La Campania brucia, i fumi si alzano alti in cielo. E, spesso, purtroppo, non è per il caldo. Quella che a livello internazionale da centinaia di anni è conosciuta come “Campania Felix”, da tempo ormai è al centro delle cronache per gli interramenti di rifiuti che hanno contaminato quelle stesse terre che erano indiscutibilmente terre di purezza. La Campania da anni combatte contro chi vuole trasformarla solo nella “Terra dei Fuochi”. 1076 km quadrati di estensione, 57 Comuni coinvolti tra Napoli e Caserta, oltre 2 milioni e mezzo di abitanti che vivono nelle vicinanze di queste fonti di inquinamento.

La prima volta che questa definizione fu avvicinata a quella che è una delle regioni più popolose d’Italia e d’Europa risale al 2003 quando, in seguito al rapporto Ecomafie, fu Legambiente a parlarne. In seguito, nei primi anni Duemila, il fenomeno venne conosciuto a livello mondiale grazie al libro inchiesta Gomorra dello scrittore Roberto Saviano, opera che gli costerà poi anni e anni di vita sotto scorta e di minacce di morte dai clan di camorra.

Comprendere la galassia criminale legata ai reati ambientali in Campania è compito assai difficile. Non si tratta solo di interramenti di rifiuti, i crimini contro l’ambiente abbracciano tutta una serie di azioni delittuose difficili da reprimere: roghi di sterpaglie, incendi di scarti industriali, abbandono di pneumatici e auto cannibalizzate, smaltimento illegale di carcasse di animali. Uno dei casi più eclatanti si è verificato nel 2015 nel territorio di Calvi Risorta, in questo piccolo paesino del Casertano le forze dell’ordine, infatti, scoprirono la più grande discarica interrata d’Europa.

Per ogni guerra però c’è anche un esercito. E quello della Campania, negli anni, si è dimostrato molto combattivo. Oltre alle istituzioni, infatti, in strada sono scesi cittadini, volontari, associazioni e tanti altri. È del 2013 la grande marcia di 60mila abitanti contro i criminali ambientali nel territorio della Terra dei Fuochi. Alla guida, tra i tanti, c’era don Maurizio Patriciello, divenuto negli anni una delle figure di spicco della lotta. Ora è parroco del Parco Verde di Caivano, una delle zone più a rischio del Napoletano, ed anche lui ha avuto bisogno della scorta. E poi c’era don Aniello Manganiello, c’erano i giovani, c’erano i giornalisti, gli attivisti. Ogni guerra ha il suo esercito ma anche i suoi martiri. Come Roberto Mancini, omonimo del noto allenatore di calcio ma legato alle cronache per tematiche ben più nefaste. Mancini era infatti un agente della Criminalpol e fu tra i primi ad interessarsi della Terra dei Fuochi. A partire dal 1994, con la sua squadra, lavorò senza sosta e nel 1996 fornì un’informativa fondamentale alla DDA di Napoli per iniziare l’analisi di questo fenomeno. Gli inquirenti, poi, trovarono un alleato inatteso: il boss dei Casalesi, Carmine Schiavone, che cominciò a raccontare anni e anni di interramenti e di come la camorra volesse far diventare la Campania una grande discarica a cielo aperto per guadagnare sugli interramenti illegali e a basso costo dei rifiuti, soprattutto quelli aziendali provenienti dal Nord Italia e dall’Europa. Oggi entrambi sono morti, Mancini per un linfoma di non-Hodgkin e Schiavone per un infarto.

Ma non bisogna dimenticare Michele Liguori, un altro martire di questa guerra. Agente della Polizia Municipale di Acerra, per anni ha condotto indagini anche in autonomia, in un territorio che era ormai segnato dagli sversamenti. Personalmente, recintava i terreni inquinati e faceva i rilievi con una palettina. Per il suo lavoro ha ricevuto minacce e per questo suo impegno è morto, colpito da due tumori. Oggi la caserma della Polizia Locale di Nola è intitolata a lui.

E poi ci sono gli studi. Tantissimi. Italiani e non. Uno dei più importanti fu quello condotto dal dottor Alfredo Mazza agli inizi del millennio. Da Nola, da giovane ricercatore dell’epoca, raccolse dati e fece analisi e cominciò a gettare le basi per quello che venne poi identificato come il fenomeno del “Triangolo della Morte”, ovvero una parte della Terra dei Fuochi compresa tra Nola, Acerra e Marigliano particolarmente inquinata e rischiosa per la salute dei cittadini.

Negli anni sono stati coinvolti numerosi enti, tra cui il Pascale di Napoli, l’Istituto Zooprofilattico di Portici, l’Istituto Superiore di Sanità italiano, la facoltà di Philadelphia, la Federico II, il CNR, l’Università degli Studi di Milano e tanti altri. Identificare un nesso tra l’aumento di malattie e tumori e l’inquinamento è sempre difficile, bisogna ogni volta inserire nell’analisi anche altri fattori contingenti come il fumo o l’alimentazione, ma i dati sono sempre apparsi molto anomali. Nel 2012, ad esempio, sul Registro tumori infantili della Campania fu evidenziato un aumento statisticamente significativo del numero di casi di neoplasie tiroidee.

La svolta, infine, si ebbe nel 2021 quando il Tribunale di Napoli Nord affermò senza esitazione che c’era un nesso tra la camorra e le discariche abusive.

L’inquinamento, negli anni, è entrato nella catena alimentare, nell’aria, nelle terre.

Oggi, dopo quasi 30 anni, la Campania spinge per tornare quella terra che non deve essere conosciuta sui giornali solo come una grande discarica a cielo aperto. Le bellezze uniche di questa regione stanno tornando da anni ad avere lo spazio che meritano. La lotta, però, non si ferma. Le istituzioni hanno imparato alcune lezioni e sono passate da tempo alla controffensiva.

È il caso della Polizia Locale di Marigliano, guidata in questi anni dal comandante Emiliano Nacar, che con l’ausilio dell’Esercito e delle strumentazioni hightech dell’Agenzia di Sviluppo dell’Area Nolana, ha aumentato i controlli in strada e nei campi arrivando a scoprire con più velocità gli sversamenti e a prevenire gran parte dei roghi tossici sul territorio.

Un altro passo significativo è stato fatto il 27 gennaio 2021 quando, proprio all’interno della parrocchia di don Maurizio Patriciello, è stato firmato il Contratto Istituzionale di Sviluppo Dalla Terra dei Fuochi al Giardino d’Europa. Si tratta di un finanziamento di quasi 200 milioni per progetti di Comuni ed enti dell’area, di cui una parte consistente sarà riservata alla trasformazione dei Regi Lagni, un antico e vasto sistema di drenaggio e sempre preda di sversamenti, nel “Giardino d’Europa”.

L’emergenza della Terra dei Fuochi è stata considerata come la più grave dopo il Covid per Napoli e Caserta. Oggi questa terra combatte e chiede a gran voce sicurezza e giustizia. Oggi questa terra vuole ritornare “Felix”.