamu Hujung Minggu) in Jalan Cator, nello spiazzo della stazione degli autobus. In entrambi sono venduti cibi, abiti, tessuti e accessori per la casa.

Poco distante, subito dopo l’unico tempio cinese del centro (angolo Jl. Elisabeth Dua), coloratissimo per le incisioni in legno dorato, si trova la sede del governo Dewan Majilis e cento metri più avanti, esattamente di fronte all’ostello Pusat Belia, c’è l’ingresso alla piatta costruzione del Lapau Diraja, sede della magnifica sala del trono che vide l’incoronazione dell’attuale sultano nell’agosto del 1968 e dove hanno luogo le tradizionali cerimonie reali. Alle spalle, sulla Jalan Sultan, trovate il Brunei History Centre (lun.- sab. 7.45-12.15 e 13.30-16.30, ingresso gratuito), che raccoglie la ricca storia del sultanato compreso l’albero genealogico della famiglia reale. Sulla destra, la singolare costruzione a ferro di cavallo appartiene al Royal Regalia Building (8.30-17; ven. chiuso dalle 11.30-14.30, ingresso gratuito), l’ex Churchill Memorial ristrutturato, con l’aggiunta di una cupola bianca per commemorare il giubileo d’argento dell’ascesa al trono di regina Elisabetta II. Camminando sui pregiati tappeti della sala semicircolare si può ammirare l’esposizione di diverse collezioni d’insegne regali, i gioielli e la corona usati nel giorno dell’incoronazione, una copia del trono e interessanti fotografie sulla vita del presente sultano.

Aggiungendo la visita al Brunei Museum, che consente di osservare il paese da diverse angolazioni, si afferra in qualche modo l’essenza storica e culturale di questo glorioso e straordinario lembo di terra. La strada che conduce al museo, Jalan Residency, prende il nome dal grande edificio coloniale Bumbungan Duabelas, letteralmente “la casa dei dodici tetti”, costruito nel 1906 come domicilio ufficiale dei residenti britannici (oggi sala ricevimenti del dipartimento della cultura), dal quale si gode un’ottima veduta panoramica sul fiume e sul Kampung Ayer. Per un momento di piacevole relax, a soli 15 minuti di cammino dal Lapau Diraja trovate il Tasek Recreation Park, uno dei più vecchi parchi della città, con un bel giardino alberato ricco di fiori e una cascata naturale che forma un laghetto.

La moschea Omar Ali Saifuddien
La prima visione che colpisce quando si giunge a Bandar Seri Begawan, è la magnifica moschea di Omar Ali Saifuddien eretta nel 1958 per volere del 28° sultano, dal quale prende il nome. Grazie anche alla sua suggestiva collocazione, che domina sul Kampung Ayer (“villaggio sull’acqua”; v. di seguito), sul fiume e sulla città, è considerata la più affascinante di tutto l’Estremo Oriente. Il sultano si recò in Italia negli anni ’50 e ne commissionò il progetto a un architetto toscano. Dall’Italia sono arrivati anche i capomastri, i marmi di Carrara e i tre milioni di vetrini veneziani dorati per i mosaici che rivestono la cupola, mentre i blocchi di granito delle mura esterne sono stati importati dalla Cina, i tappeti dall’Arabia, le iscrizioni coraniche in bronzo dall’Egitto, le vetrate piombate e i lampadari dall’Inghilterra. È una delle poche moschee ad avere un ascensore che conduce velocemente in cima al minareto, a 44 metri d’altezza. Ai visitatori è consentito salirvi per ammirare il panorama; se dovesse essere chiuso, chiedete in giro e chiameranno per voi il custode.

Dalla parte del fiume, sul quale domina la cupola rivestita di foglie dorate, la moschea è protetta da una laguna artificiale circolare contenente la riproduzione in cemento del mahligai, l’imbarcazione del XVI secolo utilizzata in speciali cerimonie religiose. La sua prua raffigura la testa di un grande animale mitologico, la coda è a poppa e al centro si ergono tre gazebo orientali, che, col buio della notte, sono illuminati da luci al neon colorate. All’interno della moschea la luce filtra da vetri colorati e illumina un ambiente spoglio e sobrio dalle tonalità autunnali, la stagione ideale per la meditazione. Norme comportamentali sono minuziosamente descritte all’ingresso: i visitatori sono pregati di lasciare le scarpe all’esterno e di vestire in modo consono alla circostanza (niente pantaloni corti né vestiti scollati o aderenti per le donne). Le visite sono consentite dal sabato fino al mercoledì dalle 8 alle 12 e dalle 13 alle 15.30; il venerdì dalle 16.30 alle 17.30 e il giovedì è chiusa ai non musulmani. A Kampong Kiarong (area di Gadong), sulla via per l’aeroporto, un’altra magnifica moschea è stata inaugurata in occasione del giubileo del 1992: la Masjid Jame’Asr Hassanil Bolkiah, la più grande e opulenta del Brunei.

L’Istana Nurul Iman
La residenza ufficiale della famiglia reale, l’Istana Nurul Iman, si erge in posizione strategica, sul promontorio che sovrasta la capitale, due chilometri a ovest del centro. Con 1788 stanze, 257 bagni e 18 ascensori, 6.5 ettari di pavimenti lastricati in marmo, il palazzo - disegnato dall’architetto filippino Leandro Locsin in stile islamico moresco - ha conseguito il primato di residenza più grande del mondo, titolo che prima apparteneva al Vaticano. La costruzione iniziata nel 1981 e terminata 4 anni dopo, ha coinvolto 20 imprese e 5000 operai in un progetto faraonico, costato all’epoca 400 milioni di dollari. Al suo interno, numerosissimi saloni per i ricevimenti, tra i quali un ristorante capace di contenere 4000 invitati, una moschea privata per 1500 fedeli, saune, piscine coperte e scoperte, garage vasti come show car con le vetture più prestigiose del pianeta, stalle dotate di aria condizionata per proteggere i purosangue dal clima tropicale, e tutto attorno un parco recintato di 130 ettari che comprende l’intera collina. Nella reggia, il sultano vive con la corte formata da fratelli principi e sorelle principesse, oltre alla sua prima e seconda moglie, un’ex hostess della Royal Brunei Airlines. Oltre ai dignitari di corte e ai membri del consiglio, solo pochi altri sono autorizzati ad avvicinare “l’eletto di Allah”; nessun suddito o estraneo può avvicinarlo oltre la soglia dei cinque metri, rivolgergli la parola, fargli dei gesti o applaudirlo senza essere invitato a farlo. L’Istana è aperta al pubblico solo durante l’Hari Raya (la fine del Ramadan), quando Sua Maestà concede ai visitatori l’opportunità di rendergli omaggio. La migliore vista d’insieme del palazzo la si può godere dal Persiaran Damuan, il parco creato recentemente sulla riva del fiume.

Kampung Ayer
Dai kampung ayer partivano le giunche dirette ai fiorenti mercati di Giava, Cina o Manila, ma anche le flotte organizzate per atti di pirateria, attività che segnarono il declino del potente sultanato. Quando nel 1521 il veneziano Antonio Pigafetta (il primo italiano nel Borneo) giunse a Brunei, la città era interamente costruita su palafitte come l’attuale Kampung Ayer. Oggi attorno alla capitale vi sono 28 sobborghi acquatici, alcuni formano isole in mezzo al fiume con ponti e canali al pari di Venezia, abitati complessivamente da 30.000 anime: il 40% dell’intera popolazione capitolina, una vera metropoli nel suo genere, la più grande esistente al mondo.

Per avere un’idea della sua dimensione, ampiamente superiore al centro-città, bisogna salire sul minareto della moschea di Omar Ali Saifuddien e ammirarne la veduta d’insieme. I due kampung più estesi sono separati dal fiume: uno è sulla riva opposta, di fronte al porto centrale, e l’altro avvolge la moschea, autentici centri storici dell’antica capitale del Sultanato e del Borneo intero. Ci si può addentrare in entrambi e si possono percorrere camminando sulle assi a un paio di metri dall’acqua, sotto le quali si gira in barca. La gente è piuttosto riservata e difficilmente troverete chi v’invita a curiosare, ma porte e finestre sono spesso spalancate ed è facile constatare la differenza fra questi villaggi e quelli simili in altre parti dell’isola: ogni palafitta è fornita di scolo per le fogne, elettricità e acqua corrente potabile. Questo ha rivoluzionato le abitudini degli abitanti che la sera si raccolgono attorno alla tv e si dissetano con bibite fresche di frigo. Vivono tuttavia in una sorta di compromesso, usufruendo dei comfort moderni, senza rinunciare alle loro tradizionali case umide. Il governo propose di abbattere i kampung e trasferire gratuitamente le famiglie in comodi appartamenti sulla terraferma, ma queste opposero il loro fermo rifiuto e lo Stato dovette adeguarsi, facendo costruire le infrastrutture ospedaliere e scolastiche (oltre a negozi, moschee, stazioni di polizia e pompieri) nell’acqua tra le palafitte. L’unica contraddizione apparente è l’acqua putrida e stagnante, che sotto le case raduna cartoni, bidoni, plastiche e altri rifiuti, proibendo ai bambini di tuffarsi e giocare come in passato.

Ci sono un negozio di antiquariato, un altro di tessuti (Kampung Saba Darat) e una fonderia del bronzo (Kampung Ujong Bukit), meta fissa dei ciceroni in motorboat. Chiedete all’ufficio turistico o negli alberghi le particolarità d’ogni quartiere sull’acqua. Per visitarli in modo indipendente, recatevi al molo delle piccole imbarcazioni di fianco al porto centrale (Jl. McArthur), da dove un continuo andirivieni di lance e speedboat, in qualità di taxi collettivi e privati, conducono i passeggeri nei kampung dei dintorni per pochi centesimi. L’orario giusto, per visitare i villaggi in estrema libertà, è il mattino presto. Se finite in un kampung isolato e i taxi tardano ad arrivare, il costume locale prevede di recarsi al termine della passerella e fare dei segnali a quelli che transitano distanti, i quali accosteranno per caricarvi. Le barche per le escursioni attraccano nel canale di fronte al Brunei Hotel e bisogna contrattare il noleggio del mezzo secondo destinazione o tempo, oppure affidatevi a uno dei tanti operatori turistici della capitale.

I musei e la tomba reale
Il Brunei Museum, bellissimo edificio a 6 km dal centro lungo Jalan Kota Batu (proseguimento di Jalan Residency), la via che costeggia il fiume verso est, fu inaugurato con una memorabile cerimonia dal Sultano e dalla Regina Elisabetta II in occasione della sua visita nel Brunei nel 1972. Nelle sei gallerie del museo i visitatori possono ammirare una grande varietà di preziosi tesori islamici, come antichi gioielli, ceramiche, vetri, tappeti e le collezioni di artistiche edizioni del Corano provenienti da paesi africani e asiatici. La Borneo Ethnography Gallery contiene la ricostruzione in scala reale di una longhouse Iban e oggetti delle tribù Dayak, che abitano nell’entroterra del Brunei. La sala di storia naturale comprende anche animali imbalsamati e insetti locali. Altri settori contengono artigianato in genere, strumenti musicali, ottoni, porcellane cinesi e tutto ciò che appartiene alla cultura del Paese, compreso la Oil and Gas Gallery allestita dalla Brunei-Shell Petroleum, con le illustrazioni delle tappe storiche dalle prime trivellazioni del 1928, le tecniche di estrazione, raffinazione e produzione del greggio e una smisurata raccolta di fotografie che mostrano com’è cambiata la vita dall’avvento del petrolio. Nel curato giardino ornato da cespugli in fiore, diversi cannoni d’epoca dominano la valle dal promontorio. Il museo è aperto ogni giorno, tranne il lunedì (orario: 9.30-11.30 e il venerdì 14.30-17; ingresso gratuito).

Alle spalle dell’edificio, dalla parte del fiume, trovate il piccolo e interessante Malay Technology Museum specializzato nelle arti e mestieri del passato, tecniche tradizionali di costruzione del popolo malese. Sono in mostra diverse sezioni di barche, case in miniatura, ricostruzione d’interni, manichini, arnesi, laboratori di antichi artigiani dell’oro e di metalli, metodi di pesca e di lavorazione dei prodotti della foresta, compresa la laboriosa fabbricazione delle cerbottane, oltre a ricostruzioni di interni di case indigene a palafitta. Il Malay è aperto tutti i giorni, tranne il martedì, dalle 9 alle 17, mentre al venerdì chiude per la pausa dalle 11.30 alle 14.30 (ingresso libero). Dall’inizio di Jalan Residency potete arrivare ai musei in bus, in taxi o in barca dal canale del fiume Kianggeh. Seguendo Jalan Kota Batu, un chilometro prima del museo s’incontra la tomba reale del 5° sultano del Brunei Bolkiah (1473-1521), navigatore amante del canto e della bella musica. Soprannominato “ammiraglio canterino”, suonava il liuto e il tamburo mentre masticava pepe piccante, requisiti che lo resero famoso. Morì sulla sua nave di ritorno da un lungo viaggio, quando Brunei era la capitale di un vasto impero. Nell’elegante mausoleo, un elaborato gazebo in cemento protegge l’imponente sarcofago, sul quale sono scolpite antiche figure e simboli in stile musulmano, cinese e giavanese. In molti preferiscono andarci via fiume perché la tomba ha un comodo attracco, usando le barche che conducono al museo e al vicino Kampung Pelambayan.

Mangiare
In Brunei tutto è importato e caro, ma con un po’ di attenzione si può mangiare bene a un costo ragionevole. I ristoranti più popolari aprono alle 6-7 e fanno orario continuato fino alle 20.30-21. Quelli più specifici seguono gli orari dei pasti (pranzo 11.30-14.30 e cena 18-20,30 o 22). Nessun luogo pubblico è autorizzato alla vendita di alcolici. Prima si poteva bere una birra solo a pasto, ora nelle caffetterie cinesi chi desidera una birra deve ordinare un tè special e solo se conosciuti, o presentati da persona garante, vi servono la bevanda in una tazza da tè. L’acqua del rubinetto è ufficialmente potabile, tuttavia alcuni preferiscono prendere la precauzione di bollirla. Le bancarelle-ristorante sul lungofiume di Jalan McArthur - Jalan Residency offrono una grande varietà di piatti asiatici a base di noodle, riso, zuppe, oltre a pollo e pesce cucinati in tutte le salse. Tra queste, fa da catalizzatore il chiosco del Gerai Makan situato accanto al molo per Temburong. Frittelle dolci kueh melayu, bibite e spremute al limone costano dovunque pochi centesimi. Il servizio è un po’ lento, ma in compenso mangiate in riva al fiume all’ombra di grossi alberi e in compagnia di gente socievole. Frutta di stagione, come banane, mango, durian o rambutan, si acquista al vicino mercato diurno Tamu Kianggeh, con banchi allineati di fronte al canale omonimo, dove a mezzogiorno servono anche nutrienti minestre al volo; al sabato e la domenica sera lungo Jalan Cator avviene, dalle 18 alle 24, il caratteristico mercato notturno Hujung Minggu, un carosello di cibi malesi con file di banchetti specializzati in spiedini di carne cotti al carbone.

Un altro luogo degno di nota, dove cenare all’aperto tra la gente del posto, è il night market rionale nel parchetto di fronte allo Sheraton, oltre Jl. Tasek e Jl. Stoney, con ogni sorta di riso, noodle e un’incredibile varietà di cibi fritti e arrosto, accompagnati da superbe spremute di frutta fresca. Per una croccante ala di pollo con nasi lemak (riso, cocco, acciughe fritte, calamari, ecc, su foglie di banano) recatevi al banco 20 (costo 2 euro). La graziosa ragazza del banco 14, invece, prepara ottimi satay ayam (zuppa con cubetti di verdure, spiedini e tant’altro, a volte piccante). Il piatto tipico che meglio rappresenta la tradizione culinaria del Brunei si chiama ambuyat, ricavato dalla sostanza amidacea della palma di sago (ipercalorica), alimento base anche dei nomadi Penan. Si mangia con i bastoncini e s’intinge nella salsa di pesce. Il ristorante più indicato per provare la cucina locale, a base di curry e latte di cocco, è il noto Aminah Arif, 7 Jl. Gadong a un blocco dal Centrepoint Hotel (bus n. 1 dal centro), col menu ricco di illustrazioni fotografiche e prezzi da 8 a 15 euro.

La mensa dell’ostello Pusat Belia è indicata per la prima colazione, ma anche gli altri piatti sono discreti per poca spesa. Il valido The Grill Room con cucina europea, è un locale frequentato da bianchi per l’ottima carne e i piatti di mare. Nel medesimo edificio risiede pure il Diary Farm Creamery, una nota pasticceria-gelateria dove preparano anche frappè alla frutta. Eccellente e più “salato” l’Hoover Restaurant in Jalan Kianggeh, con menu cinese e occidentale. Gli ambienti asettici e climatizzati del Yayasan Complex (YSHHB), centro commerciale in Jl. Mumbang Pasang - a ovest del centro, al piano terra ospitano il polo gastronomico Padian Food Court e diversi altri luoghi di ristoro, tra cui il “nostro” Fratini’s (tel. 02-232892) al G24 Block C, ritrovo di connazionali che qui si radunano per pizza, pasta e cappuccino, mentre gran parte del seminterrato è occupato dal fornitissimo Hua Ho Supermarket, ideale per provviste e scorte in camera. Fratini, primo ristoratore italiano del sultanato - presente in Brunei dal 1996 - possiede un ristorante anche a Kota Kinabalu e Miri. Allo Yayasan ha pure una versione indiana con un discreto buffet (non trascendentale), ma la filiale col più ampio respiro è certamente il suo Pizza & Pasta aperto al secondo piano del Port View Building (Jl. McArthur), giusto oltre la strada del Yayasan dalla parte del porto; qui si può scegliere tra la sala interna, con aria condizionata, o il terrazzo panoramico che offre un’ampia veduta del Kampung Ayer e del vivace traffico di piccole lance e water-taxi che in perpetuo sfrecciano sulle acque del fiume, oltre a spettacolari tramonti. Il raffinato Szechuan Dynasty Restaurant del Centrepoint, dentro all’Abdu Razak Complex, è indicato per serate speciali all’insegna dell’alta gastronomia hokkien.

Un po’ di storia. Il protettorato britannico
La presenza europea nella regione si fece sentire all’inizio del XVII secolo, quando la Spagna, che aveva conquistato le Filippine, tentò due volte di attaccare il Brunei per impadronirsene. Da allora, il sultanato iniziò a perdere il controllo sull’impero, che fu tormentato da guerre, pirateria, conflitti rovinosi e insurrezioni. Nel 1839, James Brooke sedò la rivolta nel Sarawak, impresa che gli valse il titolo di rajah bianco, le cui gesta leggendarie stimolarono la fantasia di Salgari. Con l’acquisizione di ampi territori governati dal Brunei, la dinastia dei Brooke contribuirà a modificare l’aspetto geo-politico dell’isola in modo duraturo. Le navi da guerra di Sua Maestà puntarono i cannoni sul sultanato nel 1846, obbligandolo a cedergli l’isola di Labuan. Nel 1877 anche i distretti del nord furono ceduti alla British North Borneo Company, una società inglese che, come Brooke, conquistò molte colonie per la madre patria con le “pacifiche” vie del commercio. Nel 1888 il Brunei divenne un protettorato britannico e nel 1904, con la cessione obbligata di Limbang a Charles Brooke, fu separato in due parti e si ridusse a un piccolo territorio incuneato nel Sarawak.

Dalla scoperta del petrolio ai giorni nostri
Nel 1929, proprio quando il Brunei stava per essere definitivamente inglobato nell’impero britannico, fu scoperto il petrolio e conobbe nuovamente anni di continuo progresso e prosperità, fino all’alba del 31 dicembre 1941, quando la prima ondata di militari giapponesi sbarcò inaspettata a Kuala Belait e occupò il paese trasformando la bella baia protetta di Brunei in un’importante base navale. Dopo la seconda guerra mondiale la vita del piccolo stato ritornò progressivamente alla normalità e il sultano Sir Muda Omar Ali Saifuddien, ventottesimo sovrano del Brunei, utilizzò i proventi della vendita del petrolio per finanziare un piano di sviluppo quinquennale, tra il 1953 e il 1958, che l’avrebbe reso uno tra i paesi più ricchi del mondo, in rapporto alla popolazione.

Negli anni ’60, in seguito a un fallito colpo di stato, il Brunei dovette adottare severe leggi d’emergenza, di cui restano tuttora lievi tracce. L’assenza di strade asfaltate lungo i suoi confini testimonia invece il timore di un’invasione ereditato nel periodo della konfrontasi con l’Indonesia, che nel 1963 tentò l’annessione militare del Brunei; furono i servizi segreti inglesi e i soldati nepalesi Ghurka a salvare il Brunei dall’invasione (v. di seguito). Nello stesso anno, fu costituita la Confederazione della Malaysia, a cui il sultano non aderì e il paese rimase così un protettorato britannico. Singapore, col quale il Brunei ha molte affinità, entrambi piccoli e ricchi, fu l’altro paese a non entrare nella Confederazione e, ancora oggi, sussiste tra i due Stati un accordo di mutuo soccorso. Nel1967, a seguito dell’abdicazione del sultano, gli succedette il figlio ventenne Paduka Seri Baginda Sultan Hassanal Bolkiah. Egli ha ereditato uno dei sultanati più longevi della storia del pianeta, senza interruzioni dal XV secolo. L’attuale sultano è noto nel mondo per le sue ricchezze e soprattutto per l’amore nutrito nei confronti dei propri sudditi.

La nascita del mito Gurka
Un piccolo cimitero nei pressi di Long Bawang (nel Kalimantan, Indonesia), al confine con le Highlands di Bario, commemora i soldati indonesiani caduti nel Sarawak durante la konfrontasi, vittime del fuoco Ghurka, i nepalesi dell’esercito britannico. Nel gennaio 1963, per ostacolare l’imminente proclamazione del nuovo stato malaysiano che avrebbe compreso Malesia, Sarawak e Sabah, il presidente indonesiano Sukarno diede inizio alla konfrontasi per annettere l’intero Borneo. In questo contesto storico, nel settembre del ‘65 si sviluppò l’episodio che rese gli intrepidi Ghurka celebri in tutto il mondo. I servizi segreti inglesi vennero a conoscenza, nei dettagli, del piano d’invasione rapida del Brunei da parte dell’esercito indonesiano proveniente dal Kalimantan attraverso la foresta. Centinaia di Ghurka si appostarono sugli alberi nella giungla tre giorni prima del previsto passaggio dell’esercito nemico, per permettere agli animali di abituarsi alla loro presenza; immobili, comunicando tra loro solo con spaghi. Quando i soldati delle truppe speciali indonesiane giunsero sul posto, rassicurati dal cinguettio degli uccelli, dalla mancanza di fumi o odori estranei, caddero nell’imboscata (fulminati in gran parte da un proiettile in fronte). Ai superstiti e feriti squarciarono con altrettanta rapidità la gola. I Ghurka, si dice, tornarono tutti incolumi lasciando una distesa di cadaveri nella foresta, molti dei quali sotterrati nel camposanto di Long Bawang. Ancora oggi i Fucilieri Reali Ghurka, considerati tra i migliori e più stimati soldati dell’esercito britannico, vengono reclutati nel Nepal, nazione indipendente dal Regno Unito (non aderente al Commonwealth).