Le tragedie accadono e quasi inavvertitamente inizia un dibattito politico e sociale col senno del poi. In Italia, quando ci si ritrova a fare i conti con un disastro annunciato, si alza un vociare, che serve soltanto a infoltire i titoli di coda di una perenne campagna elettorale.

La frana di Ischia dello scorso novembre, il crollo del ponte Morandi, la funivia del Mottarone, i terremoti, le alluvioni hanno un comune denominatore: il malaffare, la corruzione, il dio denaro. E come se non bastasse, la disinformazione e l’oscuramento della verità non mancano l’appuntamento per confondere le menti.

L’isola campana è meta di milioni di turisti da ogni dove, compreso il turismo di prossimità, in fondo Napoli è a pochi minuti di traghetto. Ad Ischia, le case pericolanti e quelle distrutte dal terremoto del 2017 non fanno più notizia, anche se il problema esiste ancora.

L’isola nell’isola

Casamicciola per anni è stata la perla di Ischia, poi le cose sono cambiate. Durante la seconda guerra mondiale, sull’isola arrivava solo un’eco lontana del conflitto. Sul monte Epomeo era posizionata una mitragliatrice mai utilizzata per bombardare. Basti pensare che in tutti gli anni della guerra, su Ischia sono state sganciate solo due bombe, e probabilmente solo per alleggerire il carico di qualche aereo militare di passaggio.

Ischia, la meta preferita dai pittori dell’Ottocento

Gli artisti che vissero a cavallo fra Ottocento e Novecento girovagavano nella natura, sulle spiagge, alla ricerca di angoli di bellezza; è così che nasce il naturalismo della Scuola di Posillipo. Cos’era la scuola di Posillipo? «Un gruppo di pittori che dipingeva le bellezze del paesaggio campano, spiagge incantate e ruderi carichi di suggestione, isole di leggenda e Vesuvio fiammeggiante, ma anche case e strade, e mare e campagne e scene di vita popolare, lo coniarono i pittori della corrente accademica, i pittori cesarei, favoriti della corte borbonica, intenti a produrre i loro smisurati quadroni di storia e mitologia, con sereno disinteresse per le ragioni della pittura o della sensibilità», sono le parole di Raffaello Causa, Soprintendente, organizzatore di mostre, studioso e ambasciatore della cultura napoletana.

Sono i primi decenni dell’Ottocento quando a Napoli alcuni pittori stranieri inventano un nuovo modello di pittura, che subito entusiasma gli artisti locali più aperti alle novità provenienti da tutto il mondo. In realtà, Napoli aveva già nel suo DNA una grande tradizione di realismo e naturalismo.

La città partenopea ha ispirato artisti come Turner, Constable, Bonington e molti esponenti del paesaggismo inglese e francese. In questo contesto e su un terreno tanto fertile nasce la gloriosa Scuola di Posillipo. Gli artisti, muniti di colori, pennelli e tele partivano da lontano, per arrivare a Ischia, musa ispiratrice. E così quei pittori, dipinsero Ischia negli scorci, nei panorami, nei fiori, nel verde e nella natura, per restituire al mondo una cartolina di eterna bellezza.

L’artista della materia

Ancora oggi, l’arte e il desiderio del bello vive sull’isola d’Ischia (anche se non più con quella forza e intensità di un tempo) attraverso le mostre e i pochi artisti del luogo, come Nunzia Zambardi definita l’artista della materia. I suoi quadri rappresentano un viaggio nella trasformazione e attraverso noi stessi; la materia di cui siamo fatti, la materia delle cose e la rinascita, questi gli elementi della sua arte. Tutto si confonde e si fonde, tutto muore e si ricrea, prendendo forme nuove.

La Zambardi inizia a sperimentare e dipinge sulla stoffa creata dagli ergastolani chiusi nel carcere di Procida. Nascono capi pregiati venduti nelle migliori boutique dell’isola. L’artista passa al mare e a ciò che restituisce: sassi, pezzi di reti da pesca, scheletri di pesci e ancora riesce a creare. Per la sua arte non servono solo il pennello e i colori, ma il rastrello, il manico di una scopa e le mani nude.

Arriva la materia nelle sue opere: calce, cemento, asfalto, gesso, legno, cenere. In un’intervista, la pittrice dirà che l’asfalto tende a emergere, perché prepotente, mentre la cenere è dolce; inizia a chiamare per nome gli elementi della natura, a renderli umani, a stabilire con loro un dialogo. Un quadro non è solo colore, Ischia non è solo un quadro. La cenere è dolcissima, riesce a dare le giuste sfumature, è capace di trasformare un colore assoluto in qualcos’altro. La cenere ha anche un significato simbolico, noi stessi siamo cenere, come la materia che si distrugge e si trasforma, come le case devastate dalla frana del monte Epomeo in un terribile giorno di novembre.

Come l’informazione ha dipinto Ischia

Ischia passato, Ischia presente. Si è parlato tanto delle cause della frana che ha colpito Casamicciola, e molto si è detto sull’abusivismo. La frana, però, ha colpito anche case costruite regolarmente in un’area dichiarata a basso rischio idrogeologico.

La trasmissione Rai Report ha verificato l’esistenza di mappe per il piano di assetto idrogeologico non aggiornate e poco attendibili, perché definiscono livelli di rischio che non corrispondono alla realtà. Queste mappe sono state aggiornate nel 2010 e nel 2015. La trasmissione della Rai ha scoperto dalla visione dei documenti, che il piano aggiornato è una fotocopia di quello precedente, senza alcuna modifica effettuata.

Qual è il "quadro" di Ischia e di tutta Italia?

I piani nazionali (e non solo quello di Ischia) non sarebbero stati aggiornati con l’utilizzo delle nuove tecnologie disponibili per un’accurata valutazione dei rischi. Il Distretto meridionale, si occupa di una zona che va dal basso Lazio alla punta della Calabria e ha a disposizione soltanto 70 geologi per un territorio di 68 mila chilometri quadrati. Un geologo ogni mille chilometri quadrati.

Una delle verità di cui si parla poco è il rischio alto dei nostri territori, si fa poco per prevenire e mettere in sicurezza le abitazioni, soprattutto in vista dei cambiamenti climatici che continuano a imperversare prepotentemente sulle nostre vite mettendo a rischio le nostre case. Siamo, però in Italia, e qui si preferisce sempre aspettare la prossima tragedia, ma solo per avviare un dibattito diretto a demonizzare una parte politica o a individuare un capro espiatorio.

Dopo le tragedie non si crea e non si dipinge alcunché, solo parole a fiotti invadono tutto, distruggendo quel che resta fra le macerie. Perfino la materia sembra restare inerme, in attesa di una speranza. La disinformazione distrugge, nasconde la verità, e spesso abbandona un territorio a un destino crudele. Le responsabilità sono sapientemente nascoste, si parla d’altro, si mistifica. La verità è che tutto potrebbe trasformarsi, come dimostra l’arte, che perfino dalla cenere riesce a creare.