Manifesto dell’identità storica della città di Benevento, il Museo del Sannio si trova sull’antica via Magistrale e si accede ad esso attraversando piazza Matteotti.

Il primo nucleo di beni, che formeranno il Museo, si deve al redendorista padre Catone dell’antico Collegio Gesuitico.1 Ci troviamo negli anni che precedono la Rivoluzione francese, periodo in cui si affermano i diritti dell’uomo e che consentono di rivendicare l’accesso alle opere d’arte. Napoleone Bonaparte farà sentire, a Benevento, gli effetti della sua autoritaria politica. L’imperatore dei Francesi pone sul trono di Napoli, suo fratello Giuseppe, ed è fortemente irritato dall’atteggiamento di Papa Pio VII che non intende riconoscere il nuovo re. Il 5 giugno 1806 Napoleone, annette il Ducato Pontificio di Benevento alla Repubblica Francese, assegnandolo a Carlo Maurizio Talleyrand-Perigord.

L’occupazione francese durerà sette anni e sei mesi, dopo i quali Benevento viene restituita alla S. Sede, a conclusione di quanto concordato dalle maggiori potenze europee nel Congresso di Vienna. Durante la dominazione francese, la raccolta fatta da padre di Catone viene riunita ad altre provenienti dalla soppressione degli istituti e con il numero notevole di opere e reperti archeologici nasce l’idea di istituire un museo. La fine della dominazione francese decreta la rinuncia all’idea di museo beneventano. Il nucleo d’opere rimaste, conservate nel cortile del Collegio Gesuitico, con la Restaurazione del 1816 torna ai Gesuiti.2

Tappa importante per il museo è la Spedizione dei Mille (5 maggio 1860) che crea fermento in città, provocando la nascita di nuovi intellettuali provenienti dalla scuola o dal mondo delle professioni. Lo stesso anno viene chiesta la costituzione di un liceo ginnasio statale, e a dirigere la nuova istituzione viene chiamato il piemontese Romualdo Bobba.3 Altro personaggio illustre del periodo è Corazzini che nel 1864 fonda con Enrico Isernia “la Gazzetta di Benevento”4, e nel 1867 fonda l’Accademia Beneventana di Scienze, Lettere ed Arti.5 È l’ultima associazione beneventana ad assumere il titolo di Accademia, creata con il sostegno del Comune di Benevento e del Liceo Giannone.6 L’accademia diventa custode degli studi beneventani e dell’arte da conservare e studiare, si fa sostenitrice dello scavo della necropoli romana ritrovata con i lavori per la nuova strada che porta al Cimitero.

In quegli anni alcuni reperti ritrovati in città vengono venduti e quindi persi per la ricostruzione della storia beneventana. Uno tra questi è il ritratto bronzeo di un personaggio romano del III secolo d.C., passato poi al Louvre, chiamato il Vincitore di Benevento.7 Con l’inizio di nuovi scavi, per la scoperta di una nuova necropoli, la città diventa teatro di nuove scoperte ed il Corazzini ottiene di depositare i reperti ritrovati nel cortile del Liceo Giannone.8 Con l’allontanamento da Benevento del presidente dell’Accademia, quest’ultima perde la sede e la documentazione dell’attività svolta e consegue lo scioglimento che causa la dispersione di tutto ciò che fino ad allora è stato custodito e recuperato.

Nel 1873 il prefetto Cordera, con l’inaugurazione del nuovo consiglio provinciale, dichiara che la città è ricca di memorie e che dimostra con esse la sua antica origine. La dichiarazione è uno stimolo verso il museo, perché solo pochi giorni dopo la nuova deputazione provinciale decreta l’istituzione del Museo. L’idea però impiega molti anni prima di trasformarsi in realtà.

Passo fondamentale per la realizzazione dell’idea-museo è l’acquisizione da parte della provincia della Rocca nel 1873, in questo periodo nessuno si pensa ad essa come sede del nuovo museo, per il quale però c’è bisogno di una sede e di un “direttore”.

L’ingresso in scena degli intellettuali, Mommsen e Garucci, dà un nuovo impulso per la fondazione del museo beneventano. I due intellettuali sono in completo disaccordo sulla “paternità” del museo: deve appartenere alla provincia, come sostiene il Mommsen, o al comune come sostenitore del Garucci?

La contesa della paternità non dà esiti concreti e due anni dopo il Corazzini, studioso Beneventano, si impegna nuovamente alla fondazione dell’istituto riportando l’iniziativa al comune. Riesce ad istituire un comitato che, con una sola seduta, dichiara nato il “Museo d’Antichità e la Biblioteca Beneventana”. L’iniziativa è sotto l’esclusivo controllo del Municipio beneventano, che nel 1876 chiede un contributo finanziario alla provincia avendola in precedenza esclusa dalla partecipazione alla fondazione. La provincia risponde negativamente, trasformando questo tentativo in un nuovo fallimento.9

L’obiettivo non è solo quello di un museo ma anche di una biblioteca di storia locale con “scrittori di cose Patrie”.10 Questo obiettivo, secondo il Corazzini è a pari livello con l’istituzione del museo, per questo motivo si attiva per avere consensi nelle personalità illustri del tempo.

L’idea di fondare il Museo viene ancora una volta abbandonata. La numerosa presenza di materiale archeologico, fa presumere che il museo non è costituito da arte che necessita di studio storico estetico, ma con lo scopo di conservazione come, ad esempio, le epigrafi importante per la storia beneventana.11

Il modello al quale si fa riferimento in quegli anni è il Museo Provinciale Campano di Capua, fondato dal canonico Gabriele Iannelli nel 1870. Il Museo Campano nasce dall'esigenza, di conservare monumenti ed oggetti dell'antichità appartenenti alla Terra di Lavoro. La sua fondazione è decretata nel 1869. La sede prescelta per accogliere le memorie della Provincia è la città di Capua. Il Museo viene aperto al pubblico nel 1874.

Nel 1882 anche Campobasso ha un museo con annessa biblioteca, è il risultato di una serie di donazioni con oggetti appartenenti a varie epoche, solo in alcuni casi di provenienza nota. L’istituzione di questi nuovi musei risveglia l’attenzione sulla nascita di un Museo cittadino, e se si considera che in quegli anni si svolgono i lavori sul Corso Garibaldi, originaria Via Magistrale e cuore della città antica.

L’istituzione viene considerata un modo per mostrare i numerosi ritrovamenti; lapidi e bassorilievi, come quelli utilizzati nelle murature medievali della città.

Il primo passo è quello di unire la collezione provvisoriamente conservata nel cortile del convento di Santa Maria delle Grazie,12 opera del Marchese Giulio Carife, con la collezione che giace nel cortile del liceo Giannone.

Spinta straordinaria viene data dal saggio scritto da Almerico Meomartini, in cui spiega il restauro dell’Arco di Traiano, e celebra il valore storico ed artistico del patrimonio beneventano. Fu proprio Meomartini a proporre la Rocca dei Rettori, oggetto di un suo restauro, come sede per il Museo del Sannio.13

Il 4 luglio 1893 la Provincia emette una nuova delibera, in cui la Rocca viene destinata al Museo del Sannio. Sono passati 20 anni dalla prima delibera per l’istituzione del Museo, nel 1984 inizia a funzionare. Meomartini depone al suo interno le collezioni civiche, il materiale che via via raccoglie in tutta la provincia, e quello proveniente dalle campagne di scavi. Una tra queste è quella in cui è stato rinvenuto il corredo del Tempio di Iside ed altri importanti “pezzi” classici.

La vita culturale che ruota attorno al museo è interrotta dagli eventi bellici, che distruggono più della metà degli edifici cittadini, ma nonostante il crollo della parte occidentale dell’edificio in cui è sistemata l’esposizione, non vi sono danni irreparabili, e le collezioni vengono messe in salvo. Il Museo rimane per lungo tempo in secondo piano.

Nonostante tutto il museo-deposito si arricchisce di diversi reperti, venuti fuori dalla rimozione delle macerie o occasionalmente da altri centri della provincia. Con tutti questi nuovi arrivi i locali non sono più in grado di contenere la nuova collezione d’Arte Medievale e Moderna, la Pinacoteca e il Gabinetto di Disegni e Stampe.14

Nel dopoguerra, il museo si presenta come una raccolta di materiale senza fondamento museografico a causa della mancanza di fondi fondamentali per sostenere le spese di un adeguato allestimento. Una piccola svolta si ha con il succedersi della direzione di Meomartini ad Antonio Mellusi e da lui al giovane Alfredo Zazo. Quest’ultimo direttore crea la Biblioteca Provinciale dando maggiore respiro alle opere presenti nel museo, forma la Sezione Storica, ottenendo in permanente deposito l’Archivio del Comune e quelli degli antichi monasteri soppressi di Benevento.15 Tutto questo affaccendarsi non trasforma, contrariamente a quanto sperato, il Museo in organo con una fisionomia concreta.

Zazo si prodiga ad accrescere le collezioni, e riesce a proteggere il patrimonio presente nel Museo dalla Seconda guerra mondiale, il suo nome è legato a quello del museo per oltre trent’anni, dopo i quali la provincia decide di assumere un nuovo direttore.

La carica di direttore è un’onorificenza concessa dalla Provincia, ma il nuovo responsabile Mario Rotili vuole conseguire l’incarico solo se ufficializzato da un concorso. Il concorso viene eseguito e Rotili ne esce vincitore.16

Con il nuovo ordinamento dato da Mario Rotili, il Museo è classificato “museo grande” ai sensi della legge 1080 del 22 settembre 1960, dando modo di riorganizzare il museo.

La Soprintendenza alle Antichità della Campania con l’Ente Provinciale per il Turismo ottiene fondi dalla Cassa per il Mezzogiorno, per il finanziamento della sistemazione delle raccolte archeologiche. Inizia il restauro della Chiesa di Santa Sofia e per l’ampliamento del museo viene proposta l’aggiungendo della chiesa e del mastio della Rocca dei Rettori. Questo concentramento di forze, realizza il nuovo Museo del Sannio a cui si affiancano la Biblioteca provinciale e l’Archivio di Stato.

Mario Rotili scrive due libri, nei quali dà chiara indicazione della disposizione delle opere, e «nel 1963 il museo era articolato in quattro sezioni:

  • Sezione Archeologica
  • Medaglierie
  • Sezione Arte medievale e moderna con la Pinacoteca e il Gabinetto dei Disegni e Stampe
  • Sezione Storica.

Le prime tre sezioni nell’edificio sono sistemate nell’edificio di Santa Sofia, l’accesso è rimasto invariato si trova nel giardino che fiancheggia la chiesa, erano presenti due ingressi, uno per il Museo e l’altro per la Biblioteca e l’Archivio. Le collezioni erano presentate secondo un circuito completo, con bacheche e vetrine di acero bianco e vetro temperato, … avevano una linea semplice su basamenti di marmo, di cotto o di ferro.»17

Nel 1973 diventa direttore del Museo Elio Galasso, ne ha la direzione per 31 anni, nei quali guida il museo con decisione e con il desiderio di valorizzare e proteggere ciò che vi è all’interno, dando stabilità e continuità all’istituzione. Il direttore si prodiga a riordinare museograficamente l’edificio che in precedenza era un semplice contenitore di documenti storici.

Il desiderio di rinnovamento porta all’ampliamento del museo con una nuova ala disegnata da Ezio De Felice, architetto e museologo napoletano, chiamato dal presidente Luigi Tedeschi.18 L’ampliamento prevede 4 livelli dei quali:

  • seminterrato con deposito di 340mq, locale macchine di 103mq, ed area esterna di 114mq;
  • al piano terra viene concentrata la zona espositiva di 1447mq compreso il chiostro;
  • al primo piano locali per uffici di 18mq, area esterna a nord di 74mq;
  • al quarto livello, sono previste: biblioteca, sala studio, ambulacro e terrazzo.19

Il ciclo di lavori, oltre la nuova ala del museo, comprendeva anche il restauro degli ambienti quattrocenteschi del Palazzo dei Governatori pontifici e il restauro della Rocca. Questi d’interventi non bastano a rendere fruibile il Museo e gli spazi ad esso annessi, è la Provincia a provvedere con propri fondi alla rinascita del giardino del Palazzo dei Governatori mentre, la Rocca ha ancora bisogno di un adeguato impianto elettrico e una pitturazione interna per la quale deve provvede il settore tecnico dell’ente.

A lavori ultimati i problemi non finiscono, dopo il recupero di spazio espositivo per il materiale esistente, sono le teche, i supporti e le pedane che mancano e non permettono l’apertura.20 I problemi vengono superati con il passare del tempo e l’arrivo di nuovi fondi.

Nel 2004 Galasso giunge alla pensione e gli succede, Luisa Bocciero Petrillo, che porta la gestione del museo su temi di tutela, sviluppo e promozione del patrimonio culturale del territorio. Intende affrontare una riflessione museologica in funzione dello sviluppo integrato, che si prefissa di attuare sul territorio stesso. Individua, come unico modo per la crescita del Museo, il colloquio tra le diverse professioni che interessano la museografia. La crescita dovrà toccare diversi ambiti:

  • gestione;
  • promozione;
  • sostenibilità economica;
  • tutela;
  • coerenza scientifica ed espositiva;
  • comunicazione orizzontale e verticale;
  • integrazione territoriale;
  • e le categorie disagiate.

Il tema trattato è complesso, così come lo è l’approccio che si fa verso un museo con così tanta ricchezza materiale e non materiale. L’idea è quella di dare una guida moderna al Museo, con una «indipendenza economica, arricchimento culturale tramite competenze specifiche. Il Museo deve esser guidato da un museologo a cui spetta la determinazione della futura crescita di questo».21 Si parte dal considerare la museologia come disciplina scientifica e al tempo stesso con professioni museali e un quadro di ricerca all’interno del museo.

Oggi il museo è stato diviso in quattro sezioni, ognuna dislocata in una diversa struttura: Museo del Sannio e Palazzo Casiello; Chiostro di Santa Sofia; Collezione di Iside ad Arcos; Museo dell’Arco di Traiano a Sant’Ilario a Port’Aurea.

L’idea della modernità che si vuole attuare, si esplicita nell’intenzione di diffondere la cultura presente nel museo attraverso il Web. La diffusione on-line del patrimonio culturale serve per dare accesso ad un maggior numero d’utenze.

L’idea è quella di far conoscere il museo da coloro a cui esso è rivolto e si può fare attraverso mostre e manifestazione. Il museo esiste per i cittadini, e sono loro che devono chiederne l’esistenza e il completamento, non devono ignorarne lo scopo per il quale è nato. Attirare turisti e curiosi potrebbe essere un modo per far crescere sempre più l’importanza che la città. La città di Benevento possiede molte testimonianze storiche e se venissero portate alla luce e ben valorizzata potrebbe diventare fonte di ricchezza. I recenti ritrovamenti confermano l’importanza che la città ha sempre avuto nella storia del nostro paese.

Note

1 M. Rotili, Il Museo del Sannio nell’Abbazia di Santa Sofia e nella Rocca dei Rettori di Benevento, Roma, 1967.
2 F. Morante, Paternità incerta per il Museo del Sannio, in Provincia Sannita, Anno 1998, numero 2.
3 F. Morante, Romualdo Bobba, primo presidente del Liceo Classico Giannone, in BenEventi, Anno 2002, numero 4.
4 A. Zazo, Dizionario bio-bibliografico del Sannio, Napoli, 1973.
5 Statuto dell’Accademia beneventana in Scienze Lettere ed Arti, Benevento, 1867.
6 F. Corazzini, Annali del Museo d’Antichità e della Biblioteca beneventana, Benevento, 1967.
7 M. Rotili, Il Museo del Sannio, Benevento, 1963.
8 F. Morante, Paternità incerta per il Museo del Sannio, in Provincia Sannita, Anno 1998, numero 2.
9 Gazzetta di Benevento, Anno 1876, numero 26.
10 Gazzetta di Benevento, Anno 1875, numero 4.
11 F. Morante, Paternità incerta per il Museo del Sannio, in Provincia Sannita, Anno 1998, numero 2.
12 Gazzetta di Benevento, Anno 1888, numero 9.
13 F. Morante, Paternità incerta per il Museo del Sannio, in Provincia Sannita, Anno 1998, numero 2.
14 M. Rotili, Il Museo del Sannio, Benevento, 1963.
15 E. Galasso, Il Museo del Sannio a Benevento, Napoli 1991.
16 F. Morante, Paternità incerta per il Museo del Sannio, in Provincia Sannita, Anno 1998, numero 2.
17 M. Rotili, Il Museo del Sannio, Benevento, 1963.
18 L’Anima del Museo, in Provincia Sannita, Anno 2005 numero 2.
19 Il Museo pezzo per pezzo, in Provincia Sannita, Anno 1996, numero 2.
20 Il Museo pezzo per pezzo, in Provincia Sannita, Anno 1996, numero 2.
21 L. Bocciero Petrillo, Sviluppi e identità culturali proposta per un dibattito museologico, in Rivista Storica del Sannio, Anno 2005, numero 3.